Misteri 2012
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Misteri d'Egitto

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in corso Re: Misteri d'Egitto

Messaggio Da Alaudae Mer 29 Feb - 22:45:18

per manufatti intendevo le piramidi stesse... Misteri d'Egitto - Pagina 6 675951
per i materiali da portare non sono in grado di consigliarti niente se non la passione per il mistero. vediamo se qualcun altro è in grado di dirti di più Misteri d'Egitto - Pagina 6 301576
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in corso l'idrogeno di Cheope

Messaggio Da Alaudae Mer 29 Feb - 23:08:12

su segnalazione di Blaksturg:

” …Io credo che l’acqua sarà un giorno usata come combustibile poichè l’idrogeno e l’ossigeno che la costitiuiscono, usati separatamente o insieme, forniranno un inesauribile sorgente di calore e luce…….”
Jules Verne: L’Isola Misteriosa: Io credo invece che l’uomo in passato abbia già sviluppato la tecnologia necessaria a separare i due gas e la piramide di Cheope non è che un esempio di impianto di biotecnologia.
Misteri d'Egitto - Pagina 6 45569889ee77fadae840a0559340212f
Sono perfettamente consapevole che un’affermazione del genere rischia seriamente di compromettere la reputazione di qualsiasi persona razionale, ma sono disposto a correre questo rischio, anzi gradirei la collaborazione di chiunque voglia mettere in discussione le tesi che sto per esporre in modo da riuscire a togliermi questo sassolino che continua a torturarmi.
Premetto che sono un Agronomo pentito dell’agricoltura tradizionale (si intende l’agricoltura degli ultimi 50 anni) che ha cercato di approfondire alcuni aspetti contradditori di una pratica agricola ormai al collasso (vedi i post).
Durante le mie ricerche sul web mi sono imbattuto nella miriade di pagine dedicate alla piramide di Cheope (forse la prima meraviglia del mondo) e sono rimasto letteralmente sconvolto dalla sua mole e dalle varie teorie sulla costruzione e funzione.
“La piramide di Cheope è composta da 2.300.000 pietre che pesano in media 2,5 tonnellate l’una. Se è stata costruita da 15.000 schiavi nell’arco di venti anni, questo vuol dire che i blocchi sono stati tagliati al ritmo di tre al minuto…!”
Sono stati usati dei materiali durissimi da lavorare come il granito e la diorite in modo talmente perfetto da ipotizzare l’uso di strumenti e tecniche eccezionali. Anche nell’oggetistica ritrovata ci sono gioielli in oro e pietre (vasi di diorite) lavorati con tecniche sconosciute.
Ingegneri e artigiani si sono impegnati da tempo per spiegare le diverse tecniche costruttive senza riuscire a fornirci prove convincenti, ma forse il punto debole è proprio nella valutazione del tipo di energia impiegata, cioè l’energia muscolare di schiavi e animali.
Allora di quale fonte energetica disponevano gli antichi egizi?
Gli egizi praticavano il culto del sole come fonte di energia e conoscevano sofisticate tecniche di coltivazione in grado di soddisfare il fabbisogno di energia alimentare.
Secondo quanto riporta Erodoto la valle del nilo veniva sommersa dalle acqua del fiume dal mese di giugno fino al mese di settembre lasciando uno strato di limo dove gli egizi seminavano cereali a ciclo invernale raccolti prima della successiva inondazione.
Dal punto di vista agronomico noi sappiamo che i cereali producono una grande quantità di biomassa non utilizzata (paglia) molto ricca di cellulosa e possiamo ipotizzare una grande frequentazione di animali (uccelli, maiali, serpenti, etc.) dopo la raccolta della coltura. Erodoto parla addirittura dell’allevamento di oche e maiali sui residui lasciati dalle coltivazioni.
Adesso immaginiamo tutta quella biomassa composta da paglia ed escrementi sommersa dall’acqua del Nilo carica di limo e la temperatura raggiunta nei mesi estivi a quella latitudine.
E’ facile supporre un processo di fermentazione anaerobica in cui una biomassa ricca di carbonio e arricchita da sostanze azotate delle deiezioni produce biogas o “aria infiammabile di palude”.
Alessandro Volta nell’autunno del 1776 scoprì la proprietà infiammabile di questo gas studiando in un’ansa di acqua stagnante del fiume nel cremonese, in quell’epoca il fenomeno era spiegato, al pari dei fuochi fatui, con poca “scienza” e molta superstizione, addirittura c’era anche chi lo riteneva il “respiro del diavolo”.
E’ possibile secondo voi che gli egiziani che conoscevano alcune biotecnologie come la fermentazione del pane, della birra e del vino fossero così ciechi da non vedere cosa stava avvenendo sotto le acque del fiume sacro?
Innanzi tutto dobbiamo ricordare che lo sfruttamento di una fonte energetica permette lo sviluppo di tecnologie che ottimizzano la sua utilizzazione e mettono a disposizione gli strumenti e l’energia per esplorare altri sistemi energetici.
Le piramidi egizie pur rimanendo fedeli alla forma, con alcune variazione di inclinazione, hanno avuto una evoluzione rispetto ai materiali di costruzione passando da mattoni di argilla a massi di calcaree di 20 quintali dimostrando che una maggiore disponibilità energetica e tecnologica veniva investita per ottimizzare il processo produttivo.
E se il complesso di Giza non fosse altro che un impianto industriale di biotecnologie????

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Noi oggi sappiamo che il biogas è una miscela di metano (65%), anidride carbonica (30%), vapore acqueo (1.9%), azoto (1,8%), idrogeno solforato (0,6), ossigeno (0.5), mercaptani (0,2%) con valori dei componenti variabili a seconda del materiale fermentescibile di partenza e le condizioni in cui avviene la fermentazione.
Le principali tecnologie per la sua utilizzazione sono indirizzate alla purificazione e lo stoccaggio:
la prima ci permette di avere il gas metano puro con piu alto potere calorifico (8.000 kcal/m3), la seconda l’immagazzinamento in volumi contenuti.
Se le piramidi non erano monumenti funerari allora potevano essere dei biodigestori dove opportune temperature e pressioni permettevano un conveniente stoccaggio del biogas.

Alcuni aspetti convalidano questa tesi:

1- La forma piramidale a base quadrata ha un alto rapporto tra la superficie esterna e il volume in modo da permettere dispersione di calore della massa.
2- Le pareti esterne erano ricoperte da calcare bianchissimo tale da riflettere i raggi solari.
3- Le pareti inclinate in modo perfetto potevano permettere un sistema di raffreddamento a film di acqua che sfruttando il calore necessario alla sua evaporazione abbassava la temperatura della massa (sistema usato in agricoltura in serre).
4- Le pareti degli ambienti interni sono di materiale diverso e in particolare granito rosso, diorite perfettamente combacianti e a tenuta stagna, quasi fatte a posta per contenere gas.
5- La piramide viene orientata con il lato dove è l’ingresso principale a nord e questa parete è anche quella che rimane sempre in ombra durante il giorno creando un gradiente termico.
6- Nell’anno 820 d.C. il Califfo Ma’mun fu il primo ad entrare nella camera del re e trova solamente un sarcofago in granito vuoto, ma racconta di aver trovato del materiale infiammabile tale da rendere l’aria interna irrespirabile. Si trattava di polvere di zolfo.
7- Ultima e forse banale osservazione è quella simbolica: noi sappiamo che la molecola di metano è composta da cinque atomi (CH4) come i cinque angoli della piramide quattro uguali alla base e uno diverso al vertice, ma la molecola di metano ha una forma spaziale piramidale con base triangolare e la molecola di carbonio al centro.
Il biodigestore anaerobico trasforma la biomassa fermentescibile in biogas e sottoprodotti che devono essere periodicamente allontanati dal processo in quanto tossici per i micoorganismi usati. Si tratta di composti molto ricchi di sostanze azotate e in base alla loro consistenza si dividono in liquami (parte liquida) e fanghi (parte solida). Di solito oggi vengono utilizzati per la concimazioni delle colture agrarie previa il controllo di alcuni elementi inquinanti come metalli pesanti o flora microbica pericolosa in quanto la maggior parte dei biodigestori è stata costruita per smaltire reflui zootecnici e urbani.
Durante la mia ricerca mi sono per caso imbattuto in questo dipinto egizio nel papiro di Heruben:

Misteri d'Egitto - Pagina 6 Heruben
Scusate la mia ingenua interpretazione:

1 – Le due figure con la testa di serpente e felino a sinistra portano i liquami rappresentati dal serpente nero (il movimento di un liquido su una superficie piana) ad una figura femminile che rappresenta la fertilità.

2 – A destra in basso i vasi contenenti del materiale nero potrebbero rappresentare i fanghi interrati precedentemente la semina di grano rappresentato da un fascio di spighe.

3 – La donna irriga con i liquami la coltura gia nata (concimazione di copertura) rappresentata dal verde che ricopre il fascio di spighe.

4 – Le immagini superiori rappresentano la trasformazione dell’energia contenuta nei composti azotati dei reflui in frutti.

5 – Il vaso contenente fiori di loto potrebbe significare il pretrattamento dei liquami per renderli utilizzabili come fertiirigazione .

Le coincidenze aumentano con altre due considerazioni agronomiche:

1 – I cereali sono le specie vegetali coltivate che più utilizzano concimazioni azotate per la loro crescita e produzione.

2 – Alcune specie vegetali, tra cui il loto, vengono oggi utilizzate per migliorare la qualità di acque contenenti composti azotati ridotti (ammoniaca, etc.) che risultano tossiche se usate direttamente sulle colture.

Negli impianti moderni il trattamento delle acque azotate avviene in vasche di raccolta dotate di sistemi di arieggiamento della massa in modo accelerare il processo di ossidazione dei composti azotati, allora dove venivano stoccate queste acque nel complesso di Giza????????????

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Si avete visto bene è proprio nella vasca che circonda la sfinge che gli antichi egizi stoccavano le acque azotate provenienti dalla fermentazione anaerobica per la produzione di biogas in attesa di un loro possibile riutilizzo e rimettere nel ciclo biologico l’energia contenuta nei suoi composti.
Anche in questo caso sono due i fatti che ci portano a questa conclusione:

1 – La sfinge si trova ad una altezza inferiore al tempio e è ad esso collegato tramite un condotto che ne permette il deflusso dei liquidi.

2 – L’erosione orizzontale e verticale della roccia calcarea dovuta ai composi azotati di cui sono ricchi i liquami.
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Bene!
Sappiamo che gli egizi conoscevano il processo della fermentazione anaerobica della biomassa per la produzione di biogas come fonte energetica, ma ciò non è sufficiente a spiegare l’enorme impiego di energia per la costruzione di impianti grandi come le piramidi.
Secondo la formuletta della redditività energetica: Re= ((Ep-Eu)/S)/T.
Cioè la convenienza di ogni processo produttivo è data dalla differenza dell’energia prodotta (Ep) meno l’energia utilizzata (Eu) in un determinato spazio (S) in un intervallo di tempo (T).
Per la costruzione delle piramidi è stata utilizzata una enorme quantità di energia (Eu) che per essere prodotta dalla fermentazione della biomassa (Ep) avrebbe avuto bisogno di moltissimi anni (T).
Il limite risiede nella qualità energetica intrinseca del biogas contenente il 60% di metano con una quantità di energia, generata dalla combustione, di circa 802 kJ/mol e dallo spazio (metri cubi) necessari allo stoccaggio.
Soprattutto il tempo di costruzione non è compatibile con il modesto contenuto energetico del metano perché se l’energia è la capacita di compiere un lavoro per un determinato tempo ( E = L x T) il lavoro compiuto sarà uguale alla quantità di energia liberata in un intervallo di tempo (L = E / T).
L’enorme lavoro necessario alla costruzione della piramide di cheope nell’intervallo di tempo di 20 -30 anni necessita di una quatità di energia disponibile in tempo brevissimo non giustificabile con l’impiego di biogas e tantomeno con l’energia muscolare di migliaia di operai.
Allora se non c’era la convenienza energetica alla costruzione di impianti così monumentali a cosa serviva la produzione di biogas?
Nella piramide di Cheope la stanza più in alto è la cosiddetta “camera del re” costruita con lastre di granito rosso dove si trova un sarcofago dello stesso materiale e proprio qui avviene la concentrazione di energia dalla trasformazione del biogas in un composto molto più ricco energeticamente attraverso una nuova e rivoluzionaria biotecnologia.
Il tempio di Dendera copre un’area di circa 40.000 m² ed è interamente circondato da un muro di mattoni a secco. Le più antiche strutture potrebbero risalire al regno di Pepi I ( circa 2250 a.C. mentre sono evidenti i resti di un tempio eretto durante la XVIII dinastia.
Tra i molti bassorilievi che decorano il tempio due hanno attirato l’attenzione in modo particolare, essi provengono dalle decorazioni della cripta del tempio. Si tratta di rappresentazioni simboliche del fiore di loto associato con l’immagine del serpente, tradizionalmente legato ai miti egizi della creazione.

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Nel 1894 Joseph Norman Lockyer affermò che si trattasse di rappresentazioni di lampade elettriche ad incandescenza simili ai tubi di Crookes e che questo documentasse le conoscenze degli antichi egizi sull’elettricità.
L’ingegnere svedese Henry Kjellson, nel suo libro “Forvunen Teknik” (tecnologia scomparsa) fece notare che nei geroglifici quei serpenti sono descritti come “seref”, che significa illuminare, e ritiene che si riferisca a qualche forma di corrente elettrica. Nella scena, all’estrema destra, appare una scatola sulla quale siede un’immagine del Dio egiziano Atum-Ra, che identifica la scatola quale fonte di energia.
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Attaccato alla scatola c’è un cavo intrecciato che l’ingegner Alfred D. Bielek identifica come una copia esatta delle illustrazioni odierne che rappresentano un fascio di fili elettrici. I cavi partono dalla scatola e corrono su tutto il pavimento, arrivando alle basi degli oggetti tubolari, ciascuno dei quali poggia su un sostegno chiamato “djed” (lo Zed) che Bielek identificò con un isolatore ad alto voltaggio.
Benché nessuna altra scoperta abbia in seguito confermato tale ipotesi le lampade sono spesso inserite nelle liste di reperti archeologici, o presunti tali, di cui non è possibile fornire una spiegazione soddisfacente.
Ma il quesito che sorge spontaneo è se usavano l’elettricità per le lampade come riuscivano a produrla?
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All’interno del tempio troviamo un altro enigmatico bassorilievo che rappresenta uno strano apparecchio che potrebbe rappresentare un originale modello di pila a combustione.
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Dal contenitore a sinistra escono gli ultimi due cordoni collegati alle prime due porte di ingresso all’apparecchio rappresentato da 7 decorazioni a semicerchio (due uguali raffiguranti un fiore con 8 petali). Alla destra del semicerchio i due poli, con alla sommità le porte di uscita e i rispettivi cordoni che tornano al contenitore, sono contenuti in una imbarcazione stilizzata con al centro una sfera con inciso una saetta simbolo dell’elettricità.
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Una pila a combustibile (detta anche cella a combustibile dal nome inglese fuel cell) è un dispositivo elettrochimico che permette di ottenere elettricità direttamente da certe sostanze, tipicamente da idrogeno ed ossigeno, senza che avvenga alcun processo di combustione termica.
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I cordoni che tornano al contenitore rappresentano la ciclicità del processo, cioè la scissione della molecola di acqua attraverso l’elettrolisi con la formazione del gas di Brown (ossidrogeno).
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Questo gas sfrutta gli atomi e non le molecole e la fiamma che ne scaturisce riesce a vaporizzare le sostanze che si pongono davanti ad essa perché interagisce con la sostanza dell’oggetto che sta trattando. Pur sviluppando un calore di 130°C, il gas riesce a vaporizzare il tungsteno che si scioglie a circa 6.000°C, non emette radiazioni nocive e la sua fiamma può essere guardata senza maschere protettive; è inodore e non nuoce se inalato, non esaurisce l’ossigeno vicino alla fiamma perché proprio da questo deriva.
Esperti di metallurgia, analizzando alcuni attrezzi egizi, hanno stabilito che in Egitto era in uso un processo di riscaldamento del metallo ad alte temperature che lo portavano alla evaporazione e alla successiva condensazione in polvere; tale procedimento è noto come “metallurgia ceramica” oppure “metallurgia delle polveri”.
Ma come veniva prodotta questa miscela di idrogeno e ossigeno in un processo energeticamente vantaggioso (Re= ((Ep-Eu)/S)/T)?
Dal tempio di Dendera dobbiamo tornare alla piramide di Cheope e precisamente nella “ Camera del Re” dove, attraverso una sofisticata biotecnologia, il biogas veniva trasformato in idrogeno e anidride carbonica.
Pur non avendo a disposizione il microscopio gli egiziani erano a conoscenza di un gruppo di batteri chiamati Archaebacteria caratterizzati dalla possibilità di adattarsi alle condizioni più estreme di vita.
In particolare di trarre l’energia dall’ossidazione del metano e trasformare l’anidride carbonica per la formazione dei propri costituenti biologici. Alcune di queste specie sono stati recentemente isolati nei fondali marini ricchi di biogas prodotto dalla fermentazione anaerobica della sostanza organica.
Ma come fanno questi batteri ad ossidare il metano sott’acqua in assenza di ossigeno?
Semplicissimo, come tutti i batteri, ricorrendo ad un particolare enzima capace di scindere la molecola d’acqua in ossigeno da utilizzare per l’ossidazione del metano e l’idrogeno per ridurre l’anidride carbonica in prodotti più complessi.

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Molti gruppi di batteri hanno la caratterisitica di produrre idrogeno attraverso l’azione enzimatica che compie la rottura dei legami idrogeno di numerosi composti organici, ma l’originalità di questa specie risiede nella idrolisi della molecola d’acqua e la produzione di una miscela di ossidrogeno.
Ma dove gli antichi egizi avevano isolato questo batterio, non certo sotto i fondali marini?
La conoscenza apparteneva ai sacerdoti, la religione si fondeva con la scienza, mentre oggi viviamo una netta separazione tra religione e scienza e ciò forse ci impedisce di comprendere il vero significato dei documenti che ci hanno lasciato alcune civiltà antiche.
Il 4 novembre 1922 avvenne, nella Valle dei Re in Egitto, una sorprendente ed eccezionale scoperta che coronava gli sforzi di un egittologo, l’inglese Howard Carter , (Kensington, 1873 -Londra 1939).
Si trattava dell’ingresso murato della tomba di un Faraone della XVIII Dinastia, Tutankhamon (morto diciottenne nel suo nono anno di regno, circa 1318 anni prima di Cristo), l’unica tomba di Tebe (l’attuale Luxor) ritrovata intatta con il suo corredo funerario, ad eccezione di limitati danni apportati dall’incursione di alcuni saccheggiatori che, disturbati, non riuscirono a completare il loro lavoro.
Alcuni anni fa, un ricercatore di Milano, Giancarlo Negro , visitando il museo del Cairo, avanzò l’ipotesi che lo scarabeo stercorario (Scarabaeus sacer) , simbolo della rinascita solare (che gli Egizi chiamavano Kheper o Kapri) incastonato al centro di un pettorale di Tutankhamon, non fosse di “calcedonio” (come si riteneva), ma fosse stato intagliato in un materiale più raro e prezioso: il “Silica Glass”.

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Questo rarissimo e purissimo vetro naturale, composto al 98% di silicio puro, dai colori varianti dal bianco, al verde-giallo, al verde-azzurro, è il prodotto della fusione ad altissime temperature del quarzo contenuto nella sabbia fino all’ebollizione con successivo lento raffreddamento.
Lo Scarabeus sacer è probabilmente la specie più nota di stercorario; questo insetto era venerato nell’Antico Egitto, e sue rappresentazioni pittoriche o in altre forme costituiscono un elemento tipico e ben noto dell’arte egizia. Lo scarabeo era infatti collegato a Khepri, il dio del Sole nascente, che si supponeva creasse il Sole ogni giorno in modo analogo a quello con cui lo scarabeo crea la pallottola di sterco.
L’espressione scarabeo stercorario, attribuito allo Scarabeus sacer, si riferisce a diverse specie di scarabei che si nutrono di feci e che raccolgono il loro nutrimento (per conservarlo o per deporvi le uova) facendone caratteristiche pallottole e facendole rotolare sul suolo. Questo genere di comportamento viene esibito da diverse specie delle famiglie Scarabaeidae e Geotrupidae.
Una caratteristica di alcune famiglie di Coleotteri è di vivere in simbiosi con specie di batteri e funghi da cui traggono vantaggi dalle modifiche apportate all’ambiente in cui l’insetto compie il suo ciclo vitale.
Negli scolitidi (Coleoptera Scolytidae) le femmine scavano in profondità nel legno lunghe gallerie che si ramificano o dilatano a formare vere e proprie camere entro le quali verranno deposte le uova. Le larve non si cibano direttamente del legno, nutrimento assai povero, ma di funghi simbionti introdotti nell’albero ospite dalla madre. All’interno del legno vi sono infatti le ottimali condizioni di tenebra, temperatura e umidità per lo sviluppo dei funghi che tappezzano le pareti delle gallerie degli scolitidi. In questo modo, nutrendosi del micelio fungino presente, oltre a completare la maturazione delle gonadi, s’imbrattano delle spore che poi trasporteranno in un nuovo albero ospite.
Lo scarabeo stercoraro depone le uova all’interno di palle di sterco fresco prodotto da numerosi erbivori che vengono interrate accuratamente come nutrimento alle future larve, ma il contatto con il terreno li espone alla contaminazione di funghi e batteri indesiderati compromettendo la vita delle larve. Allora lo stercoraro costruisce accuratamente la palla di sterco irrorandola continuamente con un particolare enzima prodotto da batteri simbionti presenti nelle ghiandole anali. La caratteristica di questo enzima è di disidratare fortemente lo sterco in modo da renderlo inattaccabile da contaminazioni microbiche e garantire la sua stabilità nel terreno fino allo sviluppo della larva.
Avete proprio capito bene si tratta di un enzima capace di scindere l’acqua in idrogeno e ossigeno, gas volatili che si disperdono nell’aria.
La propagazione del batterio avviene attraverso la produzione di spore e contaminazione della palla di sterco nutrimento per le giovani larve garantendo la colonizzazione dell’apparato digerente del nuovo insetto.
Per questa sua particolare caratteristica lo scarabeo era usato dagli antichi egizi nel processo di mummificazione che richiede una profonda e drastica disidratazione dei tessuti per permettere la loro conservazione nei secoli.
La piramide di Cheope fu costruita per ricreare le condizioni fisiche (temperatura e pressione) necessarie allo sviluppo di questo particolare microrganismo nutrito con il biogas della fermentazione anaerobica della biomassa per la produzione di idrogeno utilizzato per generare corrente elettrica e calore in un sistema biologicamente ed energeticamente compatibile con lo sviluppo di una splendida civiltà, senza la necessità di dover occupare e sfruttare nuovi territori e popolazioni.
Armati delle conoscenze scientifiche oggi acquisite, proviamo a vedere come funzionava l’impianto biotecnologico della piramide di Cheope.
L’elettrolisi è un processo che trasforma energia elettrica in energia chimica, inverso a quello della pila. Con la pila infatti si sfrutta una reazione chimica per produrre energia elettrica, con l’elettrolisi invece si usa l’energia elettrica per far decorrere una reazione chimica che non avverrebbe spontaneamente.
Il suo nome deriva dal greco e significa “rompere con l’elettricità”, dato che nella maggior parte dei casi sottoporre ad elettrolisi una sostanza significa scomporla nei suoi elementi costitutivi.
Per applicazione di una corrente elettrica continua, subiscono elettrolisi tutte quelle sostanze che, in soluzione o fuse, si scompongono in ioni, ossia gli acidi, le basi ed i sali, nonché l’acqua stessa.
L’elettrolisi dell’acqua produce ossigeno e idrogeno gassosi che a loro volta possono essere utilizzati nella cella a combustibile per produrre energia elettrica.
Una cella a combustibile (dal nome inglese fuel cell) è un dispositivo elettochimico che permette di ottenere elettricità direttamente da certe sostanze, tipicamente da idrogeno ed ossigeni, senza che avvenga alcun processo di combustione termica.
Fu scoperta per caso nel 1839 da William Grove, un curioso avvocato del Galles con l’hobby della chimica. Durante un esperimento di elettrolisi, procedimento attraverso il quale si può separare idrogeno e ossigeno dall’acqua, si accorse che, nel momento in cui le batterie che alimentavano le celle elettrolitiche venivano escluse, il processo riprendeva al contrario; cioè l’idrogeno e l’ossigeno si riunivano generando elettricità.
La comunità scientifica pur interessata inizialmente preferì optare per la dinamo, scoperta poco tempo dopo da Werner Siemens, come generatore di energia elettrica.
Passarono 120 anni prima che la NASA adottasse le “fuell cells” per il progetto Apollo e ire dagli anni ’60 le pile a combustibile sono state utilizzate per tutte le missioni spaziali sia Apollo, sia Shuttle.
L’interesse per un possibile sviluppo di un’economia a idrogeno ha accelerato lo sviluppo di metodi meno costosi per la sua produzione su vasta scala.
Oltre l’elettrolisi, l’idrogeno può essere estratto dall’acqua per termolisi utilizzando calore che comunemente viene attuata dagli idrocarburi e dai combustibili fossili attraverso processi chimici.
La produzione su vasta scala dell’idrogeno avviene solitamente mediante lo steam reforming del gas naturale (metano). Ad alte temperature (700–1100 °C), il vapore (H2O) reagisce con il metano (CH4) per produrre syngas (miscela di gas, essenzialmente monossido di carbonio CO e idrogeno H2 ) con un’efficienza approssimativa dell’80%.
CH4 + H2O #8594; CO + 3H2 – 191,7 kJ/mol
Il calore richiesto per attivare la reazione è generalmente fornito bruciando parte del metano.
Anche alcuni processi biochimici permettono la produzione di idrogeno attraverso l’azione enzimatica con notevole risparmio energetico, ma ancora in fase di sperimentazioni per aumentarne l’efficienza:

WATER GAS SHIFT
Alcuni batteri fotoeterotrofi, appartenenti alla famiglia delle rodospirillacee e in particolare il Rubrivivax gelatinosus , possono crescere al buio, usando CO come sola fonte di carbonio, per generare ATP, idrogeno e CO mediante una reazione di via “water gas shift”.

BIOFOTOLISI DELL’ACQUA
La generazione di idrogeno ad opera di batteri fermentativi era già nota a partire dal 1930, i primi studi scientifici per la sua produzione sono iniziati nel 1942 con l’impiego di microalghe e nel 1949 con fatteri fotosintetici.
Oggi sappiamo che alcune alghe e batteri, in particolare microalghe e cyanobatteri sono in grado di produrre idrogeno sotto specifiche condizioni. I pigmenti delle alghe assorbono l’energia solare e gli enzimi nella cellula agiscono da catalizzatori per scindere l’acqua nei suoi componenti di idrogeno e ossigeno.

PHOTOFERMENTATION
Alcuni batteri fotosintetici, i “purple-non sulfur” , (Rhodobacter spheroides) sono considerati produttori molto efficaci di idrogeno. L’apparato fotosintetico di questo tipo di batteri, in condizioni anaerobiche, è in grado di utilizzare acidi organici (lattico, butirrico) o alcoli come donatori di elettroni, per la produzione di H2.

BATTERI NON FOTOTROPICI
La produzione di idrogeno con fermentazione al buio avviene mediante l’ausili di batteri non fototropici, anaerobi o facoltativi capaci di trasformare i carboidrati e le proteine del substrato in gas di idrogeno:
Enteroccoccus durans;
Enterobacter cloacae vive nelle acque, suoli, piante, liquami, feci umane e animali.
Enterobacter aerogenes viva nello stesso ambiente.
Bacillus licheniformis
Clostridium butyricum vive sedimenti marini, formaggi, rumine di vitelli, feci, veleno di serpenti.
Clostridium tyrobutyricum vive nel suolo, formaggio, feci bovine e umane.
Clostridium pasteurianum
Lactobacillus casei vive nel latte, formaggio, letame, foraggio in silos, intestino umano.
Se è vera la massima “la verità sta sempre nel mezzo”, la combinazione tra i principi dell’elettrolisi e l’azione enzimatica dei microrganismi ha prodotto la geniale cella a combustibile microbica (MFC) di un gruppo di ricercatori della Penn State guidata dal dottor Bruce Logan.
L’amido della biomassa viene trasformato, attraverso una fermentazione anaerobica, in acido acetico, necessario al metabolismo dei batteri all’interno della cella.
I batteri inseriti nella camera dell’ anodo, priva di ossigeno, utilizzano l’acido acetico come fonte energetica per il loro metabolismo catalizzando la sua ossidazione.
CH3COOH + 2H2O #8594; 2CO2 + 8H+ + e-
Aggiungendo una piccola quantità di tensione (0,25 V) a quella prodotta dai batteri e non usando l’ossigeno al catodo abbiamo una cella elettrolitica per produrre idrogeno.
Ma tutto questo cosa c’entra con la piramide di cheope?
La parola stessa piramide deriva dal greco e la si può tradurre come fuoco (pyr) nel mezzo. cioè l’energia concentrata al centro rappresentato dalla cosiddetta camera sepolcrale del re (5,20 x 10,40 m, alta 5,85 m), in granito di Assuan con un sarcofago vuoto e privo di coperchio. Il soffitto della stanza è formato da nove blocchi di granito dal peso di circa 400 t ed è protetto da un dispositivo costituito di cinque compartimenti disposti uno sopra l’altro (camere di scarico) e separati ognuno da blocchi piatti di granito, l’ultimo dei quali coperto da blocchi di calcare disposti “a contrasto” allo scopo di ripartire le forze di pressione della massa. L’aerazione della camera è assicurata da due prese d’aria, i condotti nord e sud.

http://geoponica.myblog.it/media/00/01/1720643739.jpeg
Questo schema rappresenta molto semplicemente la cella elettrolitica microbiologica del faraone Cheope. Il funzionamento è uguale alla cella elettrolitica microbiologica della Penn State con la differenza del metano al posto dell’acido acetico e l’impiego di archeobatteri per la produzione di enzimi.
La formula della reazione catalizzata dagli enzimi microbiologici è la seguente:
CH4 + 2H20 #8594; CO2 + 8H+ + 8e-
Il metano viene ossidato utilizzando l’ossigeno contenuto nell’acqua, gli elettrodi, anodo e catodo allontanano i metaboliti: la CO2 esce nel condotto dell’anodo dove migrano gli elettroni e l’ H2 passa attraverso il catodo, condotto nord. La differenza di potenziale tra i due elettrodi vene garantita sfruttando la polarità terrestre (orientamento dei condotti nord-sud) e dalla cuspide piramidale monolitica d’oro (pyramidion ) che collega l’anodo al catodo.
Sappiamo che l’ossidazione del metano sviluppa energia sotto forma di calore che aumenta la temperatura dell’acqua compromettendo la sopravvivenza degli archeobatteri, ma la struttura (zed) formata da lastre di granito e camere d’aria sopra la camera del re permetteva il raffreddamento della soluzione con la dispersione del calore nella massa della piramide.
Misteri d'Egitto - Pagina 6 Egi4
sacerdoti egizi annualmente celebravano la cerimonia all’interno della piramide e il sarcofago della camera del re veniva riempito con le palline di sterco e interrate con il limo del Nilo. La camera del re veniva completamente allagata di acqua e iniettata di biogas prodotto dalla fermentazione anaerobica delle canne palustri del Nilo.
Lo scarabeo sacro veniva adorato con il nome di Khepri che permetteva la fuoriuscita di Ra (Dio Sole) dalla Duat (oltretomba) rinnovando la rinascita di Nut (dea del cielo).
Misteri d'Egitto - Pagina 6 Egi5
La figura distesa indossa un vestito con motivi che rappresentano il pennacchio della canna del Nilo, utilizzata per produrre la biomassa necessaria alla produzione di biogas. La figura centrale, con il cerchio solare sulla testa, poggia su una vasca affiancata dallo zed, le braccia aperte simulano i condotti di aerazione della piramide e penetrano due ankh (simbolo di energia), le mani ne sorreggono altri due orientati verso i poli. Il tutto racchiuso all’interno di una figura femminile molto leggera e ricoperta di stelle, rappresentazione dell’idrogeno prodotto dal processo. Le due imbarcazioni laterali indicano il percorso seguito dal fiume al mare aperto che per il Nilo corrisponde al Sud e Nord.
Ritornando al quotidiano, quale utilità possiamo ottenere coniugando le conoscenze odierne con l’esperienza del passato?
Ecco uno schema semplificato della tecnologia che potrà rivoluzionare il nostro approvvigionamento energetico e di conseguenza il modo di vivere e lavorare.
Misteri d'Egitto - Pagina 6 1100494895
Si tratta di una cella a combustione e elettrolitica microbiologica. In poche parole il suo funzionamento può avvenire secondo lo schema A come cella a combustione per produrre elettricità, oppure schema B come cella elettrolitica per la produzione di idrogeno.
La signora Maria, installato l’impianto nella sua abitazione, potrà produrre energia elettrica per le sue esigenze domestiche e immettere in rete quella prodotta in eccesso nelle ore di minor consumo, semplicemente utilizzando la sua fornitura di gas metano e aggiungendo all’impianto il prodotto a base di enzimi prodotto dalla ditta Pincoenzim.
Non solo potrà anche fare il pieno della sua utilitaria ad idrogeno agendo sull’apposita manopola che converte l’impianto a cella elettrolitica utilizzando un po’ dell’energia della rete elettrica.
La nostra signora Maria diventerà cliente e fornitore del gestore di energia elettrica che assicurerà il fabbisogno energetico alle attività produttive della zona. Per esempio il nostro amico benzinaio potrà farsi il carburante da solo con un semplice allaccio alla rete elettrica e alla condotta di metano.
Ma tutto questo metano dove lo andiamo a prendere????
Semplice, dal nostro amico agricoltore che finalmente potrà reinserire nella rotazione colturale dei propri terreni, il prato poliennale. La biomassa non destinata a consumo alimentare verrà trasformata dal biodigestore in metano e prodotti fertilizzanti da distribuire sul terreno ripristinando la fertilità naturale del suolo.
Ma non è finita qui, potrà anche accedere ai famosi “crediti di CO2” creandosi la propria tredicesima da spendere a Natale.
Il prato polifita permetterà il recupero della sostanza organica persa negli ultimi 50 anni, stimata intorno al 1,5% in media che corrisponde a 280 quintali per ettaro. Questo enorme quantitativo di biomassa ha liberato nell’atmosfera 506.000 metri cubi di metano e 253.000 metri cubi di CO2 per ettaro.
Allora i 7.980.000 ettari italiani di seminativi in 50 anni di moderna agricoltura hanno contribuito alla produzione di gas serra per 4.039.875.000.000 metri cubi di metano e 2.019.937.500.000 di CO2.
“Chi controlla il presente controlla il passato e chi controlla il passato controlla il futuro”.George Orwell
In origine, neIl’ Antico regno, i visceri estratti dal corpo del defunto venivano riposti in una cassetta a 4 scomparti solo con il Medio Regno, e segnatamente con la XII dinastia, viene introdotto l’uso di veri e propri vasi canopici, con coperchio a forma di testa umana, contenuti in una cassetta a scomparti protetta da 4 dei (Iside, Nephtys, Neith e Selkis) che rappresentano le teste dei quattro figli di Horo che avranno un posto di rilievo anche nella cerimonia della psicostasia.

Misteri d'Egitto - Pagina 6 1557692963
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Messaggio Da Arconte Segugio Gio 1 Mar - 8:34:46

Una teoria molto affascinante. Sicuramente le loro conoscenze battono le noste, che sono dedite solo all'egoistico guadagno e non ad un antico equilibrio con la terra.
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Messaggio Da Alaudae Gio 1 Mar - 8:54:35

"Se le piramidi non erano monumenti funerari allora potevano essere dei biodigestori dove opportune temperature e pressioni permettevano un conveniente stoccaggio del biogas"

non dimentichiamo, come sembra aver fatto il nostro agronomo, che sono state scoperte e si continuano a scoprire piramidi a tutte le latitudini dove le "opportune temperature e pressioni" non sussistono. continuo nella lettura dell'articolo...
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Messaggio Da Blaksturg Gio 1 Mar - 16:17:01

Il fatto che potevano essere celle a combustione può spiegare i fasci di energia sprigionati da alcune piramidi. Questo articolo è molto lungo ma la parte più interessante è quella finale dove si paragona la piramide ad un organismo umano, e il paragone ci stà tutto se vedete i vari esempi riportati. Ci sarebbe bisogno del parere di qualche esperto in biologia per avere conferma del tutto.
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Messaggio Da Marek Gio 1 Mar - 20:02:55

Ho letto tutto ,,,,Complimenti molto interessante!!!
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Messaggio Da Marek Gio 1 Mar - 20:11:34

Praticamente energia GRATIS per tutti ,purtroppo io sono abbastanza negato per la chimica ,,,,ma il sistema del metano + enzimi andrebbe sperimentato a dovere.....altro che petrolio
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in corso Luce ed energia fuoriescono dalle Piramidi

Messaggio Da Alaudae Gio 1 Mar - 21:09:11

Misteri d'Egitto - Pagina 6 Bosnian-pyr-energy-beam

"QUASI TUTTE LE PIRAMIDI, COMPRESE QUELLE MESSICANE, EMETTONO MISTERIOSI FASCI DI ENERGIA INVISIBILE ALL'OCCHIO UMANO.."

La scienza tace e nasconde la verità..

In Bosnia, nei pressi di Sarajevo, esiste un complesso collinare naturale di aspetto piramidale che si suppone siano di costruzione umana risalenti addirittura a 12.000 anni fa. Le piramidi bosniache rappresentano un complesso del quale fanno parte cinque strutture principali, conosciute come la Piramide del Sole, della Luna, della Terra, del Dragone e dell’Amore. Sembra che un gruppo di fisici ha scoperto di recente che la Piramide bosniaca del Sole emetta fasci di energia misteriosa ad una frequenza di 28 kilohertz, secondo quanto riportato da alcuni media a gennaio.

Questo fenomeno è contrario a tutte le leggi conosciute della fisica. Sembra che i costruttori delle piramidi abbiano creato una macchina del moto perpetuo, e la “macchina energetica” è ancora in esecuzione. Nel labirinto sotterraneo sono stati trovati un piccolo lago blu ed una vasta rete di tunnel che collega tutte le piramidi. Il livello di ionizzazione è 43 volte superiore alla media, che rende queste camere sotterranee delle “camere di guarigione”. Analisi elettromagnetica nel 2011 ha confermato che una luce negativa nel tunnel è pari a zero. Non è stata trovata alcuna radiazione da oggetti tecnici, come ad esempio da linee elettriche.

Misteri d'Egitto - Pagina 6 Energy-beam-Pyramid-of-the-Moon-in-Teotihuacan
Un raggio di energia fuoriesce dalla punta della Piramide della Luna nella città degli Dei a Teotihuacan

Un caso simile si è verificato nel 2009, quando è stato catturato un fascio di luce in una foto sopra la piramide di Chichen Itza nella penisola dello Yucatan in Messico. I fotografi non hanno visto la luce, in quanto si manifesta solo nelle fotografie, e nel video sotto si può notare che non c’è manipolazione dei dati. Molti ricercatori messicani sono convinti che le Piramidi che si trovano in tutto il Mondo, possano emettere fasci di energia che a loro volta possono servire come elemento comunicativo con il Centro Galattico. Insomma le Piramidi sono una sorta di catalizzatore o amplificatore energetico nel quale viene trasferita tutta l'informazione dello stato di salute del pianeta? Ci sono molte cose che la scienza non sa spiegare e per questo motivo mette tutto a tacere. Rammentiamo il caso del dottor Ala Shaheen direttore del Dipartimento di Archeologia dell'Università de Il Cairo, che dichiarò in un discorso pubblico tenutosi nel corso di una conferenza sull'antica architettura egiziana, che le piramidi della Piana di Giza sarebbero state costruite grazie all'aiuto dell'avanzata tecnologia extraterrestre; o meglio, ha affermato che ci potrebbe essere della verità sulla teoria che gli alieni avrebbero aiutato gli antichi egizi a costruire le tre piramidi, di cui tra l'altro, ancora ad oggi la loro costruzione è avvolta nel mistero.

Interrogato da un delegato polacco, Marek Novak, sulla possibilità che le piramidi possano ancora contenere tecnologia aliena, il dr. Shaheen ha risposto: «Non posso confermare, nè smentire; ma c'è qualcosa nelle piramidi che non appartiene a questo mondo». I delegati presenti alla conferenza sarebbero rimasti scioccati da queste dichiarazioni ma il dr. Shaheen non ha voluto però rilasciare ulteriori approfondimenti e commenti a riguardo. Altro caso, di un misterioso fascio di energia, è stato fotografato sulla Piramide della Luna nella città degli Dei aTeotihuacan (Messico). La foto è stata scattata per caso e quando il fotografo ha rivisto la serie di fotografie, si è accorto della presenza di un misterioso fascio di energia che fuoriusciva dalla punta della Piramide della Luna.



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Messaggio Da Alaudae Lun 26 Mar - 13:39:06



assolutamente magnifico, con le stesse voci hanno spostato pietre pesanti tonnellate, ne sono convinto.

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in corso Re: Misteri d'Egitto

Messaggio Da Christian Lun 26 Mar - 15:35:15

Potrebbero essere i fari per guidare fino alla Terra i nostri "antichi" visitatori senza sbaglio di rotta... Oppure invia un messaggio... Chissà!
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in corso Re: Misteri d'Egitto

Messaggio Da cristian Lun 26 Mar - 17:13:12

Alaudae ha scritto:

assolutamente magnifico, con le stesse voci hanno spostato pietre pesanti tonnellate, ne sono convinto.

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cos'e' di preciso? la cosa che si sposta che materiale e'? su che superficie sta? e quell'aggeggio cos'e'? funzionerebbe anche senza? Misteri d'Egitto - Pagina 6 193857
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in corso Re: Misteri d'Egitto

Messaggio Da Alaudae Lun 26 Mar - 20:15:46

Cymatics is the study of the effects of sound vibrations on physical matter. When I was introduced to the pioneering work of Dr. Hans Jenny in 1977, it provided the visual evidence that proved the physical power of sound and music. This study has always been a featured part of my lectures and workshops. Now, with 'sound made visible,' it was possible to demonstrate astonishing effects on solids, liquids and gases.

John Stuart Reid and Erik Larson improved upon Dr Jenny's tonoscope with their new CymaScope (TM) When we met at a Cymatics Therapy Conference, John offered to see what images the recording I made in 1981 while I chanted Inside the Great Pyramid would produce.

As you will see, and hear, the results were simply amazing. Note: I filmed the events on my hand-held digital video camera. The sound quality was not nearly as good as the CD, so we overdubbed as much of the pure CD sound as possible in post-production.

I highly recommend visiting John and Erik's website www.sonic-age.com as well as www.cymaticsource.com for the actual DVDs and books by Dr. Hans Jenny.

To experience the majestic power of the King's Chamber acoustics and subtle energy fields, the highest quality sound is available on my CD, INITIATION. A special bonus is the 'silent meditation' that truly holds powerful quantum field energy. This CD is available from www.innerpeacemusic.com

queste le note su youtube, naturalmente sono in inglese..
video registrato all'interno della Grande Piramide, fattore essenziale??

https://www.youtube.com/watch?v=Yw13EAX3cZk
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in corso Re: Misteri d'Egitto

Messaggio Da Christian Mar 27 Mar - 11:22:00

L'unico problema è che avrebbero dovuto avere un qualcosa che facesse così tanto rumore da essere sentito da veramente molto lontano per spostare le pietre per le piramidi tramite quel metodo...
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in corso Re: Misteri d'Egitto

Messaggio Da Alaudae Mar 27 Mar - 12:53:59

Christian ha scritto:L'unico problema è che avrebbero dovuto avere un qualcosa che facesse così tanto rumore da essere sentito da veramente molto lontano per spostare le pietre per le piramidi tramite quel metodo...

perchè lontano? forse basta un input: "svegliare" le pietre ed accompagnarle gentilmente alla destinazione, a quanto pare sono le frequenze a lavorare e non il volume

leggiti questo interessantissimo articolo (ti è sfuggito, eh?)
http://www.misteri2012.net/t3757-levitazione-delle-pietre-nell-antichita?highlight=spostare+massi+pietre
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Messaggio Da Christian Mar 27 Mar - 15:26:27

SI... sfuggito mi era XD Comunque quello che facevano prima normalmente, adesso si devono utilizzare le macchina... Questo per dire la fatiscenza dell'"Evoluzione" dell'uomo... Se continua così, riusciremo ancora a pensare? O.o (per quelli che lo fanno ancora, si intende)
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Messaggio Da Blaksturg Mar 27 Mar - 17:02:06

Io è un po' che penso al suono (e frequenze) come ad una 4° dimensione. Non prendetemi per pazzo!!!
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Messaggio Da Alaudae Mar 27 Mar - 17:03:34

Christian ha scritto:SI... sfuggito mi era XD Comunque quello che facevano prima normalmente, adesso si devono utilizzare le macchina... Questo per dire la fatiscenza dell'"Evoluzione" dell'uomo... Se continua così, riusciremo ancora a pensare? O.o (per quelli che lo fanno ancora, si intende)

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Messaggio Da Alaudae Mar 27 Mar - 17:11:50

Blaksturg ha scritto:Io è un po' che penso al suono (e frequenze) come ad una 4° dimensione. Non prendetemi per pazzo!!!

assolutamente no, dai una occhiata anche tu al sito che ho dato a Christian
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in corso Re: Misteri d'Egitto

Messaggio Da Arconte Segugio Ven 30 Mar - 7:31:25

Blaksturg ha scritto:Io è un po' che penso al suono (e frequenze) come ad una 4° dimensione. Non prendetemi per pazzo!!!

Non credo tu sia afflitto da nessuna pazzia per questo tuo libero pensiero, anche io penso che le vibrazioni sonore possano aprire porte per diverse dimensioni che hanno una vibrazione differente. Come per noi umani è impossibile sentire alcuni suoni che invece altri animali possono udire, allo stesso modo penso sia possibile che ci sia qualcosa che noi non riusciamo a percepire.
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in corso Re: Misteri d'Egitto

Messaggio Da Alaudae Ven 30 Mar - 8:38:18

Misteri d'Egitto - Pagina 6 Spettro

basta questo "spectral range" per far capire come noi non percepiamo se non la minima parte della realtà, se così si può chiamare, altro esempio è la materia oscura che occupa, se non ricordo male, circa l'80% dell'universo da noi conosciuto. siamo come gattini appena nati..
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in corso Misteri d'Egitto

Messaggio Da Alaudae Mar 10 Apr - 9:05:33

Egitto: l'incredibile mistero di Serapeum di Saqqara

Misteri d'Egitto - Pagina 6 Serape1g

Quando si dice Egitto si pensa subito alle piramidi e al Nilo, alla Sfinge e Tutankamon, ai tesori e ai misteri della Valle dei re; ma vi sono altri luoghi pervasi di misteri ancora non svelati. Uno di questi è il Serapeum di Saccara riportato alla luce da Auguste Mariette fra il 1850 e il 1852. Il luogo dove venivano sepolti i tori sacri di Apis. Questo era il nome che veniva dato al toro simbolo di fertilità e potenza sessuale e fisica. Il Dio si incarnava nel toro e quindi poteva esistere solo un toro sacro alla volta; quando ne moriva uno si cercava un altro esemplare con le stesse caratteristiche. I tori morti venivano sepolti nel Serapeum con sontuosi funerali.

In Egitto vi erano due Serapeum: uno a Saccara, dove si adorava Apis, e l’altro ad Alessandria, dedicato a Serapis. Serapeum difatti deriva proprio da Serapis.

Mariette scoprì, nel 1850, una galleria ostruita da una roccia calcarea che fu fatta saltare.
Nel 1852 gli scavi riportarono alla luce una seconda galleria sotto la prima molto più antica ove furono trovate le bare di legno dei Tori. Fu rinvenuto intatto il sepolcro di Apis XIV, datato nel quarantaquattresimo anno di Ramesses II.


In totale la spedizione di Mariette trovò 24 sarcofaghi risultati tutti saccheggiati e lasciati aperti; la mummia del principe Khaemwese figlio di Ramesses II, che era stato incaricato di costruire alcune volte del sotterraneo e che scelse di essere sepolto con i tori sacri. Fu rinvenuta anche la statua dello scriba seduto, considerata fra le più grandi sculture mai ritrovate, e la statua del dio nano Bes.


Nel 1952 furono scoperte altre sepolture più piccole che coprivano il periodo fra la 18a e la 19a dinastia. Due bare risultarono intatte, quelle di Apis VII e di Apis IX.

Il Serapeum è una tomba sotterranea, ingrandita durante il "nuovo regno" sotto la gestione di Ramesses II, che contiene sarcofaghi di granito e di basalto con i resti dei tori Apis. Queste scatole di pietra pesano almeno 65 tonnellate ciascuno e, con il coperchio, raggiungono 100 tonnellate.

Ogni basamento è alto circa 11 piedi, lungo 13, largo 7,5.

Quando Auguste Mariette lo ha scoperto ha registrato 24 sarcofaghi di basalto e granito posizionati ancora nelle cripte scavate a distanza regolare nel calcare.

Misteri d'Egitto - Pagina 6 Serape2g

All’interno delle due gallerie si trovano oggi 21 sarcofaghi megalitici di basalto, lunghi 4 metri, larghi oltre 2 e alti 3,30, del peso di circa 100 tonnellate compreso il coperchio di 27 tonnellate.

Rifiniti con elevata accuratezza, i sarcofaghi presentano superfici perfettamente piane e levigate tanto da potersi specchiare. Gli angoli sono esattamente retti in ogni lato e di conseguenza le pareti interne risultano parallele fra loro. Il coperchio combacia in modo perfetto tanto da produrre una chiusura ermetica e impedire l’accesso dell’aria fra le due superfici.

Un lavoro di questa precisione appare estremamente difficile da realizzare con gli utensili ordinari che la scienza ufficiale assegna alla civiltà egizia. Quindi ci si domanda quali attrezzi siano stati usati e quale metodo di lavorazione sia stato seguito per ottenere tale risultato, in un epoca ove era conosciuto solo il rame.
Per quale motivo si è dovuto estrarre un blocco di granito o di basalto di oltre 100 tonnellate e scavarlo all’interno con una esattezza maniacale e situarlo in un sottosuolo in stretti loculi scavati nel calcare, percorrendo angusti passaggi che non potevano certo ospitare le decine di lavoratori impegnati nel loro trasporto e collocazione.

Christopher Dunn si è rivolto a ditte specializzate nel settore del taglio del granito, ma nessuna possedeva l’apparecchiatura adatta per eseguire un tale lavoro di precisione e ricavare un sarcofago paragonabile a uno di quelli del Serapeum di Saccara. Né tanto meno fornire un coperchio. L’unica cosa che avrebbero potuto produrre era una scatola formata da lastre di granito unite insieme; un lavoro, per giunta, altamente costoso. Note sono le teorie di Dunn che contemplano l’uso di trapani con punte diamantate per riuscire a forare e tagliare il granito, in particolare ricco di quarzo.

Perché si è cercata una simile precisione nell’esecuzione del lavoro in un'epoca dove, secondo le nostre conoscenze, non vi era tale necessità?

La precisione è tipicamente nostra, è una necessità del mondo attuale, affinché tutto riesca a funzionare. È ciò che serve per disciplinare il funzionamento delle cose. Un macchinario funziona se tutte le sue parti sono state costruite e assemblate con assoluta precisione. Quindi la precisione è una prerogativa necessaria per la nostra civiltà. Senza tale precisione le auto smetterebbero di funzionare,. Gli aerei rimarrebbero a terra, gli ascensori non scalerebbero i grattacieli, e così via. Oggi l’informazione viaggia attraverso cavi telefonici, si visualizza sugli schermi dei computer e si materializza nelle voci dei telefoni cellulari. Senza la precisione si avrebbe un totale black-out. Per questo la produciamo anche se il suo costo è elevatissimo.
Nel mondo antico la precisione era necessaria solo durante le guerre. La costruzione di macchine belliche che funzionassero al momento giusto richiedeva un'elevata precisione, altrimenti il costo da pagare era molto più elevato di quello necessario per produrla; era la vita.

Ma quale è stata la necessita di fabbricare 21, e in origine erano 24, sarcofaghi così perfetti?

Difficile anche pensare che artigiani possano aver prodotto superfici finemente lavorate e precise nelle loro misure.

Ecco allora aprirsi un dibattito fra Christopher Dunn, secondo il quale sarebbe stata impiegata una tecnologia avanzata e macchinari andati in seguito perduti in un cataclisma, e Margaret Morris che sposa la teoria del Dr. Joseph Davidovitz e il suo cemento battezzato "Geopolimero" ricavato da una antica formula egizia rinvenuta nell’isola di Seel.

Vi sono oggetti di diorite risalenti al 7000 a.C. che non possono essere stati tagliati o forgiati usando attrezzi primitivi. La quarzite è difficile da perforare usando punte diamantate oppure di carbonio di tungsteno.
Per Margaret Morris non sono stati usati macchinari tecnologici avanzati ma solo il geopolimero modellabile. Tale tipo di calcestruzzo può essere modellato e tagliato con attrezzi primitivi prima del suo indurimento, quindi giustificherebbe molti lavori eseguiti compresi i vasi di diorite. Miscele di cemento venivano messi sui torni da vasaio e con semplici attrezzi e le mani veniva data la forma voluta. Non vi era necessità di possedere complicati macchinari per ottenere la precisione nella fabbricazione di questi reperti.

Per Margaret Morris lo stesso procedimento sarebbe stato usato per ricavare i sarcofaghi del Serapeum.
Per Dunn i contenitori di basalto non possono essere stati creati con gettate di cemento polimerico. Sono stati costruiti nel sottosuolo dal momento che gli agenti atmosferici e l’escursione termica avrebbe certamente influito sulla precisione del lavoro modificando la pietra.

Nelle cave di Asswan esistono pietre di granito e diorite che presentano tagli e fori non spiegabili con l’uso di attrezzi di rame. Vi si può osservare ancora un obelisco, non completamente estratto, di ben 1200 tonnellate, che pone il problema del trasporto e della sua erezione.
Di contro, Margaret Morris indica l’uso del geopolimero per ricavare obelischi; metodo usato anche a Baalbek per il famoso Trilithon.

Il geopolimero risolve i problemi di estrazione, trasporto, taglio, sollevamento. Rende inutili macchinari preposti a tali scopi, ma non spiega tutti i manufatti rinvenuti in Egitto.

Secondo Dunn fare gettate di cemento dentro contenitori di materiale morbido come il legno, può non produrre quella precisione rilevata nella pietra, a causa del peso dei blocchi che provoca una pressione tale da inarcare le pareti del contenitore.

Il dottor Davidovitz ritiene che i blocchi della Grande Piramide siano stati ricavati versando il geopolimero in stampi di legno. I geologi difatti avrebbero trovato tracce delle venature del legno impresse sulla pietra.
L’analisi di un campione di roccia prelevato dal passaggio ascendente della piramide effettuato dal geologo Robert McKinney, ha evidenziato la natura artificiale della pietra: "...abbiamo trovato una roccia sconosciuta che non presenta le proprietà tipiche della pietra sedimentaria e presenta le venature del legno del rivestimento...".

Il geopolimero è l’unica soluzione logica per risolvere i misteri delle piramidi e dei monumenti e indica che i macchinari ipotizzati da Dunn non soddisfano le caratteristiche della costruzione e della giunzione delle pietre. Non si può immaginare la mole di lavoro derivata dalla necessità di accostare perfettamente i blocchi fra di loro, posizionarli nel punto esatto, formare gli incastri con estrema precisione, preparare il terreno ove posizionare la costruzione. Quindi per la signora Morris solo il geopolimero è la risposta logica.

Christopher Dunn dissente su tutto e indica che i manufatti evidenziano l’uso di macchinari per tagliare e forare, non le colate di un qualsiasi tipo di cemento, anche a causa della enorme quantità di quarzo presente nelle pietre.

Margaret Morris controbatte affermando che gli oggetti di granito sono stati ricavati da colate di cemento e non vi è stata la necessità di reinventare la storia. Gli attrezzi di rame erano sufficienti per tagliare il geopolimero nel momento in cui questo era morbido. A suo dire vi sono tracce delle seghe di rame sulle pietre, la tipica traccia di ossidazione.

Inoltre a Saccara vi sono 18 colonne di quarzite alte undici metri in un cortile del tempio di Pepi II. Anche adoperando la tecnologia moderna rimane difficile tagliare la quarzite.

L’egittologia non sa ancora spiegare come gli egizi abbiano prodotto smisurate colonne arrotondate in pietra dura. Il loro diametro non è sempre un cerchio perfetto e la mancanza di tracce di un sostegno per mantenerle in posizione orizzontale, mentre vengono modellate da un eventuale tornio, fa pensare a prodotti artificiali e quindi al cemento. Potrebbero anche aver usato uno stampo costruito con lo stesso cemento per la loro formazione.

Inoltre, il gigantesco macchinario immaginato da Dunn non poteva sparire in seguito ad un cataclisma. Quantomeno si doveva trovare testimonianza di queste stupefacenti macchine nei documenti antichi, nelle scritture, nei bassorilievi, nelle illustrazioni. Su questo la Morris sembra aver ragione perché mancano tali testimonianze.

A tal punto anche noi vorremmo dire la nostra riportando alla memoria la vicenda delle pareti scomparse dal tempio di Hator a Dendera; vicenda documentata da Elebracht, riportata da Peter Krassa e Habeck nel loro libro "la Luce dei Faraoni". Tutti si chiedono se sopra quei bassorilievi occultati vi era la raffigurazione di una moderna tecnologia, ma purtroppo nessuno può fornire una risposta; si può solo rimarcare che nelle pareti rimaste in loco vi sono riprodotte lampade ad incandescenza.

Non sappiamo chi è nel giusto nel formulare ipotesi riguardo alla lavorazione del granito e del basalto, perché solo di ipotesi si tratta; non certamente gli egittologi, che affermano di poter ricavare l’interno dei sarcofaghi colpendo il granito con una sfera di dolerite, una roccia basaltica a grana grossa, di otto pollici, fino a realizzare la forma o la figura desiderata. Forse per il sarcofago grezzo rinvenuto a Menfi, ma non certamente per ottenere le superfici dei sarcofaghi del Serapeum di Saccara, né in quello della camera del Re della Grande Piramide. Una sfera di circa due metri e quaranta non può formare un raggio d’angolo di 2,85 centimetri e di novanta gradi.

fonte:edicolaweb.net

Tratto da: Link
http://andromedawaked.blogspot.it/2012/04/il-mistero-incredibile-del-serapeum-di.html
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in corso LA MAPPATURA TERRESTRE DELLE PIRAMIDI

Messaggio Da Alaudae Gio 24 Mag - 11:44:27

Misteri d'Egitto - Pagina 6 Earth_grid_ley_lines

di Fabio Garuti

Quando per la prima volta in vita mia, in terza elementare, ho sentito parlare delle piramidi in Egitto, mi è stato raccontato, come a tutti noi, che le tre piramidi della piana di Giza, nel Nord dell’Egitto, sono state edificate da tre faraoni circa 4.500 anni fa per fungere da grandiosi sepolcri reali. Data la mia non più giovanissima età, la cosa accadde più di quarant’anni fa, ma fin da allora l’argomento mi è rimasto impresso nella mente; nel corso degli anni, ovviamente da archeologo non professionista, ho maturato sempre più la convinzione che ci fosse qualcosa di sbagliato nel racconto tradizionale riguardante questi colossali edifici. Obiezioni se ne potevano fare tante, come vedremo, ma mancava un argomento decisivo, qualcosa che potesse indurre anche il cosiddetto uomo della strada a pensare che c’è qualcosa di sbagliato in tutta questa storia. Si poteva obiettare che stranamente i tre faraoni avevano deciso di costruire tre piramidi di misura diversa, con la terza, quella del faraone Micerino, molto più piccola delle altre due. Perché? Nessuna delle tre piramidi è stata effettivamente usata come sepolcro reale. Perché? Come erano state edificate e quando? Mistero assoluto e mancanza di qualsivoglia testimonianza certa. Ipotesi tantissime, anche fantasiose, ma certezze nessuna. Unica certezza la pesantezza dei blocchi sollevati ad altezze di quasi cento metri. Ma perché fare tanta fatica, ammesso che siano stati davvero gli Egizi, con mezzi manuali così antichi, senza energia elettrica o macchinari industriali?

Perché non usare pietre più piccole? Perché non esiste un solo disegno, un solo papiro, una sola incisione in cui venga raffigurata la costruzione delle piramidi ? Eppure si è trovato veramente di tutto. Ma veniamo ad argomenti molto più convincenti, in merito a quanto vogliamo, e cerchiamo, di dimostrare: le tre piramidi di Giza non sono posizionate sulla stessa linea: una delle tre, quella di Micerino, (la più piccola), è fuori asse rispetto alle due più grandi. Un errore dell’architetto? Per favore non scherziamo. E allora perché? Queste le domande che mi sono sempre posto ed a cui non riuscivo a dare una soluzione convincente, finché non ebbi modo di leggere una teoria molto interessante: le tre piramidi di Giza riproducono, sul terreno, la posizione delle tre stelle della Cintura di Orione. Mi spiego meglio: la cosiddetta Cintura di Orione è la semplificazione del nome dato a tre stelle (Alnitak, Alnilam e Mintaka, di grandezza ovviamente diversa, in ordine decrescente) che fanno parte della Costellazione di Orione. Orione era un cacciatore che, secondo la leggenda, ebbe l’onore di essere mandato tra le stelle. Ora, le tre stelle descritte costituiscono la ideale cintura del cacciatore Orione. Detti tre astri sono posizionati in cielo proprio come le nostre tre piramidi, con la più piccola fuori asse rispetto alle altre due. Fin qui nulla di strano. Il problema sorse allorché mi accorsi che anche in Messico, e di preciso a Teotihuacan, esiste un complesso di tre piramidi, peraltro stranamente molto meno famoso di Giza, che a propria volta riproduce le tre stelle della Cintura di Orione. A questo punto non era più possibile, a mio avviso, parlare di pura combinazione. Che esistesse tra i Maya (a cui le piramidi Messicane vengono attribuite secondo l’archeologia tradizionale) un culto teistico-stellare come anche nell’antico Egitto passi, ma che questi due popoli abbiano edificato colossi mostruosi di questo genere solo con la forza delle mani o giù di lì mi era sembrato da subito assurdo.

Solo che, come spesso accade, l’archeologia tradizionale si trincera dietro un categorico “ci vogliono fatti incontestabili” per cambiare valutazioni stratificate da anni. Un giorno, quasi per caso, leggendo una rivista Tedesca (parlo Tedesco ed Inglese e ciò mi è stato di grande aiuto) sono venuto a conoscenza del racconto di alcuni commercianti, appunto Tedeschi, che nel 1912, in Cina, avevano potuto osservare un gigantesco agglomerato formato da decine di piramidi; dallo stato di conservazione si capiva che erano antichissime. Ho cominciato a fare tutte le ricerche possibili, cosa non facile data la tradizionale e consueta, e proprio per questo da rispettarsi al massimo, riservatezza di un Popolo che non ama fare clamore, finchè non ho potuto osservare alcune foto che riproducono il sito piramidale dell’odierna zona di Xian, nel Nord della Cina, appunto. Con mia enorme sorpresa ho notato che per l’ennesima volta veniva riprodotto sul terreno, fra tante altre costruzioni della medesima forma, anche il disegno della Cintura di Orione, con tre piramidi di diversa grandezza posizionate come ben sappiamo. Basta, non era possibile si trattasse nuovamente di un caso. Stante la mancanza di conferme ufficiali, quasi che le piramidi Cinesi e quelle Messicane siano quasi un optional rispetto alle conclamate piramidi Egizie, si continuava comunque ad attribuire ai faraoni una specie di patente o marchio di fabbrica su questo tipo di costruzioni. Purtroppo, per poter attaccare questo teorema, era necessario trovare un altro filo conduttore: ebbene, il filo conduttore c’è, ed è rappresentato da una linea retta, lunga quasi 25.000 chilometri, che congiunge i tre siti attraversando il pianeta. Detta linea retta equivale ad un arco di circonferenza ove rapportata al mappamondo.

A questo punto, dato che ciò che affermo, e che ho denominato teoria della mappatura terrestre delle piramidi, è verificabile con un planisfero, un righello ed una matita e dato che su un piano e per tre punti passa una ed una sola linea retta, non siamo più in presenza di un caso. A questo punto il cosiddetto onere della prova spetta a chi voglia tentare di dimostrare quanto segue: improvvisamente, circa 4.500 anni fa o giù di lì, tre popoli che parlano e scrivono in modo diverso (appunto Egizi, Maya e Cinesi dell’età Imperiale), che non comunicano tra loro, che non si conoscono, che non hanno energia elettrica e macchinari industriali, che non dispongono di aerei per mappature terrestri, che non dispongono di computer e telefonia o quant’altro, decidono così, tutti insieme e sempre per caso, di erigere, con la sola forza delle braccia e di macchinari rudimentali ed elementari, svariati colossi di pietra, utilizzando monoliti pesanti fino a 100 tonnellate ed elevandoli a quasi cento metri di altezza (cosa quasi impossibile anche oggi). La cosa interessante è che decidono anche, sempre per caso, di riprodurre sul terreno le tre stelle della Cintura di Orione e poi, come cosiddetta ciliegina sulla torta, edificano, sempre per caso, tali siti piramidali a Nord, (Egizi), a Nord Est, (Cinesi), ed a Sud, (Maya). Il tutto, (per un caso del destino quantificabile in uno contro infinito), fa sì che detti complessi piramidali vengano a trovarsi sulla medesima linea retta che attraversa tutto il pianeta. Ma c’è di più: detta linea retta, non parallela all’equatore, ne interseca il prolungamento, generando due angoli che, (ci credereste?), riproducono i due angoli acuti generati dalle tre stelle della Cintura di Orione (un angolo è formato dalla retta che attraversa la prima e la seconda stella, il secondo è formato dalla retta che attraversa la seconda e la terza).

Ora, se vogliamo farci una bella risata, ben venga. Ma se vogliamo parlare di archeologia il discorso cambia. Allineare tre gruppi di costruzioni così gigantesche su tutto il pianeta è frutto dell’opera di una tecnologia estremamente avanzata. Inutile parlare di UFO, Atlantide o quant’altro: si è trattato solo di una civiltà sicuramente planetaria e non frazionata come oggi, e che disponeva di una tecnologia estremamente sofisticata. Sul perché e sul come tutto ciò sia stato edificato, se ne può parlare per molto tempo: a mio avviso la retta che attraversa i tre siti potrebbe avere a che fare con l’equatore celeste, ossia un qualcosa che permette di calcolare la posizione di una stella nel cielo da qualunque posizione ci si trovi sulla Terra. Ma, ripeto, questi sono discorsi da farsi in seguito. Per adesso ciò che davvero conta, ed è moltissimo a mio modesto avviso, è l’aver dimostrato concretamente, seguendo leggi geometriche verificabili da tutti, che i faraoni Egizi non sono assolutamente i depositari terrestri dell’arte di erigere le piramidi. Anzi, si può quindi affermare che nessun faraone abbia edificato una delle tre piramidi di Giza.

A questo punto diventa interessante capire che cosa effettivamente abbiano fatto i faraoni con dette piramidi, dato che le avranno trovate già costruite. Purtroppo nel caso delle piramidi Messicane e Cinesi abbiamo solo leggende, che ci conforterebbero sicuramente in quanto parlano di costruttori celesti e di Maya che avrebbero trovato le piramidi ricoperte da liane e quindi molto più antiche, solo che sempre di leggende si tratta e quindi dobbiamo lasciar perdere. Per quanto riguarda quelle Egizie, invece, la cosa cambia, dato che abbiamo la testimonianza di eminenti storici, sia Greci che Latini. Per quanto strano possa sembrarvi, nessuno storico parla mai della costruzione delle piramidi: non se ne sa assolutamente nulla e si fanno solo congetture, proprio come noi al giorno d’oggi. Invece, cosa basilare, si parla eccome del rivestimento esterno: sia Erodoto, che Diodoro Siculo che Strabone, che Plinio il Vecchio (per intenderci lo storico che parlò dell’eruzione del Vesuvio che gli costò anche la vita), parlano di ciò che avvenne al di fuori delle piramidi. Addirittura, per quanto riguarda quella di Micerino, la più piccola, doveva originariamente essere ricoperta di ossidiana, ma il progetto fu interrotto sia per la morte del faraone che per la difficoltà di lavorare tale durissima pietra.

Ora, di tale ossidiana non c’è traccia eppure gli storici ne parlano, mentre della costruzione neanche una parola già allora. Semplice: perché il rivestimento esterno è stato davvero tentato, mentre la costruzione è molto ma molto anteriore. Sapete cosa dicono in sintesi gli storici antichi? Plinio il Vecchio si scaglia contro i faraoni che avrebbero speso tanto ed occupato tante persone per erigere qualcosa che non serve a niente, mentre Diodoro Siculo non riesce a spiegarsi chi abbia costruito tali colossi che, come già all’epoca si sapeva benissimo, non sono neanche serviti da sepolcri reali. Se facciamo un confronto con le opere Romane, anche per noi sono passati più o meno 2.000 anni, ma noi sappiamo benissimo chi ha costruito il Colosseo. Come mai delle piramidi non si sapeva nulla? Perché erano molto più antiche. E si tenga presente che all’epoca della presunta costruzione (2.500 circa avanti Cristo, secondo gli archeologi) in Grecia c’era già una società organizzata che viveva in città. Possibile che non si fosse saputo niente di un lavoro così grandioso ed immenso, durato decine di anni? Francamente, e lo affermo senza alcuna nota polemica, aver trovato un punto fermo da cui partire (la teoria sulla mappatura delle piramidi, appunto) ci permette di mettere al proprio posto tanti tasselli di quello che era un vero e proprio puzzle archeologico.

Un’ultima annotazione: qualora non crediate realistico pensare ad una civiltà esistita prima di noi e capace di una tecnologia forse superiore alla nostra, provate ad immaginare cosa accadrebbe se, estinta la nostra civiltà causa inquinamento (cosa purtroppo possibile), tra 10.000 anni spuntasse una nuova civiltà. Giunta nuovamente ad uno sviluppo pari al nostro, e dato che sarebbero rimaste solo le costruzioni in pietra stante la bio-degradabilità degli altri materiali, troverebbe nell’ordine: -le piramidi, su tutto il pianeta,-il Colosseo e vari altri anfiteatri, in tutto il bacino del Mediterraneo,-le autostrade, in tutto il mondo,-le piste di atterraggio degli aerei, di cui alcune nelle isole e quindi apparentemente inutili,-gli aeroporti e le linee ferroviarie prive di rotaie,-vari manufatti monolitici, come a Baalbek in Libano, di 1000 tonnellate, (già un mistero per noi),-altri siti megalitici, come Tiahuanaco, isola di Pasqua o Stonehenge, (altro mistero anche per noi).-il sito di Puma Punku in Bolivia, che rappresenta anche per noi un altro mistero, considerata la maestria, quasi impossibile anche oggi, con cui è stata lavorata la diorite, seconda per durezza solo al diamante.In pratica si troverebbero a dover fare i conti con manufatti di almeno 3 o 4 civiltà molto distanti tra loro da un punto di vista cronologico. Mi chiedo perché non sia possibile la stessa cosa anche per noi.

Comunque credo che sia importante aver cominciato a delineare un punto fermo da cui poter procedere a livello astronomico, geometrico e matematico: le piramidi di Giza non sono un fatto isolato ma appartengono ad un sistema planetario di piramidi. La linea retta, o arco di circonferenza, che congiunge tre siti distanti tra loro migliaia di chilometri ne è conferma inequivocabile.

Fabio Garuti

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Le piramidi, un sistema planetario (2011)
Storia proibita, vietato parlare (2012)
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in corso Re: Misteri d'Egitto

Messaggio Da Lolita Gio 24 Mag - 12:19:55

Alll non riesco a starti dietro scrivi migliaia di post!!!! Misteri d'Egitto - Pagina 6 20445 Misteri d'Egitto - Pagina 6 20445 questa cosa della mappatura mi interessa molto Misteri d'Egitto - Pagina 6 797851
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in corso Re: Misteri d'Egitto

Messaggio Da Christian Gio 24 Mag - 15:19:03

Molto interessante... Comunque è sicuro che non siano state fatte esclusivamente dall'uomo (sempre che siano state fatte dall'uomo).
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in corso Re: Misteri d'Egitto

Messaggio Da Alaudae Gio 24 Mag - 15:47:46

Lolita ha scritto:Alll non riesco a starti dietro scrivi migliaia di post!!!! Misteri d'Egitto - Pagina 6 20445 Misteri d'Egitto - Pagina 6 20445 questa cosa della mappatura mi interessa molto Misteri d'Egitto - Pagina 6 797851

Lolita e Christian: sì leggetelo è un articolo scorrevole ed interessanteMisteri d'Egitto - Pagina 6 Scarpe
e che poi non si dica...
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