Clima Globale
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Re: Clima Globale
No, questa è pazzia! Ma non è stato postato poco tempo fa un articolo in cui si parlava dello scioglimento dei ghiacci al polo nord e dell'apertura di vie prima non navigabili perchè c'erano i ghiacci? (Alaudae aiutami nel spostare il post qua o viceversa).
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Re: Clima Globale
Arconte Segugio ha scritto:No, questa è pazzia! Ma non è stato postato poco tempo fa un articolo in cui si parlava dello scioglimento dei ghiacci al polo nord e dell'apertura di vie prima non navigabili perchè c'erano i ghiacci? (Alaudae aiutami nel spostare il post qua o viceversa).
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fatto, ho riunito "clima globale" con "scioglimento dei ghiacci", mi pareva doveroso, l'articolo che cerchi è a pag.8
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Re: Clima Globale
Grazie Ala.
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Meduse in aumento nei grandi ecosistemi marini: incremento anche nel Mediterraneo
Uno studio realizzato da ricercatori della University of British Columbia (Canada) e della University of East Anglia (Gran Bretagna), pubblicato dalla rivista Hydrobiologia, ha esaminato numerose specie di meduse in 45 dei 66 grandi ecosistemi marini, trovando un aumento del 62% nelle regioni analizzate, tra cui Asia orientale, Mar Nero, Mediterraneo, Nord-Est degli Stati Uniti, arcipelago delle Hawaii, e Antartide, mentre in soli 3 (7%) tra quelli oggetto di indagine si mostra una tendenza al decremento e nei restanti 14 prevale una condizione di stabilità. “Ci sono state prove aneddotiche che le meduse sono in aumento negli ultimi decenni, ma non c’è stato uno studio globale che ha riunito insieme tutti i dati esistenti fino ad ora“, dice Lucas Brotz, dottorando con la Sea Around Us Project UBC e autore principale dello studio. “Il nostro studio conferma queste osservazioni dopo l’analisi delle informazioni disponibili dal 1950 ad oggi per più di 138 differenti popolazioni di meduse in tutto il mondo“. Le meduse interferiscono direttamente con molte attività umane – dal bruciore lamentato dai bagnanti in seguito alle punture, all’intasamento di centrali elettriche, sino alla pesca, nella quale hanno molta influenza. In alcune aree del mondo alcune specie di meduse sono ormai una fonte di cibo. “Combinando i dati scientifici pubblicati con altri dati inediti e osservazioni, potremmo completare questo studio a livello globale – e offrire la migliore stima disponibile scientifica di un fenomeno che è stato ampiamente discusso“, dice Daniel Pauly, ricercatore principale della Sea Around Us e co-autore dello studio. “Possiamo anche notare che i luoghi in cui vediamo la proliferazione delle meduse sono spesso aree fortemente colpite dagli esseri umani e dalle loro attività antropiche, attraverso l’inquinamento, la pesca eccessiva e il riscaldamento delle acque.” Arrivare ad identificare e dimostrare in modo più rigoroso il trend delle popolazioni di questi animali, sottolineano gli scienziati anglo-canadesi, non è stata operazione facile per mancanza di serie storiche, metodologie di analisi insufficienti e per aspetti connessi al ciclo di vita caratterizzato da estrema variabilità. I risultati finali, che stabiliscono una valida base per futuri approfondimenti, sono stati ottenuti avvalendosi delle precedenti pubblicazioni scientifiche unite ad altre osservazioni e fonti inedite. Lo studio, secondo l’autore, fornisce una base concreta per studi futuri.
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Un’invasione di meduse?
Irritano la pelle dei bagnanti, intasano le centrali elettriche e creano non pochi problemi ai pescatori. E le noie sarebbero lungi dallo scomparire. Infatti, secondo uno studio dei ricercatori della University of British Columbia (UBC, Canada) pubblicato su Hydrobiology, le popolazioni di meduse sarebbero globalmente in aumento, soprattutto nelle zone soggette ad alto impatto antropico. In altre parole, aree dove la pesca eccessiva, il riscaldamento delle acque e l’inquinamento creano l’ambiente ideale per la riproduzione e la diffusione di questi animali.
“Negli ultimi anni si era parlato di un aumento delle meduse, ma a livello di aneddoti, senza uno studio globale che mettesse insieme tutti i dati esistenti fino a ora”, ha spiegato Lucas Brotz della UBC, a capo della ricerca: “Il nostro studio conferma queste osservazioni, con l'analisi delle informazioni disponibili dal 1950 a oggi su più di 138 diverse popolazioni di meduse nel mondo”.
Nella ricerca - basata su osservazioni pubblicate dai media, interviste, dati presentati su riviste scientifiche e non, di 45 dei 66 grandi ecosistemi marini globali - gli scienziati hanno rilevato un aumento delle popolazioni di meduse nel 62% delle regioni (un dato ricavato attraverso un sistema di fuzzy logic che, basandosi sull’attendibilità e sull'abbondanza delle informazioni, estrapola dei trend).
Tra le zone più interessate (quelle rosse e, in misura meno certa, quelle arancioni evidenziate sulla mappa) ci sono le coste orientali dell’Asia, il Mar Nero, il Mediterraneo, il Nordest degli Stati Uniti, l’Antardite, le Hawaii e le coste sudoccidentali dell’Africa. Le aree verdi invece sono quelle in cui la situazione è per lo più stabile, blu quelle in cui il numero sembrerebbe diminuire e grigie quelle per le quali non ci sono dati. Come spiegano gli scienziati, tra le aree maggiormente interessate dall’aumento delle meduse vi sono quelle generalmente più colpite da inquinamento, pesca eccessiva e riscaldamento delle acque.
Quello dell’aumento o meno, a livello globale, dei gelatinosi animali rimane comunque un argomento controverso. Un articolo apparso su Nature lo scorso febbraio, infatti, sottolineava come studiare le popolazioni delle meduse, e quindi capire se effettivamente siamo di fronte a un’invasione, fosse piuttosto complicato.
I problemi sarebbero sostanzialmente due: i dati esistenti sono pochi, si tratta di animali difficili da osservare e i loro complessi cicli vitali rendono ancora più complicato monitorare le popolazioni. Tanto che uno studio condotto da Robert H.Condon del Dauphin Island Sea Lab in Alabama (Usa), pubblicato su Bioscience, sostiene che non ci sia una base scientifica rigorosa a supporto della percezione diffusa dell’aumento di meduse. Forse l’analisi approfondita in corso dei dati raccolti dalla Jellyfish Database Initiative (JEDI), nata nel 2010 con lo scopo di monitorare globalmente le popolazioni di questi animali da parte di esperti e non, potrà fornire indicazioni più chiare.
Riferimenti: Hydrobiologia 2012, DOI: 10.1007/s10750-012-1039-7
Nature 2012, 482, 20–21 doi:10.1038/482020a
Credits immagine: Brotz et al, Hydrobiologia
fonti e immagini
“Negli ultimi anni si era parlato di un aumento delle meduse, ma a livello di aneddoti, senza uno studio globale che mettesse insieme tutti i dati esistenti fino a ora”, ha spiegato Lucas Brotz della UBC, a capo della ricerca: “Il nostro studio conferma queste osservazioni, con l'analisi delle informazioni disponibili dal 1950 a oggi su più di 138 diverse popolazioni di meduse nel mondo”.
Nella ricerca - basata su osservazioni pubblicate dai media, interviste, dati presentati su riviste scientifiche e non, di 45 dei 66 grandi ecosistemi marini globali - gli scienziati hanno rilevato un aumento delle popolazioni di meduse nel 62% delle regioni (un dato ricavato attraverso un sistema di fuzzy logic che, basandosi sull’attendibilità e sull'abbondanza delle informazioni, estrapola dei trend).
Tra le zone più interessate (quelle rosse e, in misura meno certa, quelle arancioni evidenziate sulla mappa) ci sono le coste orientali dell’Asia, il Mar Nero, il Mediterraneo, il Nordest degli Stati Uniti, l’Antardite, le Hawaii e le coste sudoccidentali dell’Africa. Le aree verdi invece sono quelle in cui la situazione è per lo più stabile, blu quelle in cui il numero sembrerebbe diminuire e grigie quelle per le quali non ci sono dati. Come spiegano gli scienziati, tra le aree maggiormente interessate dall’aumento delle meduse vi sono quelle generalmente più colpite da inquinamento, pesca eccessiva e riscaldamento delle acque.
Quello dell’aumento o meno, a livello globale, dei gelatinosi animali rimane comunque un argomento controverso. Un articolo apparso su Nature lo scorso febbraio, infatti, sottolineava come studiare le popolazioni delle meduse, e quindi capire se effettivamente siamo di fronte a un’invasione, fosse piuttosto complicato.
I problemi sarebbero sostanzialmente due: i dati esistenti sono pochi, si tratta di animali difficili da osservare e i loro complessi cicli vitali rendono ancora più complicato monitorare le popolazioni. Tanto che uno studio condotto da Robert H.Condon del Dauphin Island Sea Lab in Alabama (Usa), pubblicato su Bioscience, sostiene che non ci sia una base scientifica rigorosa a supporto della percezione diffusa dell’aumento di meduse. Forse l’analisi approfondita in corso dei dati raccolti dalla Jellyfish Database Initiative (JEDI), nata nel 2010 con lo scopo di monitorare globalmente le popolazioni di questi animali da parte di esperti e non, potrà fornire indicazioni più chiare.
Riferimenti: Hydrobiologia 2012, DOI: 10.1007/s10750-012-1039-7
Nature 2012, 482, 20–21 doi:10.1038/482020a
Credits immagine: Brotz et al, Hydrobiologia
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Sole e incidenza sul clima. Rivelazioni choc dall'Inghilterra
L'ufficio meteorologico britannico e dell'Università East Anglia ammettono ciò che il LaRouche PAC afferma da tempo. Il sito di LaRouche insiste infatti sul fatto che già da quindici anni si è arrestato l'aumento medio globale delle temperature, a causa della irregolarità degli ultimi cicli solari. Il documento pubblicato dall'istituzione d'oltre Manica ha avuto una certa risonanza, ma circoscritta ai media nazionali e delle ex colonie. In esso si prevede per XXI secolo un possibile nuovo "grande minimo solare".
La "temperatura media" del pianeta, ricavata da una rete di stazioni meteorologiche nel numero dichiarato di 30.000 e considerate rappresentative, indica una diminuzione, lenta ma costante, di circa 0,15 °C, a partire dal 1997. Per gli studiosi britannici il motivo di tale calo è da ricercare nella mancata attività normalmente associata alle macchie solari e alla debolezza del campo magnetico solare in questa fase finale del XXIV ciclo solare, anche se tale fase finale corrisponderebbe ad un massimo di campo magnetico. LPAC ne ha parlato a lungo con gli scienziati che collaborano con il gruppo dei giovani studiosi del LaRouche PAC.
Il Daily Mail riassume: "Le analisi degli esperti della NASA e dell'Università dell'Arizona, derivate dalle misure di campo magnetico alla profondità di 120.000 miglia sotto la superficie solare, indicano che il XXV ciclo, il cui picco è atteso nel 2022, sarà di gran lunga più debole".
"Stando ad un documento della settimana scorsa dell'Ufficio Meteorologico", prosegue, "c'è un 92 per cento di probabilità che sia il ciclo XXV sia quelli previsti nei decenni successivi saranno ugualmente, o più deboli, del minimo di Dalton, tra il 1790 e il 1830. In quel periodo, che prende il nome dal meteorologo John Dalton, le temperature medie di certe parti dell'Europa scesero di 2 °C."
"Tuttavia", mette in guardia il quotidiano, "è anche possibile che il nuovo crollo energetico del sole sia tanto grande quanto il minimo di Maunder (che prende il nome dall'astronomo Edward Maunder), tra il 1645 e il 1715 nella più fredda porzione della Piccola Era Glaciale, allorché il Tamigi e i canali dell'Olanda divennero di ghiaccio."
L'Ufficio Meteorologico tiene però un comportamento ambiguo, poiché mentre dà la notizia, cerca di sminuirla. Secondo il giornale "Peter Stott, uno degli autori, ha detto: 'I nostri risultati suggeriscono una riduzione dell'attività solare fino a dei livelli che non sono mai stati registrati in diversi secoli, ma non sufficiente a contrastare efficacemente l'influenza dominante dei gas a effetto serra". Quest'ultima affermazione sarà tutta da verificare in futuro a mio modesto avviso.
Questa valutazione viene "discussa animatamente da altri esperti del sole. 'Le temperature potrebbero infine essere assai più basse di ora, per i prossimi cinquant'anni', ha detto Henrik Svensmark, direttore del Centro per la Ricerca sul Clima Solare presso l'Istituto Nazionale dello Spazio della Danimarca. 'Servirà una lunga battaglia per convincere alcuni scienziati del clima che il sole ha la sua importanza. Potrebbe anche essere che il sole si accinga a dimostrarcelo da sé, senza bisogno del loro aiuto', conclude Svensmark". L'immagine di apertura mostra l'Italia centrale e settentrionale coperta dalla neve nel mese di febbraio 2012.
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Un minimo solare causò un improvviso raffreddamento del clima in Europa circa 2.800 anni fa
Una forte riduzione delle radiazioni solari causò un improvviso raffreddamento del clima in Europa circa 2.800 anni fa. Accadde in coincidenza con la fase minima dell'attività del Sole e quando forti venti abbassarono le temperature dell'intero continente.
A sostenerlo è lo studio pubblicato sulla rivista Nature Geoscience e coordinato da Celia Martin-Puertas del Centro Helmholtz di Potsdam, in Germania. La scoperta rivela che sbalzi intensi nell'attività solare possono influenzare il clima nel lungo, così come nel breve periodo.
I ricercatori hanno analizzato i sedimenti provenienti dal Lago Meerfelder Maar, in Renania –Palatinato (Germania) e quelli di altri laghi europei (come il Lago Grande di Monticchio, in Basilicata) individuando le variazioni annuali della ventosità e dell'attività solare ultravioletta nel periodo compreso tra 3.300 e 2.000 anni fa.
In particolare sono stati osservati due indicatori ambientali ovvero la struttura e lo spessore del sedimento, indicatore della circolazione stagionale delle acque del lago e la variabilità del titanio, come indicatore dell'afflusso dei sedimenti dal bacino basaltico utili per determinare l'attività solare dell'epoca. In coerenza con i modelli climatici utilizzati e in base ai dati raccolti, gli studiosi concludono che 2.800 anni fa la circolazione atmosferica reagì bruscamente, in coincidenza con il minimo dell'attività solare, causando importanti cambiamenti del clima ed l'abbassamento della temperatura in Europa.
Una conferma dello studio tedesco, almeno riguardo alle temperature più basse, viene dalla lettura di diversi storici dell'antica Roma. Si legge di nevicate abbondanti (anche oltre i 2 metri), del Tevere più volte ghiacciato, e del limite della crescita dell'uva a latitudini poco più a nord di Roma. Solo verso la fine dell'epoca fredda, Roma divenne grande e l'impero si espanse.
Ansa.it
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Cina: violenta grandinata fa 40 morti e 18 dispersi
(AGI) - Pechino, 13 mag. - Una breve, ma violenta grandinata accompagnata da piogge torrenziali ha fatto 40 morti e 18 dispersi nel Gansu, una regione montagnosa nel nord-ovest della Cina. Secondo le autorita' locali, altre 87 persone sono state ricoverate in ospedale. La tempesta di pioggia e grandine, avvenuta giovedi' pomeriggio, e' durata appena 60 minuti, al termine dei quali le autorita' hanno fatto evacuare 29.300 persone dalla contea di Min, un'area spesso teatro di disastri naturali.
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Il sole e il clima: interazioni e previsioni
di Giovanna Bragadini
«Lentamente ma inesorabilmente, gli astronomi sono invitati allo studio dei cambiamenti climatici. Raramente sollecitati a partecipare al dibattito che solleva violente polemiche, gli specialisti del Sole nascondono sempre più difficilmente la loro perplessità sui risultati dell’IPCC che esonerano il Sole dal riscaldamento globale. Per gli esperti dell’IPCC il Sole è una “costante” nei loro calcoli, mentre gli astronomi la considerano una stella variabile… gli effetti retroattivi nonlineari e/o cumulativi dell’irraggiamento solare sul campo magnetico solare, sulla magnetosfera e atmosfera terrestre potrebbero influenzare il clima terrestre molto più di quanto si immagini oggi». Guillame Aulanier, Osservatorio di Parigi, 2009. Una serata con un argomento scottante: il ciclo di conferenze collecchiesi I venerdì dell’astronomia, sponsorizzato da Fermoeditore e Ottica Deneb, si è infatti concluso con il Prof. Stefano Sello (INRIC-Ricerca – H.A.S.O. Pisa – NASA-NOAA /SWPC) e la sua conferenza dal titolo “Il Sole e il clima: stato dell’arte delle ricerche moderne”.
Quali sono le connessioni fra il sole e il clima? L’attività solare è stata eccezionalmente alta nel XX secolo se confrontata con gli ultimi 400 anni: il flusso dei raggi cosmici galattici può influenzare il clima terrestre attraverso la formazione di nubi nella bassa troposfera, e durante i periodi d’intensa attività si riduce a causa dello scudo magnetico solare. In più, il ciclo solare attuale, il 24° (un ciclo dura 11 anni) è in ritardo e rappresenta una sfida per le idee e i paradigmi consolidati sulla dinamica solare. L’attuale riscaldamento globale è innegabile: ma come dev’essere interpretato? I cambiamenti climatici, per i quali si è rilevata una periodicità di circa 60 anni, fanno parte della storia del nostro pianeta: lo conferma la Paleoclimatologia, che ricostruisce il clima di epoche remote analizzando gli anelli degli alberi, i carotaggi dei ghiacciai, i sedimenti oceanici e altro. Le cause sono molte: tettoniche, astronomiche, atmosferiche (gas serra, riflettività solare dovuta a nubi, polvere vulcanica, calotte polari). I modelli climatici non tengono però conto dei cicli di 60 anni, rintracciabili in molti segnali naturali. Secondo alcuni modelli basati sulle dinamiche planetarie, il 60% dell’aumento di temperatura dal 1970 a oggi è infatti attribuibile a questa periodicità. E in base alle possibili combinazioni dei dati satellitari si può stimare anche un 65% dell’aumento di temperatura, dal 1980 a oggi, dovuto al contributo solare.
Di recente il riscaldamento ha subito un notevole ridimensionamento a causa della Niña – fenomeno ciclico associato alle temperature più fredde della norma nell’Oceano Pacifico Equatoriale, controparte del Niño, associato a una temperatura più alta della norma – che fra alti e bassi domina da oltre un anno. Il 2011 è stato il nono anno più caldo dal 1880, e ci si chiede cosa accadrà. Ci attende uno scenario bollente o la glaciazione? Purtroppo, sulla base dei dati e modelli attuali l’unica conclusione certa è che il pianeta se la caverà come sempre… con o senza di noi.
Fonti
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3-5 giugno 2012 ci sara' un aumento dell'attivita' sismica globale?
Il 5 giugno 2012 ci sarà un evento astronomico davvero particolare: il transito di Venere davanti al Sole, un avvenimento estremamente raro. Precedenti si sono avuti nel 1639, 1761, 1769, 1874, 1882 e nel recente 2004. La volta successiva sarà nel lontano 2117, tra più di un secolo.
L’eclisse di sole parziale si manifesterà attraverso il passaggio di una macchiolina nera davanti al disco solare per una durata di circa 6 ore. il fenomeno si potrà osservare in tutto l’emisfero terrestre illuminato dal Sole.
Nessun pianeta del sistema solare si avvicina alla Terra quanto Venere a soli 38 milioni di km e dal punto di vista geometrico il transito di Venere nel Sole è uno dei momenti di maggior vicinanza. Dato che il pianeta ha dimensioni reali appena inferiori a quelle terrestri (e apparenti forse superiori) è bene valutarne l’impatto della sua attrazione sul sistema delle zolle tettoniche terrestri. Come ho postulato nella mia teoria “bendandiana” sull’origine cosmica dei terremoti, il maggior effetto non potrebbe sussistere il 5-6 giugno, al momento del suo massimo avvicinamento, ma nei giorni precedenti e successivi col rapido cambiamento del suo influsso (che varia col quadrato della distanza). Il 3 giugno ci sarà inoltre un perigeo lunare molto ravvicinato. Pertanto, ribadendo la mia ipotesi, terremoti di estrema intensità ( >= 7 grado Richter) potrebbero avvenire nel periodo compreso tra la fine di maggio e la prima decade di giugno a causa della somma algebrica dell’azione della Luna e di Venere. Con un massimo della perturbazione nel periodo 3-6 giugno.
http://pianetax.wordpress.com/2012/04/18/terremoti-2012-5-giugno-e-dintorni/
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Pianeta Terra Prossimo Al Collasso?
Nelle ultime settimane tanti terremoti hanno colpito molte zone del pianeta, tra cui purtroppo anche l’Italia. La spiegazione di tutto questo, secondo una teoria pubblicata su Nature, sarebbe legata alle responsabilità umane che starebbero provocando un autentico “collasso” del pianeta.
Lo pensa Anthony Barnosky, un biologo dell’ Università della California.
Secondo Barnosky la Terra è vicina al punto di non ritorno e si sta preparando ad affrontare i cambiamenti più drammatici e radicali da 12.000 anni a questa parte, da quando cioè i ghiacci hanno inziato a ritirarsi alla fine dell’ultima glaciazione.
Secondo Barnosky e i suoi colleghi che l’hanno supportato nello studio, il problema è causato dall’eccesiva pressione alla quale stiamo sottoponendo il pianeta: a un certo punto, impossibile da prevedere con precisione, qualcosa si rompe scatenando una serie di reazioni a catena i cui effetti devastanti si amplificano un passaggio dopo l’altro, dai terremoti ai fenomeni meteo estremi.
L’esempio più eclatante di queste trasformazioni è il quasi totale azzeramento delle superfici ghiacciate: poco meno di 3000 anni fa la Terra era coperta per il 30% da una coltre di nevi perenni. Oggi queste sono quasi del tutto scomparse.
E il maggior numero di estinzioni nella storia del pianeta si è consumato negli ultimi 1600 anni, sempre secondo ciò che si legge nella ricerca. Tutta colpa dell’uomo? Secondo Barnosky, sì.
La razza umana ha causato, ed è tutt’ora la causa, di mutamenti climatici e ambientali rapidissimi: la CO2 nell’atmosera è aumentata del 35% negli ultimi 250 anni, le superfici coltivate o cementificate sono ormai più del 40% del totale delle terre emerse e la popolazione ha sfondato il tetto dei 7 miliardi di individui.
Negli ultimi 200 anni insomma, abbiamo sottoposto la Terra a uno stress molto più elevato di quello che ha scatenato gli ultimi grandi cataclismi.
Ma quali potrebbero essere le conseguenze di tutto questo?
Difficile dirlo. I ricercatori ipotizzano estizioni di massa, radicali cambiamenti nelle specie che sopravviveranno per adattarsi alle nuove condizioni e massicce migrazioni. Insomma, uno scenario da “alba del giorno dopo”.
Fino ad oggi tutti gli appelli all’adozione di uno stile di vita a minor impatto ambientale sono rimasti inascoltati: secondo gli scienziati entro il 2025 circa il 50% delle terre emerse sarà colonizzato in qualche forma dall’uomo e per il 2050 la popolazione avrà raggiunto i 9 miliardi di individui.
“Vorrei che tra 50 o 100 anni il mondo fosse ancora come oggi, se non un po’ migliore” spiega lo scienziato ai media. “Siamo a un crocevia, e se non cambiamo qualcosa, adesso, lasceremo un pessimo futuro alle prossime generazioni“.
Dopotutto alcuni passaggi della ricerca sembrano un pò eccessivi …
A Cura Di Peppe Caridi
Fonte:
http://www.meteoweb.eu/2012/06/tesi-shock-di-un-biologo-californiano-la-terra-si-sta-collassando-ecco-perche-tutti-questi-terremoti/139074/
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Innalzamento del livello dei mari
L'innalzamento del livello dei mari, in seguito al surriscaldamento globale, comportera' uno spostamento degli uomini in zone continentali che causera' perdite all'habitat ecologico uguali o addirittura superiori rispetto a alluvioni e inondazioni, che sono considerati effetti primari del fenomeno.
La ricerca e' opera degli studiosi del Konrad Lorenz Institute of Ethology of the University of Veterinary Medicine di Vienna ed e' stata pubblicata sulla rivista "Global Change Biology".
Secondo le proiezioni attualmente disponibili, l'innalzamento del livello dei mari entro il prossimo secolo dovrebbe essere approssimativamente di circa 1-2 metri.
Mentre sono ben studiate le conseguenze primarie dovute a inondazioni, ancora sono poco analizzati gli effetti dovuto allo spostamento delle popolazioni che tenderebbero a rifugiarsi nelle zone interne.
Gli scienziati hanno studiato gli scenari relativi a 1200 isole del Sudest asiatico e delle regioni del Pacifico, con modelli che prevedono sia la migliore delle ipotesi (innalzamento di solo un metro) che la peggiore (fino a 6 metri di aumento del livello del mare).
La ridistribuzione della popolazione umana comportera' perdite peggiori degli effetti primari sulle risorse ecologiche dell'ambiente e sulla presenza del 20 per cento delle specie mammifere analizzate.
In particolare, particolarmente vuilnerabili agli effetti secondari saranno le isole Indo-malesi, che potrebbero dover affrontare una ridistribuzione di, nella peggiore delle ipotesi, circa 50 milioni di persone.
fonte AGI
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Terremoti. Quello che le fonti ufficiali non dicono
Una nutrita schiera di scienziati studia l'influenza che il Pianeta Nibiru, di cui ancora si nega l'esistenza, potrebbe avere sulla Terra, nella sua orbita di avvicinamento.
- Redazione- 19 giugno 2012- Gli studiosi mantengono il più stretto riserbo, ma diversi astronomi ne sono certi: a causare questa escalation di terremoti sarebbe un influsso gravitazionale causato da un pianeta denominato Nibiru, o meglio 2003 UB 313, o ancora Pianeta X.
Un crescendo planetario significativo e preoccupante, ma restiamo in Europa. Il 9 marzo 2010 in Turchia, un sisma del 6-7 grado della scala Richter colpisce la Turchia centro-orientale, bilancio 57 vittime e oltre 100 feriti. Il giorno dopo un altro terremoto scuote le coste meridionali della Grecia, 4,2 di magnitudo.
Sino ad arrivare alla tragedia dell’Aquila, con seguito pressoché continuo di scosse di assestamento senza soluzione di continuità. Quindi il terremoto devastante in Emilia, al quale sono seguite attività sismiche sparse un po’ per tutta la penisola e la Sicilia.
Tutto questo non preoccupa i vulcanologi e i geologi, i quali asseriscono che le scosse di assestamento provocate da attività dei vulcani, sono sotto controllo, eludendo però qualsiasi approfondimento sull’attività del vulcano Marsili.
Ma torniamo a Nibiru.
L’IRAS (l'Infrared Astronomy Satellite della NASA, che effettuò un censimento del cielo per dieci mesi nel 1983) scoprì numerose sorgenti infrarosse, ma nessuna di esse era Nibiru o il Pianeta X o altri oggetti nella zona esterna del sistema solare.
E’ uno dei tanti pianeti nani scoperti di recente dagli astronomi nel sistema solare esterno. Tutti sono su orbite normali, che non li porteranno mai vicino alla Terra. Come Plutone, anche Nibiru è più piccolo della nostra Luna. E' molto lontano e la sua orbita non lo porta mai a meno di circa 6,4 miliardi di chilometri da noi.
Gli scienziati tentarono a lungo di negarne l’esistenza, sino a che, messo alle strette, G. Neugebauer, Direttore dell'IRAS, dichiarò: "Posso solo dire che non sappiamo di cosa si tratti".
Intanto Nibiru continua nella sua orbita di avvicinamento alla Terra, raggiungerà, nel febbraio 2013 il punto più vicino. Questo, secondo alcuni scienziati potrebbe a sua volta causare un cambiamento nella inclinazione del pianeta e una serie di terremoti, tsunami. Il pianeta X inizierebbe ad allontanarsi dall’orita terrestre solamente nel luglio del 2014, dopo aver provocato una serie di disastri naturali.
Quindi riassumendo, sarebbe dagli anni ‘80 che il famigerato 12° Pianeta non solo sarebbe stato scoperto ma verrebbe monitorato nel più stretto riserbo, appunto da queste sonde spaziali. L’esistenza e l'avvicinamento del misterioso corpo celeste rientrerebbe nei massimi livelli di segretezza dell’Intelligence USA.
Fonte:http://www.articolotre.com/2012/06/terremoti-quello-che-le-fonti-ufficiali-non-dicono/94315
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Il deserto avanza, pure in Europa
E’ ormai il momento di un nuovo contratto di equità tra gli esseri umani, e tra essi e la natura. Non sarà facile, ma è necessario
Il groviglio con filo spinato fatto di debito e euro barcollante, di feroce aggressione dei mercanti di danaro e derivati che propagano la loro dittatura, assieme al cumulo di lacrime e sangue imposto ai popoli da governi imbelli o complici, rischia di strangolare qualunque altra dimensione del vivere civile e sociale. Per esempio l'ambiente, il rapporto uomo natura. Con quella cosa da niente che si chiama cambiamento climatico e/o riscaldamento globale, di cui si discuteva a Durban, con poco successo di pubblico e di critica, in verità. E dire che qualcuno parla addirittura di possibile "olocausto climatico".
Ora non è certo che il mutamento del clima sia globale e permanente, però indizi pesanti di cambiamento si vedono e toccano con mano. Non nel deserto del Sahel, ma nella ben più vicina Romagna, nonché nelle Marche e in Toscana, attanagliate dalla siccità. Ecco un titolo comparso sulla stampa locale il 27 novembre: Siccità in Romagna. Ecco l'ordinanza, da domani acqua razionata, multe salatissime per chi non la rispetta. Il bacino della diga di Ridracoli è quasi a secco, e rischia di rimanere completamente senz'acqua. L'ordinanza riguarda le province di Ravenna, Forlì - Cesena e Rimini. In seguito all'avviso diramato dalla Protezione civile regionale, le autorità locali hanno imposto a tutti gli utenti di limitare il consumo dell'acqua delle rete idrica agli stretti bisogni igienico-sanitari e domestici. Fino al 31 maggio dalle 8 alle 21 di tutti i giorni è vietato il lavaggio di cortili, piazzali, veicoli, innaffiamento giardini, orti e prati. Senza limite di orario, quindi per tutte le 24 ore, non si potranno riempire piscine, fontane ornamentali, vasche da giardino e il funzionamento di fontanelle a getto continuo (il funzionamento di fontane pubbliche o private è consentito solo se dotate di apparecchiature per il ricircolo dell'acqua).
È escluso dalle limitazioni il consumo di acqua oggetto di contratti di somministrazione per attività imprenditoriali. Per i trasgressori le sanzioni andranno da 25 a 500 euro. È vero che la situazione di emergenza dipende da questo autunno straordinariamente caldo e sereno, senza piogge consistenti. Talmente caldo e sereno che la stagione turistica estiva sulla costa, da Rimini e Riccione fino a Milano Marittima e Porto Garibaldi, praticamente non è ancora finita, con un consumo d'acqua in queste zone del tutto anomalo e imprevisto. Però è anche vero che da tempo in Emilia Romagna (E-R) erano evidenti, e segnalati, problemi di approvvigionamento idrico, in particolare per le acque di falda con fenomeni di subsidenza diffusi, mentre cresce giorno dopo giorno la pressione sulle risorse superficiali.
Insomma il sistema del consumo si sviluppa in modo eccessivo, non sostenibile, rispetto alle risorse attuali. E con la mancanza di precipitazioni atmosferiche di questo ultimo periodo, i nodi sono arrivati al pettine, ovvero la siccità si presenta non come fenomeno eccezionale una tantum, ma come componente tendenzialmente strutturale, organica al territorio, così come oggi si configura, e alle sue attività. Se si osserva la mappa delle portate idriche dei fiumi in E - R, disegnata dall' ARPA (Agenzia Regionale per l'Ambiente), si vede come quasi dappertutto siano segnate in rosso, cioè sotto il livello di guardia, la portata media calcolata sulle serie storiche. Ma non è un fenomeno che affligge solo le regioni del centro Italia.
La siccità sta installandosi anche in Francia. Il bilancio idrogeologico del 2011 è deficitario del 10% in media, con dei picchi oltre il 25% in alcune regioni come la Charente, o la Dordogna. Il 2011 è al momento uno dei dieci anni più secchi degli ultimi cinquanta, e settantotto dipartimenti, le nostre province, sono stati obbligati a prendere delle misure di restrizione del consumo d'acqua. Nel contempo se si va oggi in giro per le campagne attorno a Bologna, si incontrano fenomeni del tutto fuori stagione quali la fioritura dei fichi fioroni, in Dicembre!, e le gemme che buttano le viti, eventi al solito primaverili.
Ma torniamo al riscaldamento globale. Qualcuno ha valutato cosa accadrebbe se ci fosse un aumento della temperatura di 2 (due) gradi Celsius. Sarebbe un "disastro" racconta James Hansen in una conferenza tenuta il 7 Dicembre al congresso de l'American Geophysical Union (AGU)- San Francisco.
Il serissimo direttore del Goddard Institute per gli Studi Spaziali (GISS), principale laboratorio sul clima della NASA, uomo del tutto alieno da utopie ecologiste, ha presentato una ricostruzione dell'evoluzione della temperatura nel corso degli ultimi 5 (cinque) milioni di anni, sostenendo che oggi la temperatura media sul pianeta è ormai prossima a quella di due periodi, il primo circa 400.000 (quattrocentomila) anni fa, il secondo 130.000 (centotrentamila), quando "noi sappiamo che il livello dei mari era tra i 4 (quattro) e 6 (sei) metri più alto di quello attuale". Ovvero Rimini ma anche Deauville o New York, per non dire di Venezia, finirebbero sott'acqua, e la pianura padana ormai desertica pure. "Se il tasso di CO2 nell'atmosfera dovesse raddoppiare, la temperatura aumenterebbe di circa 3 (tre) gradi Celsius, e questo farebbe sì che la criosfera, ovvero l'attuale sistema di ghiacci marini e di ghiacciai continentali si scioglierebbe(..)"
L'aumento della temperatura non produce una rapida crescita del livello degli oceani, ma piuttosto il sistema va lentamente a un nuovo stato di equilibrio, con un aumento dei livelli delle acque tra 1 (uno) e 2,5 (due virgola cinque) metri in un secolo. Per conservare un clima come quello che permise lo sviluppo della civiltà umana quale noi la conosciamo, Hansen calcola che "sia necessario mantenere la concentrazione di CO2 atmosferica sotto le 350 ( trecentocinquanta) parti su un milione (ppm)". Concentrazione che era nel XIX secolo di 270 (duecentosettanta) ppm, e oggi si stima sia di 390 (trecentonovanta) ppm. Insomma siamo al limite di soglia, oltre il disastro s'avvicina, micidiale. Inoltre nei suoi lavori con Makiko Sato (GISS), Hansen calcola che l'aumento di 1 (un) grado oggi ci porterebbe al periodo più caldo del pianeta negli ultimi 3 (tre) milioni di anni.
Ma ai rappresentanti delle nazioni riuniti a Durban le rigorose cifre di Hansen sembrano non aver fatto, è proprio il caso di dirlo, né caldo né freddo, tantomeno le osservazioni empiriche dei contadini emiliani che vedono fiorire le gemme in Dicembre, mentre fiumi e canali si seccano e di pioggia non si vede traccia. Tanto può l'avidità in nome del mercato, dell'accumulazione di denaro e della produzione sconsiderata - cioè figlia solo del valore di scambio e quasi senza attenzione alcuna al valore d'uso - di merci.
Come le cellule cancerogene che si moltiplicano a dismisura fino a uccidere il corpo che fornisce loro nutrimento e sangue, morendo con lui. Senza eccessivo pessimismo, tutto lascia intendere che il tempo stia esaurendosi per assumere rimedi efficaci. Se i popoli rimarranno inerti, la crisi climatica moltiplicherà la crisi economica, con una democrazia sempre più flebile e stentata, su un pianeta sempre più inabitabile e inospitale. È ormai il momento di un nuovo contratto di equità tra gli esseri umani, e tra essi e la natura. Non sarà facile, ma è necessario.
Autore: Bruno Giorgini / Fonte:http://it.peacereporter.net/
Tratto da:http://www.ecplanet.com/node/3336
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Ora non è certo che il mutamento del clima sia globale e permanente, però indizi pesanti di cambiamento si vedono e toccano con mano. Non nel deserto del Sahel, ma nella ben più vicina Romagna, nonché nelle Marche e in Toscana, attanagliate dalla siccità. Ecco un titolo comparso sulla stampa locale il 27 novembre: Siccità in Romagna. Ecco l'ordinanza, da domani acqua razionata, multe salatissime per chi non la rispetta. Il bacino della diga di Ridracoli è quasi a secco, e rischia di rimanere completamente senz'acqua. L'ordinanza riguarda le province di Ravenna, Forlì - Cesena e Rimini. In seguito all'avviso diramato dalla Protezione civile regionale, le autorità locali hanno imposto a tutti gli utenti di limitare il consumo dell'acqua delle rete idrica agli stretti bisogni igienico-sanitari e domestici. Fino al 31 maggio dalle 8 alle 21 di tutti i giorni è vietato il lavaggio di cortili, piazzali, veicoli, innaffiamento giardini, orti e prati. Senza limite di orario, quindi per tutte le 24 ore, non si potranno riempire piscine, fontane ornamentali, vasche da giardino e il funzionamento di fontanelle a getto continuo (il funzionamento di fontane pubbliche o private è consentito solo se dotate di apparecchiature per il ricircolo dell'acqua).
È escluso dalle limitazioni il consumo di acqua oggetto di contratti di somministrazione per attività imprenditoriali. Per i trasgressori le sanzioni andranno da 25 a 500 euro. È vero che la situazione di emergenza dipende da questo autunno straordinariamente caldo e sereno, senza piogge consistenti. Talmente caldo e sereno che la stagione turistica estiva sulla costa, da Rimini e Riccione fino a Milano Marittima e Porto Garibaldi, praticamente non è ancora finita, con un consumo d'acqua in queste zone del tutto anomalo e imprevisto. Però è anche vero che da tempo in Emilia Romagna (E-R) erano evidenti, e segnalati, problemi di approvvigionamento idrico, in particolare per le acque di falda con fenomeni di subsidenza diffusi, mentre cresce giorno dopo giorno la pressione sulle risorse superficiali.
Insomma il sistema del consumo si sviluppa in modo eccessivo, non sostenibile, rispetto alle risorse attuali. E con la mancanza di precipitazioni atmosferiche di questo ultimo periodo, i nodi sono arrivati al pettine, ovvero la siccità si presenta non come fenomeno eccezionale una tantum, ma come componente tendenzialmente strutturale, organica al territorio, così come oggi si configura, e alle sue attività. Se si osserva la mappa delle portate idriche dei fiumi in E - R, disegnata dall' ARPA (Agenzia Regionale per l'Ambiente), si vede come quasi dappertutto siano segnate in rosso, cioè sotto il livello di guardia, la portata media calcolata sulle serie storiche. Ma non è un fenomeno che affligge solo le regioni del centro Italia.
La siccità sta installandosi anche in Francia. Il bilancio idrogeologico del 2011 è deficitario del 10% in media, con dei picchi oltre il 25% in alcune regioni come la Charente, o la Dordogna. Il 2011 è al momento uno dei dieci anni più secchi degli ultimi cinquanta, e settantotto dipartimenti, le nostre province, sono stati obbligati a prendere delle misure di restrizione del consumo d'acqua. Nel contempo se si va oggi in giro per le campagne attorno a Bologna, si incontrano fenomeni del tutto fuori stagione quali la fioritura dei fichi fioroni, in Dicembre!, e le gemme che buttano le viti, eventi al solito primaverili.
Ma torniamo al riscaldamento globale. Qualcuno ha valutato cosa accadrebbe se ci fosse un aumento della temperatura di 2 (due) gradi Celsius. Sarebbe un "disastro" racconta James Hansen in una conferenza tenuta il 7 Dicembre al congresso de l'American Geophysical Union (AGU)- San Francisco.
Il serissimo direttore del Goddard Institute per gli Studi Spaziali (GISS), principale laboratorio sul clima della NASA, uomo del tutto alieno da utopie ecologiste, ha presentato una ricostruzione dell'evoluzione della temperatura nel corso degli ultimi 5 (cinque) milioni di anni, sostenendo che oggi la temperatura media sul pianeta è ormai prossima a quella di due periodi, il primo circa 400.000 (quattrocentomila) anni fa, il secondo 130.000 (centotrentamila), quando "noi sappiamo che il livello dei mari era tra i 4 (quattro) e 6 (sei) metri più alto di quello attuale". Ovvero Rimini ma anche Deauville o New York, per non dire di Venezia, finirebbero sott'acqua, e la pianura padana ormai desertica pure. "Se il tasso di CO2 nell'atmosfera dovesse raddoppiare, la temperatura aumenterebbe di circa 3 (tre) gradi Celsius, e questo farebbe sì che la criosfera, ovvero l'attuale sistema di ghiacci marini e di ghiacciai continentali si scioglierebbe(..)"
L'aumento della temperatura non produce una rapida crescita del livello degli oceani, ma piuttosto il sistema va lentamente a un nuovo stato di equilibrio, con un aumento dei livelli delle acque tra 1 (uno) e 2,5 (due virgola cinque) metri in un secolo. Per conservare un clima come quello che permise lo sviluppo della civiltà umana quale noi la conosciamo, Hansen calcola che "sia necessario mantenere la concentrazione di CO2 atmosferica sotto le 350 ( trecentocinquanta) parti su un milione (ppm)". Concentrazione che era nel XIX secolo di 270 (duecentosettanta) ppm, e oggi si stima sia di 390 (trecentonovanta) ppm. Insomma siamo al limite di soglia, oltre il disastro s'avvicina, micidiale. Inoltre nei suoi lavori con Makiko Sato (GISS), Hansen calcola che l'aumento di 1 (un) grado oggi ci porterebbe al periodo più caldo del pianeta negli ultimi 3 (tre) milioni di anni.
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Il mediterraneo si sta' riattivando
A partire dal 2001 ad oggi ci sono forti segnali per essere certi che tutta l'area del Mediterraneo stia diventando più attiva sia dal punto di vista sismico che vulcanico rispetto al recente passato.
Questa storia comincia sull'Etna nel 2001 l’analisi chimica dei campioni di magma emessi dall’ultima eruzione del 2001 ha dimostrato la presenza di un minerale che non era presente sulla superficie terrestre da oltre15.000 anni.
Mentre l'anno successivo anche il sistema vulcanico di Panarea,che non ha attività eruttive da 10.000 anni ha dato segnali di evidente risveglio.
L’area vulcanica di Panarea sembrava spenta ma le rivelazioni oggi sono una conferma, dopo gli eventi del 2002, che invece è ben attiva.
L’Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia, infatti, riferisce che il vulcano Panarea “si deforma” con variazioni di “alcuni millimetri” l’anno in senso orizzontale e verticale, ma e’ gia’ dal 2002 che gli scienziati hanno verificato che il vulcano che sembrava tranquillo non era affatto spento.
In quella notte del novembre 2002, dopo un piccolo sciame sismico di bassa magnitudo rilevato solo dal sismografo installato sull’isola di Panarea, i ricercatori si sono accorti che l’area vulcanica era ancora ben attiva.
chi è interessato può continuare a leggere qui
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