Una raffica di colpi di stato prendono forma in pochissimo tempo nel Mediterraneo
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Re: Una raffica di colpi di stato prendono forma in pochissimo tempo nel Mediterraneo
L'ho detto gia' in qualche post... ma a me questa contrapposizione tra paesi occidentali e Arabi ha qualcosa di strano ....
Sono Anni che ci terrorizzano con la favoletta che in quei paesi ci sono delle "Centrali del Terrore" dove Gente priva di scupoli Trama notte e giorno per Distruggere l'ccidente....
MA GLI ATTENTATI LI VEDIAMO SOLO NEI FILM AMMERIGANI ......
E -sara' 1 caso- in quei paesi che hanno espresso qualche dubbio sulla Validita' della linea di condotta propugnata dagli usa ... della Guerra preventiva e dell'esportazione della democrazia a suon di Bombe...... e magari pensavano di ritirarsi (Vedi Spagna)
E si che ne Abbiamo SCANNATI di Arabi .... STERMINATO Famiglie, UCCISO MIGLIAIA DI INNOCENTI: MAMME, FIGLI, FIGLIE, NIPOTI ... NONNI E ZII, Tanto da dare motivo a MOLTI CHE VIVONO IN QUEI PAESI DI FARCELA PAGARE... ...
Se a Me 1 PIRLA OCCIDENTALE SU 1 CARRO ARMATO STERMINASSE LA FAMIGLIA ... mi verrebbe di Volermi vendicare... anche se fossi l'uomo + pacifico del mondo ... e voi no ??
e invece...... NIENTE.....
Come ho fatto notare in altro 3d ... .... si sposano i Reali di inghilterra.... in MONDOVISIONE ... e sti Terroristi del Cazzo... manco ad 1 Cestino dei Rifiuti sono riusciti a Dare fuoco.....
Non ci vuole 1 genio per notare che
LA COSA PUZZA.... E PUZZA PARECCHIO....
Sono Anni che ci terrorizzano con la favoletta che in quei paesi ci sono delle "Centrali del Terrore" dove Gente priva di scupoli Trama notte e giorno per Distruggere l'ccidente....
MA GLI ATTENTATI LI VEDIAMO SOLO NEI FILM AMMERIGANI ......
E -sara' 1 caso- in quei paesi che hanno espresso qualche dubbio sulla Validita' della linea di condotta propugnata dagli usa ... della Guerra preventiva e dell'esportazione della democrazia a suon di Bombe...... e magari pensavano di ritirarsi (Vedi Spagna)
E si che ne Abbiamo SCANNATI di Arabi .... STERMINATO Famiglie, UCCISO MIGLIAIA DI INNOCENTI: MAMME, FIGLI, FIGLIE, NIPOTI ... NONNI E ZII, Tanto da dare motivo a MOLTI CHE VIVONO IN QUEI PAESI DI FARCELA PAGARE... ...
Se a Me 1 PIRLA OCCIDENTALE SU 1 CARRO ARMATO STERMINASSE LA FAMIGLIA ... mi verrebbe di Volermi vendicare... anche se fossi l'uomo + pacifico del mondo ... e voi no ??
e invece...... NIENTE.....
Come ho fatto notare in altro 3d ... .... si sposano i Reali di inghilterra.... in MONDOVISIONE ... e sti Terroristi del Cazzo... manco ad 1 Cestino dei Rifiuti sono riusciti a Dare fuoco.....
Non ci vuole 1 genio per notare che
LA COSA PUZZA.... E PUZZA PARECCHIO....
Ultima modifica di NEMOR il Dom 9 Ott - 17:44:56 - modificato 2 volte.
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Re: Una raffica di colpi di stato prendono forma in pochissimo tempo nel Mediterraneo
Alaudae ha scritto:
Il governo degli Stati Uniti starebbe preparando l'invasione militare della Libia. Questa operazione bellica dovrà avvenire entro il mese di ottobre 2011.
Ormai penso sia Chiaro A TUTTI che l'esercito dei "Ribelli" non esiste.... e che ANCHE le operazioni di terra sono condotte DA REPARTI DI TRUPPE OCCIDENTALI .... che Agiscono nell'ombra.... con lo scopo di distruggere le difese Libiche, Uccidere Gheddafi, i membri della Sua Famiglia e tutti i Funzionari e Generali che ancora gli sono fedeli.... Che se no .. DA MO' Che Gheddafi aveva ripreso il controllo Della situazione....
C'e' Puzza di Marcio in Danimarca.... !!
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complotto iraniano
gli Usa accusano Teheran e minacciano guerra
Cronaca Mondo
“Complotto iraniano”: gli Usa accusano Teheran e minacciano guerra
NEW YORK – Due iraniani, legati e forse mandati dal governo di Teheran, avevano un piano per uccidere – con la collaborazione dei narcos messicani – l’ambasciatore saudita a Washington, facendo esplodere una bomba in un ristorante dove mangiava. Il piano è stato sventato dall’Fbi: tutta l’operazione è stata raccontata dal direttore dell’Fbi, Robert Mueller e dal ministro della Giustizia Usa Eric Holder. Secondo Mueller, “questo complotto è più originale di una sceneggiatura di Hollywood”, ma soprattutto il ministro Holder sostiene che il complotto è stato “pensato e sponsorizzato da elementi del governo iraniano”.
Gli Usa accusano l’Iran, l’Iran rispedisce le accuse al mittente: “Gli americani sono invidiosi della nostra stabilità economica” e “tentano di distrarre il mondo dalla loro crisi”. Ma c’è un rischio vero di crisi internazionale, che potrebbe portare addirittura alla guerra. “Sul tavolo ci sono tutte le opzioni, e non si può escludere anche una risposta militare”, ha detto il presidente della Commissione parlamentare sulla Sicurezza interna degli Usa, Peter King, citato dalla Cnn. Il presidente Barack Obama ha parlato del piano come di una “palese violazione del diritto Usa e internazionale”. Intanto Holder minaccia sanzioni contro Teheran e il dipartimento di Stato Usa dirama un allarme terrorismo per i viaggiatori americani e allerta in tutti gli aeroporti degli Stati Uniti.
Le indagini erano cominciate a maggio focalizzate su due uomini: Manssor Arbab Arbabsiar, un iraniano di 56 anni che vive ad Austin, in Texas, naturalizzato americano, e Gholam Shakuri, membro della Quds Force, il reparto paramilitare d’élite della Guardia rivoluzionaria che si occupa di operazioni fuori dai confini iraniani, che seguiva l’operazione da Teheran.
L’obiettivo era l’ambasciatore saudita a Washington, molto vicino alla casa regnante. Lo volevano ammazzare mettendo una bomba nel ristorante in cui l’ambasciatore era habitué, senza badare ai “danni collaterali”: col locale pieno sarebbero potute morire decine di persone. L’errore di Arbabsiar è stato quello di chiedere l’aiuto dei narcos messicani. Aveva suggerito a Shakuri di coinvolgerli nell’operazione, dietro ricompensa da un milione e mezzo di dollari: i primi centomila erano già arrivati sul suo conto americano, come anticipo. Il messicano a cui si era rivolto, però, lo ha tradito: era un informatore dell’Fbi, e appena ha sentito il piano ha avvertito le autorità Usa col governo messicano.
L’informatore ha continuato a fare la parte del complice, fino a quando le prove contro i due attentatori non fossero diventate abbastanza certe da consentire l’arresto. Il 29 settembre Arbabsiar è stato arrestato all’aeroporto di New York. Shakuri invece è ancora in Iran. Di qui la crisi internazionale: Shakuri è membro della Quds Force e se l’organizzazione paramilitare fosse davvero coinvolta, difficilmente avrebbe agito senza ricevere ordini dal governo iraniano. Inoltre, secondo il capo dell’Fbi Mueller, i due accusati volevano colpire anche l’ambasciata israeliana e altri obiettivi sul suolo americano. Certo è che Obama sta accusando l’Iran di un fatto gravissimo e a questo deve dare seguito con una reazione di pari gravità.
Guido Olimpio sul Corriere della Sera si chiede quali siano le prove di questo complotto e perché un reparto d’élite come la Quds Force abbia commesso un errore così da dilettanti quale quello di rivolgersi ai narcos messicani, un campo minato di informatori. Tre le ipotesi:
Come spiegare allora mosse così imprudenti da parte degli iraniani? Qualcuno sostiene che una fazione a Teheran abbia voluto creare un caso per riaccendere lo scontro con gli Stati Uniti. E si è affidata all’operativo più facile da usare: Mansor Arbabsiar, residente in Texas, con contatti in Messico e sempre a corto di denaro. In contrapposizione a questa teoria c’è quella che ricorda come gli 007 iraniani non siano sempre perfetti e volendo colpire negli Usa hanno usato una pedina sacrificabile. Poi la più secca: perché stupirsi, hanno tentato e si sono fatti beccare.
per saperne di più qui sotto altri link
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non c'è odore di 11.9??
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“Complotto iraniano”: gli Usa accusano Teheran e minacciano guerra
NEW YORK – Due iraniani, legati e forse mandati dal governo di Teheran, avevano un piano per uccidere – con la collaborazione dei narcos messicani – l’ambasciatore saudita a Washington, facendo esplodere una bomba in un ristorante dove mangiava. Il piano è stato sventato dall’Fbi: tutta l’operazione è stata raccontata dal direttore dell’Fbi, Robert Mueller e dal ministro della Giustizia Usa Eric Holder. Secondo Mueller, “questo complotto è più originale di una sceneggiatura di Hollywood”, ma soprattutto il ministro Holder sostiene che il complotto è stato “pensato e sponsorizzato da elementi del governo iraniano”.
Gli Usa accusano l’Iran, l’Iran rispedisce le accuse al mittente: “Gli americani sono invidiosi della nostra stabilità economica” e “tentano di distrarre il mondo dalla loro crisi”. Ma c’è un rischio vero di crisi internazionale, che potrebbe portare addirittura alla guerra. “Sul tavolo ci sono tutte le opzioni, e non si può escludere anche una risposta militare”, ha detto il presidente della Commissione parlamentare sulla Sicurezza interna degli Usa, Peter King, citato dalla Cnn. Il presidente Barack Obama ha parlato del piano come di una “palese violazione del diritto Usa e internazionale”. Intanto Holder minaccia sanzioni contro Teheran e il dipartimento di Stato Usa dirama un allarme terrorismo per i viaggiatori americani e allerta in tutti gli aeroporti degli Stati Uniti.
Le indagini erano cominciate a maggio focalizzate su due uomini: Manssor Arbab Arbabsiar, un iraniano di 56 anni che vive ad Austin, in Texas, naturalizzato americano, e Gholam Shakuri, membro della Quds Force, il reparto paramilitare d’élite della Guardia rivoluzionaria che si occupa di operazioni fuori dai confini iraniani, che seguiva l’operazione da Teheran.
L’obiettivo era l’ambasciatore saudita a Washington, molto vicino alla casa regnante. Lo volevano ammazzare mettendo una bomba nel ristorante in cui l’ambasciatore era habitué, senza badare ai “danni collaterali”: col locale pieno sarebbero potute morire decine di persone. L’errore di Arbabsiar è stato quello di chiedere l’aiuto dei narcos messicani. Aveva suggerito a Shakuri di coinvolgerli nell’operazione, dietro ricompensa da un milione e mezzo di dollari: i primi centomila erano già arrivati sul suo conto americano, come anticipo. Il messicano a cui si era rivolto, però, lo ha tradito: era un informatore dell’Fbi, e appena ha sentito il piano ha avvertito le autorità Usa col governo messicano.
L’informatore ha continuato a fare la parte del complice, fino a quando le prove contro i due attentatori non fossero diventate abbastanza certe da consentire l’arresto. Il 29 settembre Arbabsiar è stato arrestato all’aeroporto di New York. Shakuri invece è ancora in Iran. Di qui la crisi internazionale: Shakuri è membro della Quds Force e se l’organizzazione paramilitare fosse davvero coinvolta, difficilmente avrebbe agito senza ricevere ordini dal governo iraniano. Inoltre, secondo il capo dell’Fbi Mueller, i due accusati volevano colpire anche l’ambasciata israeliana e altri obiettivi sul suolo americano. Certo è che Obama sta accusando l’Iran di un fatto gravissimo e a questo deve dare seguito con una reazione di pari gravità.
Guido Olimpio sul Corriere della Sera si chiede quali siano le prove di questo complotto e perché un reparto d’élite come la Quds Force abbia commesso un errore così da dilettanti quale quello di rivolgersi ai narcos messicani, un campo minato di informatori. Tre le ipotesi:
Come spiegare allora mosse così imprudenti da parte degli iraniani? Qualcuno sostiene che una fazione a Teheran abbia voluto creare un caso per riaccendere lo scontro con gli Stati Uniti. E si è affidata all’operativo più facile da usare: Mansor Arbabsiar, residente in Texas, con contatti in Messico e sempre a corto di denaro. In contrapposizione a questa teoria c’è quella che ricorda come gli 007 iraniani non siano sempre perfetti e volendo colpire negli Usa hanno usato una pedina sacrificabile. Poi la più secca: perché stupirsi, hanno tentato e si sono fatti beccare.
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arriva Bush: arrestatelo!
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Canada, arriva Bush. Amnesty International: "Arrestatelo"
NEW YORK – Arrestare e processare l'ex presidente americano George W. Bush per essersi macchiato durante il periodo della sua presidenza di crimini come la tortura: è la richiesta avanzata da Amnesty International (Ai) alle autorità canadesi, in vista di una visita di Bush in Canada il 20 ottobre.
Amnesty lo accusa di aver permesso alla Cia nel periodo dal 2002 al 2009 – come reazione agli attentati dell'11 settembre 2001 – ''torture e altri trattamenti crudeli, inumani e degradanti''. Basti pensare – spiegano – alle terribili esperienze vissute nel campo di Guantanamo.
''Il Canada – si legge in una nota dell'organizzazione internazionale per la difesa dei diritti umani – è tenuto per i suoi obblighi internazionali ad arrestare e perseguire l'ex presidente Bush. E tenuto conto che gli Stati Uniti non sono finora intervenuti, a farlo deve essere la comunità internazionale. Se il Canada si asterra' dall'agire – conclude Amnesty – questo costituirà una violazione della Convenzione delle Nazioni Unite contro la tortura, e sarà una manifestazione di disprezzo verso i diritti umani fondamentali''.
12 ottobre 2011 | 23:02
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Canada, arriva Bush. Amnesty International: "Arrestatelo"
NEW YORK – Arrestare e processare l'ex presidente americano George W. Bush per essersi macchiato durante il periodo della sua presidenza di crimini come la tortura: è la richiesta avanzata da Amnesty International (Ai) alle autorità canadesi, in vista di una visita di Bush in Canada il 20 ottobre.
Amnesty lo accusa di aver permesso alla Cia nel periodo dal 2002 al 2009 – come reazione agli attentati dell'11 settembre 2001 – ''torture e altri trattamenti crudeli, inumani e degradanti''. Basti pensare – spiegano – alle terribili esperienze vissute nel campo di Guantanamo.
''Il Canada – si legge in una nota dell'organizzazione internazionale per la difesa dei diritti umani – è tenuto per i suoi obblighi internazionali ad arrestare e perseguire l'ex presidente Bush. E tenuto conto che gli Stati Uniti non sono finora intervenuti, a farlo deve essere la comunità internazionale. Se il Canada si asterra' dall'agire – conclude Amnesty – questo costituirà una violazione della Convenzione delle Nazioni Unite contro la tortura, e sarà una manifestazione di disprezzo verso i diritti umani fondamentali''.
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ma quale complotto?
TEHERAN, 12 OTT – Respinge ogni accusa e definisce il piano terroristico che gli viene addebitato ''un ridicolo show''. Risponde così l'Iran, all'attacco che gli arriva dagli Usa, dove la rivelazione americana di uno sventato complotto contro obiettivi israeliani e sauditi, fra cui l'ambasciatore di Riad a Washington, si è trasformata nel corso della giornata in un'offensiva su più fronti, dall'ipotesi adombrata di un possibile intervento militare, a quella di nuove sanzioni, con il possibile coinvolgimento dei partner europei e dell'Onu.
Finito nuovamente nel ciclone, e questa volta non per il programma nucleare che rimane il nodo più scottante dei suoi rapporti con l'Occidente, l'Iran non fa attendere la sua risposta. La quale, diversamente modulata a seconda di chi se ne è fatto portavoce, si impernia sulla reiterazione di alcuni concetti fondamentali: quella di Washington è solo ''propaganda guerrafondaia'' e una ''cospirazione diabolica ben orchestrata'', ha detto l'ambasciatore iraniano all'Onu, Mohammad Khazaee.
''Uno spettacolo ridicolo'' che punta a ''seminare discordia'' in Medio Oriente, ha affermato il portavoce del ministero degli Esteri, Ramin Mehmanparast, cui si è aggiunto il vice ministro Hassan Qashqavi, secondo cui gli Usa sono ''invidiosi della stabilità'' di cui gode l'Iran; gli americani ''stanno cercando di distrarre l'opinione pubblica mondiale dalla rivolta popolare contro Wall Street'', ha esplicitato il deputato Alaeddin Boroujerdi, mentre il presidente del Parlamento Ali Larijani ha accusato gli Usa di fare ''un gioco infantile'' per coprire problemi interni.
Le parole che pesano di più sono state pronunciate dal ministro degli esteri Ali Akbar Salehi. ''Non cerchiamo il confronto, ma se ce lo impongono le conseguenze più dure saranno per loro'', ha detto, ricordando che Washington ha spesso avanzato contro l'Iran simili accuse negli ultimi 30 anni, come nel caso dell'attentato di Lockerbie attribuito poi alla Libia.
E se il principe saudita Turki al-Faisal ha parlato di ''prove schiaccianti'' contro Teheran, Salehi ha assicurato che le relazioni dell'Iran sciita con il regno sunnita di Riad, il suo principale antagonista islamico sulla scena mediorientale, ''sono buone'', e le differenze di vedute ''riguardano solo questioni internazionali''.
Non una parola invece dalla Guida Suprema Ali Khamenei che, arrigando una folla plaudente nella città occidentale di Kermanshaw, ha preferito parlare di questioni interne, rilevando però che gli 'indignados' statunitensi contro Wall Street ''getteranno a terra il sistema capitalista occidentale'': forse un richiamo a chi vuole vedere nelle accuse all'Iran una manovra diversiva.
Fra questi anche il generale Hossein Salami, capo aggiunto delle Guardie della Rivoluzione, il cui corpo d'elite 'al Qods' sarebbe implicato per gli Usa nel complotto per uccidere l'ambasciatore di Riad.
Intanto Teheran ha convocato l'incaricato d'affari dell'ambasciata svizzera, che rappresenta gli interessi di Washington da quando si sono rotte le relazioni diplomatiche con la Repubblica Islamica nel 1980, per manifestargli la sua ''ferma protesta'' contro le ''infondate accuse'' sul presunto complotto terroristico. Semmai, gli è stato detto perché riferisse a Washington, è proprio l'Iran ad essere vittima di gruppi terroristici sostenuti dagli Usa.
12 ottobre 2011 | 21:02
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Finito nuovamente nel ciclone, e questa volta non per il programma nucleare che rimane il nodo più scottante dei suoi rapporti con l'Occidente, l'Iran non fa attendere la sua risposta. La quale, diversamente modulata a seconda di chi se ne è fatto portavoce, si impernia sulla reiterazione di alcuni concetti fondamentali: quella di Washington è solo ''propaganda guerrafondaia'' e una ''cospirazione diabolica ben orchestrata'', ha detto l'ambasciatore iraniano all'Onu, Mohammad Khazaee.
''Uno spettacolo ridicolo'' che punta a ''seminare discordia'' in Medio Oriente, ha affermato il portavoce del ministero degli Esteri, Ramin Mehmanparast, cui si è aggiunto il vice ministro Hassan Qashqavi, secondo cui gli Usa sono ''invidiosi della stabilità'' di cui gode l'Iran; gli americani ''stanno cercando di distrarre l'opinione pubblica mondiale dalla rivolta popolare contro Wall Street'', ha esplicitato il deputato Alaeddin Boroujerdi, mentre il presidente del Parlamento Ali Larijani ha accusato gli Usa di fare ''un gioco infantile'' per coprire problemi interni.
Le parole che pesano di più sono state pronunciate dal ministro degli esteri Ali Akbar Salehi. ''Non cerchiamo il confronto, ma se ce lo impongono le conseguenze più dure saranno per loro'', ha detto, ricordando che Washington ha spesso avanzato contro l'Iran simili accuse negli ultimi 30 anni, come nel caso dell'attentato di Lockerbie attribuito poi alla Libia.
E se il principe saudita Turki al-Faisal ha parlato di ''prove schiaccianti'' contro Teheran, Salehi ha assicurato che le relazioni dell'Iran sciita con il regno sunnita di Riad, il suo principale antagonista islamico sulla scena mediorientale, ''sono buone'', e le differenze di vedute ''riguardano solo questioni internazionali''.
Non una parola invece dalla Guida Suprema Ali Khamenei che, arrigando una folla plaudente nella città occidentale di Kermanshaw, ha preferito parlare di questioni interne, rilevando però che gli 'indignados' statunitensi contro Wall Street ''getteranno a terra il sistema capitalista occidentale'': forse un richiamo a chi vuole vedere nelle accuse all'Iran una manovra diversiva.
Fra questi anche il generale Hossein Salami, capo aggiunto delle Guardie della Rivoluzione, il cui corpo d'elite 'al Qods' sarebbe implicato per gli Usa nel complotto per uccidere l'ambasciatore di Riad.
Intanto Teheran ha convocato l'incaricato d'affari dell'ambasciata svizzera, che rappresenta gli interessi di Washington da quando si sono rotte le relazioni diplomatiche con la Repubblica Islamica nel 1980, per manifestargli la sua ''ferma protesta'' contro le ''infondate accuse'' sul presunto complotto terroristico. Semmai, gli è stato detto perché riferisse a Washington, è proprio l'Iran ad essere vittima di gruppi terroristici sostenuti dagli Usa.
12 ottobre 2011 | 21:02
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Dopo l'invasione della Libia è pronta quella dell’Iran
Già, perché questa volta il casus belli è un fantomatico complotto che per la Casa Bianca sarebbe stato organizzato nientemeno che dal governo iraniano. E come nel caso della diffusione ufficiale della notizia della morte di Osama bin Laden – anche se era la nona volta che un Presidente o un alto dirigente governativo ne annunciava la morte! – i Media hanno subito ribattuto come oro colato le conclusioni del Pentagono in merito alla sicurezza nazionale. Senza batter ciglio la notizia di un complotto che avrebbe coinvolto addirittura il Governo di Teheran, è rimbalzato di quotidiano in TV, senza che nemmeno un giornalista si fermasse un attimo ad esaminare l’assurdità della notizia. Assurda perché per quanto si faccia di tutto per far passare come un idiota Ahmadinejad, non è così folle da suicidarsi e trascinare il Paese in una guerra che non potrebbe mai vincere. Al massimo potrebbe scatenare un armageddon in stile Dottor Stranamore…
Secondo perché i conoscenti, famigliari, amici, colleghi di uno dei due presunti terroristi, Arabsiar, ora rinchiuso nel carcere di New York, sono rimasti sconcertati dalla notizia, dichiarando che costui “si perdeva sempre le chiavi e il telefono cellulare. Non sarebbe stato capace di eseguire un piano del genere”. Il presunto attentatore è stato bollato con sincerità come un “opportunista” ma non come un “killer calcolatore”. In primis perché non ne avrebbe avuto motivo: venditore di auto di seconda mano in Texas, non era un fanatico, né, a quanto pare, era in grado di organizzare un’operazione di tale portata, che dall’Iran al Messico, fino a Washington, avrebbe avuto ripercussioni mondiali. Ciò non esclude che possa essere rimasto coinvolto in un piano internazionale più grande di lui, ma bisognerebbe capire da chi sia stato orchestrato. Dal Pentagono o da Teheran? Perché dobbiamo sempre credere a priori alla veridicità delle affermazioni di Washington, quando la storia ci insegna che gli USA hanno mentito all’opinione pubblica e agli alleati numerose volte soltanto a partire dalla guerra in Vietnam? Forse perché l’America adotta ancora oggi la pena di morte, tortura i prigionieri, controlla i propri cittadini in barba alla privacy, prevede di inserire microchip sottocutanei nella popolazione a scopo “terapeutico”, dimostrando di essere civile quanto un leone affamato davanti a una gazzella azzoppata? O perché ha in corso ben tre conflitti principali in Iraq, Afghanistan e Libia, colpo di coda di un impero in declino che per continuare a sussistere non può che continuare a espandersi?
Perché mai questo Paese modello di civiltà, moralità e democrazia “da esportazione” dovrebbe essere più affidabile dell’Iran? Perché ci hanno abituato ad avere timore dello straniero, degli arabi, dei musulmani, dell’Islam in generale? Perché dopo aver trascinato anche il nostro Paese in una guerra inutile quanto assurda contro i talebani, radendo intanto al suolo l’Afghanistan in modo che non si possa risollevare per i decenni a venire senza i miliardari appalti di ricostruzione americano-europei, ora dovremmo sostenere senza battere ciglio qualsiasi “opzione” Washington deciderà di attuare?
Ora, avendoci gli inquilini della Casa Bianca abituati negli anni a prendere cantonate, a detronizzare vecchi alleati o a raccontare balle di stampo geopolitico – come nel caso di quelle armi di distruzione di massa che mentre faticavano a saltare fuori legittimarono però l’invasione dell’Iraq – una maggiore meticolosità nelle indagini sarebbe forse preferibile all’ennesimo conflitto “emotivo” in Medio Oriente, che potrebbe – evidentemente – causare la Terza Guerra Mondiale.
Va bene che ogni Paese oggi ha il suo bel da fare tra crisi economica e crisi di governo, ma sdegnare il rischio di trascinare il mondo intero nel caos – o peggio nella distruzione totale – per cecità o censura mediatica imposta dall’alto o dalle mazzette è da scellerati. Meglio disturbarsi di parlarne fino allo svenimento che trovarsi a cose fatte in mezzo alle macerie. Anche perché il decennio post 11 settembre ci ha abituato a fantomatici “attentati” sventati o effettivamente consumati le cui cause erano invece da rinvenire in agenti provocatori appartenenti all’intelligence americana – FBI, CIA, Pentagono. Nulla di cui meravigliarsi: fa tutto parte della strategia geopolitica. Chi c’è dentro lo sa benissimo, e non ne fa neppure segreto. Si chiamano false flags le false operazioni che vengono pianificate per ottenere uno specifico risultato: risollevare un Presidente in calo nei sondaggi (si veda la voce, uccisione senza cadavere di Osama bin Laden), giustificare un’azione bellica (Iraq, Afghanistan), manipolare l’opinione pubblica (11/9), restringere la privacy dei cittadini (Patriot Act), intimidire gli Stati non allineati con la politica americana o addirittura rei di accordi con la Russia di Putin (strage di Oslo).
Per riscrivere i confini del prossimo quanto imminente Nuovo Ordine Mondiale, bisogna “sacrificare” qualche vita e qualche capro espiatorio per manipolare l’opinione pubblica con i false flags e con la guerra del terrore permanente che destabilizzi i cittadini. Peccato che a prevedere quanto sta succedendo in questi mesi, settimane, giorni, sia stato proprio il mentore di Obama, il vecchio stratega polacco Zbigniew Brzezinski, che non ha mai nascosto le sue intenzioni belliche al mondo da quando sosteneva il diritto degli USA a conquistare il globo: semplicemente il mondo non si è preoccupato di ascoltarlo. Quando Hannah Arendt parlava di “banalità del male”, includerei non solo la censura più vile del giornalismo di Stato, ma anche il nostro atteggiamento quotidiano di accidia: troppo pigri per approfondire le notizie che non siano di mero gossip preferibilmente morboso, troppo impegnati ad arrivare a fine mese e sbarcare il lunario, ci siamo lentamente atrofizzati la coscienza critica, accettando passivamente le “opzioni” più scellerate. Così, sconvolti dall’eccidio dell’11/9 abbiamo accettato per il “nostro bene” per la “nostra sicurezza” di inviare le “nostre truppe” a invadere un Paese che non c’entrava nulla – l’Afghanistan – per dare la caccia a un fantasma – Osama bin Laden – per poi ampliare l’invasione all’Iraq dell’ex alleato Saddam Hussein, fino alla Libia del Colonnello Gheddafi, che – almeno in Italia e Francia – abbiamo molto, troppo recentemente accolto con tutti gli onori (e baciamano).
Ma la memoria storica è più succinta della moralità dei nostri regnanti, troppo concentrati in Bunga Bunga per ritagliarsi spazi per governare. Ma mentre in Italia ci illudiamo ancora che esista qualche differenza destra e sinistra, il caro Obama ci ricorda con le sue promesse disattese punto per punto (e ci vuole una certa astuzia per impegnarsi categoricamente nell’adempiere l’esatto opposto di quanto promesso) che cosa significhi dipendere dagli assegni milionari dei Gruppi di Potere: Banche, in primis, multinazionali del petrolio, degli OGM, della Difesa, aziende farmaceutiche, studi legali, compagnie di assicurazione. Già. Quando si contrae un debito col Diavolo, costui presto o tardi passerà a riscuotere. Non ci saranno cortei angelici a salvare i novelli Presidenti, perché di Faust ce n’è stato uno solo e di Kennedy con “le palle” solo due, John Fitzgerald e il fratello Robert: infatti sono stati uccisi entrambi per il proprio coraggio. Per aver tentato almeno di ribellarsi a quel Governo Ombra che detiene l’Agenda politica ed economica internazionale. Allora si trattava di ribellarsi contro la Mafia che ne aveva facilitato l’elezione, di richiamare le truppe dalla guerra in Vietnam, di far cessare gli esperimenti nucleari, di abbattere il signoraggio.
Invece il burattino Obama predica bene e razzola l’opposto, costretto a ricambiare con favori i soldi della (sua) campagna elettorale più dispendiosa della storia. Ed è ora di concentrarsi sulla nuova: come fare se il popolo degli indignados assedia Wall Street e accerchia le abitazioni dei miliardari? Come fare se la disoccupazione invece di calare è salita oltre il 9%? Si prepara una nuova guerra. La notizia della morte di Osama bin Laden procurò a maggio un’impennata nel gradimento del Presidente che prima del 2 maggio era in caduta libera. Coincidenze? Manna celeste caduta sull’unto delle masse dei diseredati (traditi fin da subito per il salvataggio “senza garanzie” delle Banche too big to fail, troppo grandi per fallire)? E dire che a sollevare i primi dubbi sul presunto omicidio dello Sceicco del Terrore (senza corpo da identificare) era stato proprio il Governo di Teheran, che sicuramente è di parte, ma forse tanto scemo non è…
Oggi ci troviamo a non tentare nemmeno di opporci a due guerre decennali – Iraq e Afghanistan – che ormai sono diventate routine (per noi, un po’ meno per coloro che là vivono sotto i bombardamenti dei droni, la carestia, le epidemie), al più recente conflitto in Libia, all’imminente invasione dell’Iran. A cui seguirà la Siria, già nel mirino della Casa Bianca. Perché guarda caso, quando vengono resi noti questi falliti attentati, i piani di conquista del Paese di turno – che viene accusato di essersi reso colpevole di un peccato capitale o di tradimento – esistevano già da mesi, se non da anni, sulle scrivanie dei vari Presidenti americani. Proprio come i piani di invasione di Iraq e Afghanistan che attendevano, a dirla secondo Brzezinski, una “nuova Pearl Harbour” che compattasse l’opinione pubblica verso il nemico costruito a tavolino con un false flag appunto. E così avvenne allora, come forse sta per avvenire ora: l’11/9 sconvolse a tal punto l’opinione pubblica da legittimare l’intervento bellico. E la teoria della guerra preventiva stava diventando storia. Una storia che il nostro ossimoro vivente, Obama che stringe con una mano il Nobel per la Pace, con l’altra firma piani di invasione, ha imparato molto bene.
Entrare in guerra contro l’Iran significherebbe ora dare l’avvio alla Terza Guerra Mondiale, mandando in fumo i trattati di pace israelo palestinesi e impegnando le truppe americane ed europee in un evidente accerchiamento di Russia e Cina (che lo stesso Bill Clinton ha recentemente definito “la nostra banca” avendo comprato la maggior parte del debito americano) nella corsa alla conquista del Medio Oriente. Ciò varrebbe come reazione non solo la chiamata alle armi e il compattamento di tutto l’Islam, ma un’ipotetica reazione di Russia e Cina. Obama sembra infatti intenzionato, applicando alla lettera la teoria della guerra preventiva, a “perseguire” i responsabili. Ora, si potrebbe anche involarsi ad accettare la veridicità di un ipotetico coinvolgimento del governo iraniano nel complotto, se non fosse che il nostro vecchio stratega Brzezinski il 2 febbraio 2007 davanti alla Commissione Esteri del Senato USA mise in guardia da un “plausibile scenario per una collisione militare con l’Iran”. Eccolo, di nuovo: sempre lui. Novella Cassandra che parla e prevede fin nei minimi particolari, dalla Pearl Harbour che fu l’11/9 come “occasione” (citando Cheney e Rice) per oliare il motore dell’espansionismo americano, alla prossima tappa in terra iraniana. Che cosa prevedeva questo scenario? Ce lo ricorda Pino Cabras dal sito di megachip:
Includeva «il fallimento [del governo] iracheno nell’adempiere ai requisiti [stabiliti dall’amministrazione statunitense], con il seguito di accuse all’Iran di essere responsabile del fallimento, e poi, una qualche provocazione in Iraq o un atto terroristico negli Stati Uniti che sarà attribuito all’Iran, [il tutto] culminante in un’azione militare “difensiva” degli Stati Uniti contro l’Iran». Nel 2007 la critica di Brzezinski puntava molto in alto, lamentando, sull’Iraq, «il fatto che le principali decisioni strategiche vengono prese in un circolo assai ristretto di persone, forse non più delle dita della mia mano. E sono questi individui che hanno preso la decisione iniziale di andare alla guerra». E nel caso dell’atto terroristico ipotizzato, era la prima volta che una voce americana di così straordinaria autorevolezza, considerava “plausibile” che qualcuno, in seno agli apparati di governo statunitensi, potesse organizzare un attacco contro gli Stati Uniti, in modo da attribuire poi il tutto a qualche nemico esterno e provocare una guerra.
Ora il nuovo ombelico del terrorismo internazionale è l’Iran. Dieci anni fa le montagne afghane. Poi è stata la volta dell’Iraq. Ora, non c’è dubbio, è l’Iran – parola del Pentagono. Se le accuse contro Teheran fossero confermate, si tratterebbe della violazione della Convenzione Onu sulla protezione del personale diplomatico, firmata anche dal governo iraniano. In tal modo gli Usa o l’Arabia Saudita potrebbero chiedere l’estradizione del secondo presunto terrorista coinvolto nella vicenda: quello sfuggito all’arresto. Se Teheran si rifiutasse, il caso potrebbe finire al Consiglio di sicurezza o alla Corte internazionale dell’Aja. Ma se ciò avvenisse, non ricorderebbe un po’ il rifiuto del Mullah Omar di consegnare bin Laden, seppure non corressero buoni rapporti tra i due? La ciclicità degli eventi è evidente. Le conseguenze anche. Ma noi preferiamo continuare ad aspettare una fantomatica catastrofe dal cielo piuttosto che vedere che se la fine del Mondo dev’essere, sarà umana, fin troppo umana.
Fonte: ildemocratico.com
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Re: Una raffica di colpi di stato prendono forma in pochissimo tempo nel Mediterraneo
Cosa ne pensate delle proteste in tutte le piazze oggi?? Che sia inizio ???
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Re: Una raffica di colpi di stato prendono forma in pochissimo tempo nel Mediterraneo
Marek ha scritto:Cosa ne pensate delle proteste in tutte le piazze oggi?? Che sia inizio ???
mi sembra sia successa la stessa cosa diversi mesi fa,in contemporanea in italia,inghilterra,spagna e grecia mi sembra di ricordare,riguardo oggi ti riferisci in tutte le piazze d'italia o in europa?(oggi non ho seguito niente)
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Re: Una raffica di colpi di stato prendono forma in pochissimo tempo nel Mediterraneo
ho appena sentito qualcosa al tg,secondo me la cosa da segnalare rispetto al passato e' che la gente comune si e' ribbellata ai blak blok consegnandone addirittura 3 alla polizia,cosa che a memoria non ricordo almeno nel recente passato,corregetemi se sbaglio,questo io lo valuto come segno di cambiamento,solo io la penso cosi'?
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Re: Una raffica di colpi di stato prendono forma in pochissimo tempo nel Mediterraneo
Indignati:20 feriti,fiamme via Merulana
Manifestanti innalzano barricate, blindati le buttano giu'
15 ottobre, 19:29
(ANSA) - ROMA, 15 OTT - Ci sarebbero circa 20 feriti tra forze ordine, manifestanti e teppisti negli scontri di oggi a Roma. Tutti sono stati trasportati all'Umberto I e al San Giovanni e sono stati medicati per contusioni e lievi ferite.
Tra i feriti anche un ufficiale dei carabinieri, colpito da una pietra, ed un agente di polizia. In via Merulana in fiamme il ponteggio di un palazzo e nelle vie limitrofe a Piazza San Giovanni i teppisti hanno dato alle fiamme cassonetti, usati per barricate.
http://www.ansa.it/web/notizie/rubriche/topnews/2011/10/15/visualizza_new.html_671557041.html
Manifestanti innalzano barricate, blindati le buttano giu'
15 ottobre, 19:29
(ANSA) - ROMA, 15 OTT - Ci sarebbero circa 20 feriti tra forze ordine, manifestanti e teppisti negli scontri di oggi a Roma. Tutti sono stati trasportati all'Umberto I e al San Giovanni e sono stati medicati per contusioni e lievi ferite.
Tra i feriti anche un ufficiale dei carabinieri, colpito da una pietra, ed un agente di polizia. In via Merulana in fiamme il ponteggio di un palazzo e nelle vie limitrofe a Piazza San Giovanni i teppisti hanno dato alle fiamme cassonetti, usati per barricate.
http://www.ansa.it/web/notizie/rubriche/topnews/2011/10/15/visualizza_new.html_671557041.html
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Re: Una raffica di colpi di stato prendono forma in pochissimo tempo nel Mediterraneo
http://www.ansa.it/web/notizie/rubriche/cronaca/2011/10/12/visualizza_new.html_673282897.html
Indignati a Roma, black bloc fanno il caos Blindato dato alle fiamme, settanta feriti
Auto incendiate, banche assaltate. Manifestanti tentano di fermare i violenti e applaudono cariche polizia. Napolitano: 'Preoccupazione per inammissibili violenze'
15 ottobre, 22:22
(di Luca Laviola)
Si temeva un nuovo 14 dicembre, è stato peggio. E, su tutto, l'incubo del G8 di Genova, come in un assurdo anniversario delle violenze di 10 anni fa. Roma per un pomeriggio ostaggio di teppisti pronti a tutto pur di portare devastazione: blitz violenti consumati in un crescendo, dalle vetrine rotte e i negozi saccheggiati, fino alla battaglia in una Piazza San Giovanni avvolta da colonne di fumo che hanno oscurato perfino il ricordo delle violenze esplose durante il corteo degli studenti alla fine del 2010, in concomitanza con un voto di fiducia al governo in Parlamento.
Allora via del Corso e il cuore della Capitale furono messi a ferro e fuoco. Oggi è toccato a piazza San Giovanni, luogo simbolo di manifestazioni democratiche, che, per almeno tre ore, è stata preda della rabbia nera dei Black Bloc.
Il dispositivo di sicurezza deciso dalla Questura ha blindato i palazzi istituzionali - minacciati a dicembre scorso - e il centro storico, Fori e Colosseo compresi, ma non ha potuto impedire che i teppisti portassero la loro guerra fino a piazza San Giovanni, dove il corteo doveva concludersi. La loro è stata una vera escalation di violenza iniziata con blitz a via Cavour a suon di mazze per sfondare vetrine e petardi per incendiare banche, si è snodata lungo via Labicana, dove è stato dato alle fiamme un ex deposito militare con annessa un'abitazione privata, è arrivata a viale Manzoni e penetrata fino a Piazza San Giovanni.
Nell'incendio - ha riferito il ministro della Difesa Ignazio La Russa - un generale in pensione ha rischiato di morire bruciato vivo e si è salvato solo perché dei vicini lo hanno aiutato a fuggire, insieme alla moglie, con una scala dalla finestra. Fatti avvenuti nonostante le violentissime cariche, gli idranti per spazzare le resistenze, i blindati per distruggere le tante barricate fatte con qualunque arredo urbano: cassonetti, pali stradali, fioriere.
Il tutto costellato di auto incendiate, meglio se lussuose, meglio se Suv. Violenza portata fin dentro le chiese, come quella di san Marcellino e Pietro profanata con una statua della Madonna frantumata, e che si è scagliata contro chi ha tentato di ostacolarla, come un manifestante di Sinistra e Libertà e un cittadino, entrambi rimasti feriti. Poi, una volta arrivati a San Giovanni è stata guerriglia, studiata e giocata anche sui nervi, con blitz e barricate, pali stradali usati come arieti e fionde.
E tantissima violenza consumata tra i veri manifestanti terrorizzati, alla fine cacciati dalla piazza. Il fuoco e il fumo vicino alla Basilica del Laterano non si vedevano dagli attentati mafiosi del 1993. La battaglia del 15 ottobre ha avuto a lungo il suo epicentro nei giardini di fronte al sagrato di una delle basiliche più importanti della cristianità. Centinaia di giovani a volto coperto, molti vestiti di nero e con il casco in testa, hanno attaccato a ondate i contingenti di polizia, carabinieri e finanzieri confluiti sul posto. Hanno attaccato anche i blindati, senza paura. Hanno incendiato un mezzo dei carabinieri assaltandolo quasi a mani nude e costringendo i due militari a bordo a scappare per non finire bruciati.
Dietro di sé avevano lasciato una scia di distruzione su via Labicana, viale Manzoni e via Emanuele Filiberto. In quest'ultima, che porta a piazza San Giovanni, il manto stradale in certi punti appariva sventrato per fare dei sampietrini-proiettili. Dietro le vetrate dell'albergo President i turisti guardavano fuori sgomenti. Sul vetro i teppisti avevano scritto 'Kill the President'.
Altri cittadini, sconvolti, si erano rifugiati in un portone. Una battaglia durata oltre cinque ore. Una battaglia di posizione con i teppisti pronti ad attaccare ad ogni carica, sempre più determinati e violenti. E i pochi manifestanti rimasti, arroccati sotto la basilica dopo avere tentato di fermare a parole i Black Bloc, urlando 'Vergogna' e applaudendo gli idranti in azione. In tarda serata le forze dell'ordine hanno la meglio. I teppisti si disperdono a via Merulana dopo barricate, roghi, un ponteggio in fiamme. La piazza è liberata. A terra restano vetri, sampietrini, bottiglie. A terra resta l'intenzione di una manifestazione pacifica e per un futuro migliore.
Indignati a Roma, black bloc fanno il caos Blindato dato alle fiamme, settanta feriti
Auto incendiate, banche assaltate. Manifestanti tentano di fermare i violenti e applaudono cariche polizia. Napolitano: 'Preoccupazione per inammissibili violenze'
15 ottobre, 22:22
(di Luca Laviola)
Si temeva un nuovo 14 dicembre, è stato peggio. E, su tutto, l'incubo del G8 di Genova, come in un assurdo anniversario delle violenze di 10 anni fa. Roma per un pomeriggio ostaggio di teppisti pronti a tutto pur di portare devastazione: blitz violenti consumati in un crescendo, dalle vetrine rotte e i negozi saccheggiati, fino alla battaglia in una Piazza San Giovanni avvolta da colonne di fumo che hanno oscurato perfino il ricordo delle violenze esplose durante il corteo degli studenti alla fine del 2010, in concomitanza con un voto di fiducia al governo in Parlamento.
Allora via del Corso e il cuore della Capitale furono messi a ferro e fuoco. Oggi è toccato a piazza San Giovanni, luogo simbolo di manifestazioni democratiche, che, per almeno tre ore, è stata preda della rabbia nera dei Black Bloc.
Il dispositivo di sicurezza deciso dalla Questura ha blindato i palazzi istituzionali - minacciati a dicembre scorso - e il centro storico, Fori e Colosseo compresi, ma non ha potuto impedire che i teppisti portassero la loro guerra fino a piazza San Giovanni, dove il corteo doveva concludersi. La loro è stata una vera escalation di violenza iniziata con blitz a via Cavour a suon di mazze per sfondare vetrine e petardi per incendiare banche, si è snodata lungo via Labicana, dove è stato dato alle fiamme un ex deposito militare con annessa un'abitazione privata, è arrivata a viale Manzoni e penetrata fino a Piazza San Giovanni.
Nell'incendio - ha riferito il ministro della Difesa Ignazio La Russa - un generale in pensione ha rischiato di morire bruciato vivo e si è salvato solo perché dei vicini lo hanno aiutato a fuggire, insieme alla moglie, con una scala dalla finestra. Fatti avvenuti nonostante le violentissime cariche, gli idranti per spazzare le resistenze, i blindati per distruggere le tante barricate fatte con qualunque arredo urbano: cassonetti, pali stradali, fioriere.
Il tutto costellato di auto incendiate, meglio se lussuose, meglio se Suv. Violenza portata fin dentro le chiese, come quella di san Marcellino e Pietro profanata con una statua della Madonna frantumata, e che si è scagliata contro chi ha tentato di ostacolarla, come un manifestante di Sinistra e Libertà e un cittadino, entrambi rimasti feriti. Poi, una volta arrivati a San Giovanni è stata guerriglia, studiata e giocata anche sui nervi, con blitz e barricate, pali stradali usati come arieti e fionde.
E tantissima violenza consumata tra i veri manifestanti terrorizzati, alla fine cacciati dalla piazza. Il fuoco e il fumo vicino alla Basilica del Laterano non si vedevano dagli attentati mafiosi del 1993. La battaglia del 15 ottobre ha avuto a lungo il suo epicentro nei giardini di fronte al sagrato di una delle basiliche più importanti della cristianità. Centinaia di giovani a volto coperto, molti vestiti di nero e con il casco in testa, hanno attaccato a ondate i contingenti di polizia, carabinieri e finanzieri confluiti sul posto. Hanno attaccato anche i blindati, senza paura. Hanno incendiato un mezzo dei carabinieri assaltandolo quasi a mani nude e costringendo i due militari a bordo a scappare per non finire bruciati.
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Re: Una raffica di colpi di stato prendono forma in pochissimo tempo nel Mediterraneo
Marek ha scritto:Cosa ne pensate delle proteste in tutte le piazze oggi?? Che sia inizio ???
non ci sperare, certe cose vanno avanti perlomeno dal famoso '68. hanno voluto la democrazia e questa è una delle sue manifestazioni
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Re: Una raffica di colpi di stato prendono forma in pochissimo tempo nel Mediterraneo
Solito troiaio di manifestazione senza senso...boh
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Re: Una raffica di colpi di stato prendono forma in pochissimo tempo nel Mediterraneo
Marek ha scritto:Solito troiaio di manifestazione senza senso...boh
per gli "studenti" ogni scusa è buona per non stare sui libri e poi questa voglia di distruggere ciò che altri hanno costruito..bisognerebbe indagare su chi sta dietro le quinte a plasmare quelle giovani menti..
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Re: Una raffica di colpi di stato prendono forma in pochissimo tempo nel Mediterraneo
Marek ha scritto:''IL SISTEMA''
diciamo così
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Indignados o Ignorados?
La scorsa settimana Michael Moore si è presentato nello studio di Piers Morgan (il giornalista che ha preso il posto di Larry King alla CNN) eccitato ed ansimante, poco dopo aver partecipato ad una manifestazione accanto agli “indignados” di Wall Street.
E’ stata quella la prima volta che il pubblico americano è venuto a sapere da una rete televisiva mainstream di un evento – l’ “occupazione” di Wall Street, appunto – che era in corso già da 4 giorni. E lo hanno saputo da un talk-show della CNN, non da un regolare TG.
Da quel momento in poi sono stati costretti un pò tutti ad inseguire la notizia, dal New York Times a Fox News, dal Washington Post a tutti gli altri network nazionali.
Ma la riluttanza con cui i media mainstream stanno dedicando il loro spazio alle proteste di Wall Street viene superata solo dalla disperazione con cui cercano a tutti i costi di far apparire la protesta per quello che non è: una specie di “happening” stile anni 70’, animato di fricchettoni che non hanno niente di meglio da fare nella vita, di cui “non si capisce nemmeno bene cosa vogliano”.
Di certo è molto divertente vedere come i grandi media americani siano prontissimi a celebrare le “primavere colorate” altrui, ma fatichino decisamente a riconoscere che qualcosa sta cambiando anche in casa loro.
In tutto questo i media alternativi si stanno divertendo un mondo, nel prendere in giro i loro colleghi delle “corporate news” chiaramente terrorizzati dall’idea di dover prendere seriamente …
… quello che sta succedendo nelle strade di Manhattan.
Keith Olberman, passato a Current TV, si diverte nel raccontare come dopo 5 giorni di protesta fossero usciti in nordamerica soltanto due articoli, di cui uno in Canada.
Su Democracy Now Amy Goodman e Naomi Klein rifanno il verso ad una giornalista della CNN, che è “scesa in piazza” insieme ai manifestanti, facendo finta di non capire cosa volessero, e riuscendo addirittura a concludere dicendo che “in fondo il salvataggio delle banche ha fatto guadagnare dei soldi ai cittadini”.
Nella stessa intervista, Naomi Klein offre anche una seria analisi dei danni portati dal capitalismo estremo, che dopo aver allargato al massimo la forbice del benessere si ritrova costretto a “mangiare i propri figli per sopravvivere”. In alte parole, spiega la Klein, dopo aver tolto alla middle-class quasi tutto quello che aveva, i grandi monopoli finanziari hanno dovuto inventarsi il giochino del credito facile purchè questi continuassero comunque a fare acquisti.
Anche “The Real News” presenta una interessante intervista nella quale l’economista Gerry Epstein propone un’analisi storica che individua le radici dell’odierna crisi finanziaria globale al fatidico 1971 (sganciamento del dollaro dalla parità con l’oro). Ma non fu tanto la fine della parità in sè – dice Epstein – a gettare le basi per la crisi odierna, quanto lo spostamento delle alleanze che ne derivò, fra potere industriale e potere finanziario, nel momento in cui il secondo ricevette il via libera per operare senza più restrizioni, finendo per lasciare a terra l’intera forza-lavoro americana.
Altri commentatori indipendenti suggeriscono che le proteste di Wall Street rappresentino il punto in cui il cittadino ha capito che un vero cambiamento non potrà mai avvenire attraverso le urne, e quindi ha deciso di prendere il futuro nelle proprie mani.
Insomma, sui media alternativi si discute, ci si confronta, si cerca di capire, mentre sui media mainstream si continua a far finta che sia sempre domenica.
Ma gli “indignados” di Wall Street non mollano, e stanno entrando ormai nella terza settimana di protesta. Curiosamente, era stata una delle prime cose che Michael Moore aveva detto, presentando da Piers Morgan le proteste appena iniziate: “This won’t go away,” disse. “Questa roba non se ne andrà da sola, è perfettamente inutile ignorarla. Nelle strade di Manhattan sta iniziando qualcosa che è destinato ad arrivare molto lontano”.
Fino ad oggi ha avuto ragione lui.
Massimo Mazzucco
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Re: Una raffica di colpi di stato prendono forma in pochissimo tempo nel Mediterraneo
Son ragazzi che voglion avere una scusa per marinare la scuola, creare danni e sentirsi "supremi". Penso che una manifestazione come si deve si svolge con pace e tranquillita, almeno verso altre persone
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Re: Una raffica di colpi di stato prendono forma in pochissimo tempo nel Mediterraneo
Vudkos ha scritto:Son ragazzi che voglion avere una scusa per marinare la scuola, creare danni e sentirsi "supremi". Penso che una manifestazione come si deve si svolge con pace e tranquillita, almeno verso altre persone
questi secondo me sono i soliti imbecilli molto carenti di materia cerebrale..il problema è chi li gestisce
Alaudae- Moderatore Globale
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Luce Verde per la Guerra all'Iran
Il piano terroristico fabbricato dall'amministrazione Obama per accusare l'Iran rappresenta la luce verde per un attacco israeliano contro l'Iran che si terrà entro le prossime due settimane, secondo fonti militari confidenziali.
Israele teme che grandi potenze come la Germania stiano avvicinando le relazioni con l'Iran alla calma consentendo all'Iran di proseguire con il suo programma nucleare di arricchimento senza impedimenti. Una finestra di due mesi è stata assegnata durante la quale Israele ha l'opportunità di lanciare un attacco militare, aspettando l'inverno quando l'attacco sarà più difficile da tirare fuori non è un'opzione.
Il Segretario alla Difesa americano Leon Panetta, in visita a Tel Aviv, è stato usato dai falchi israeliani per convincere gli Stati Uniti che dovrebbero dare luce verde all'attacco. Meno di 10 giorni fa, una trama del terrore fantasiosa che coinvolgeva un venditore di auto usate è stata inventata per coinvolgere l'Iran e creare il pretesto per un attacco militare.
"Nelle ultime settimane, discussioni intense hanno avuto luogo in Israele e nei circoli militari di intelligence sull'opportunità o meno di lanciare un attacco militare contro gli impianti nucleari dell'Iran. A quanto pare, la questione chiave del dibattito è stato come garantire che gli Stati Uniti prendessero parte all'attacco o, almeno, intervenire al fianco di Israele se l'attacco iniziale inneschi una guerra più ampia", scrive Patrick Seale di Gulf News.
L'intervento è stato deciso dopo l'annuncio del falso piano terroristico fabbricato, che è stato in realtà inventato il mese scorso ma reso pubblica solo ora.
Mentre i funzionari dell'intelligence USA si preparano a rilasciare attestazioni relative a un "Catena" delle trame che sarà attribuito all'Iran, la rivista Time riferisce che l'amministrazione Obama si sta preparando a utilizzare le accuse per agire al di là delle semplici tattiche di isolamento.
"Se l'Amministrazione non riesce a ottenere il sostegno per una significativa escalation di sanzioni o altre forme di punizione per il regime di Teheran dopo aver presentato le prove delle ultime accuse di prevaricazione iraniana, la palla tornerà di nuovo alla corte di Obama", scrive Tony Karon. "Dopo aver fatto in modo che l'Iran attraversasse la linea rossa, che sarà oggetto di crescenti pressioni per agire - o rischiare entrando in una stagione elettorale fortemente polarizzato ossessionata da un'accusa debole contro l'Iran.
Con i neo-cons che corrono a sostegno di misure aggressive contro l'Iran, Obama ora correrà a perseguire l'ennesimo atto di un cambiamento di regime. Come postato nel febbraio dello scorso anno su prison planet, Obama è ricattato in sostegno di un attacco all'Iran come l'unico modo per salvare la sua presidenza. Era stato anche ipotizzato che un attentato sarebbe stato utilizzato come pretesto per coinvolgere l'Iran.
Esperti di geopolitica sono stati coerenti nei loro avvertimenti che Israele si stava preparando a colpire l'Iran il prossimo autunno.
Già nel mese di luglio, il veterano della CIA Robert Baer disse al KPFK di Los Angeles che il primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu stava progettando un attacco all'Iran nel mese di settembre in concomitanza con la richiesta palestinese all'adesione presso le Nazioni Unite.
Alex Jones, l'ex funzionario del Dipartimento di Stato Steve Pieczenik, e numerose fonti di intelligence che hanno lavorato in diverse posizioni sensibili nel corso della loro carriera, hanno anche indicato che il piano terroristico era completamente inventato e che sarebbe stato usato come pretesto per giustificare un attacco militare contro l'Iran.
Pieczenik ha anche sottolineato che Israele aveva da poco preso in consegna una grande quantità di missili anti-bunker.
Come documentato, il presunto attentato contro l'ambasciatore saudita Adel al-Jubeir, che ora viene citato da tutti, da John Kerry a John McCain per giustificare il potenziale attacco militare, è una fantasia completa.
Il tenente colonnello in pensione Anthony Shaffer dell'esercito degli Stati Uniti ha rivelato che un insider dell'FBI con un'autorizzazione di alta sicurezza gli ha detto chiaramente che l'intero episodio è stato prodotto.
Ora è anche emerso che la presunta "mente" dietro il complotto era una fumatore di marjuana, un ubriaco che amava frequentare prostitute ed è stato descritto da chi lo conosce come un "burlone".
traduzione ed adattamento: Daniele L - AltraNews
fonte: infowars.com/sources-us-gives-israel-green-light-for-iran-strike/
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Corea del Sud vs Israele
C’è una commessa da un miliardo di dollari, 20 jet militari di ultima generazione e tre Paesi seduti – ma solo virtualmente – a un tavolo. Da un lato, l’acquirente: Israele. Dall’altro, gli offerenti: Corea del Sud e Italia. Nel mezzo, proprio loro: i 20 jet da addestramento. E una possibile crisi diplomatico-commerciale tra lo Stato ebraico e il paese asiatico perché, all’ultimo, la scelta israeliana pare sia caduta sull’offerta italiana.
A rivelare il retroscena di una partita da un miliardo di dollari è l’analista militare del quotidiano Haaretz, Amos Harel. Secondo Harel la questione sarà risolta solo alla fine dell’anno, quando arriverà la decisione dei vertici militari con il parere tecnico dello stato maggiore di Tsahal, le forze armate. Le alternative restano due: i T50 sudcoreani e gli M346 italiani (prodotti dalla Alenia-Aermacchi con l’aiuto dei russi della Yakovlev).
Ed è proprio la proposta italiana a spaventare i sudcoreani: secondo Seul, infatti, il risultato dell’asta sarebbe già stato predeterminato dai condizionamenti politici di Benjamin Netanyahu. E per questo – secondo le indiscrezioni di Harel – avrebbe minacciato in via riservata «una ritorsione clamorosa nel caso di una scelta che fosse ritenuta scarsamente motivata da ragioni operative e/o economiche». Quale sia la «ritorsione clamorosa» non è dato saperlo. Secondo Harel però i sudcoreani sarebbero pronti anche a congelare tutti i rapporti commerciali con Israele nel settore della difesa.
Non è una cosa da poco. Ogni anno, lo Stato ebraico acquista prodotti militari dalla Corea del Sud per una media di 280 milioni di dollari. Ed è per questo che il ministero della Difesa israeliano, in un incontro urgente con l’ambasciatore sudcoreano a Tel Aviv, avrebbe cercato di rassicurare Seul : L’esame dei due candidati è ancora in corso», avrebbero detto i vertici ministeriali. Aggiungendo che «la scelta cadrà esclusivamente su quello che verrà giudicato il miglior jet da addestramento ‘combat’ per le esigenze dell’aeronautica».
Parole che l’analista militare di Haaretz in qualche modo smentisce. Anzi, giudica fondate le paure della Corea del Sud su un possibile «vantaggio significativo» in partenza per quanto riguarda la proposta italiana. «Il primo ministro italiano Silvio Berlusconi – commenta Harel – è un convinto sostenitore d’Israele e ha relazioni molto strette con Netanyahu. Un’alleanza che il governo israeliano ha un disperato interesse a preservare, nella fase di crescente isolamento internazionale in cui si ritrova».
Leonard Berberi
fonte: falafelcafe.wordpress.com/2011/10/11/commessa-dei-jet...
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A rivelare il retroscena di una partita da un miliardo di dollari è l’analista militare del quotidiano Haaretz, Amos Harel. Secondo Harel la questione sarà risolta solo alla fine dell’anno, quando arriverà la decisione dei vertici militari con il parere tecnico dello stato maggiore di Tsahal, le forze armate. Le alternative restano due: i T50 sudcoreani e gli M346 italiani (prodotti dalla Alenia-Aermacchi con l’aiuto dei russi della Yakovlev).
Ed è proprio la proposta italiana a spaventare i sudcoreani: secondo Seul, infatti, il risultato dell’asta sarebbe già stato predeterminato dai condizionamenti politici di Benjamin Netanyahu. E per questo – secondo le indiscrezioni di Harel – avrebbe minacciato in via riservata «una ritorsione clamorosa nel caso di una scelta che fosse ritenuta scarsamente motivata da ragioni operative e/o economiche». Quale sia la «ritorsione clamorosa» non è dato saperlo. Secondo Harel però i sudcoreani sarebbero pronti anche a congelare tutti i rapporti commerciali con Israele nel settore della difesa.
Non è una cosa da poco. Ogni anno, lo Stato ebraico acquista prodotti militari dalla Corea del Sud per una media di 280 milioni di dollari. Ed è per questo che il ministero della Difesa israeliano, in un incontro urgente con l’ambasciatore sudcoreano a Tel Aviv, avrebbe cercato di rassicurare Seul : L’esame dei due candidati è ancora in corso», avrebbero detto i vertici ministeriali. Aggiungendo che «la scelta cadrà esclusivamente su quello che verrà giudicato il miglior jet da addestramento ‘combat’ per le esigenze dell’aeronautica».
Parole che l’analista militare di Haaretz in qualche modo smentisce. Anzi, giudica fondate le paure della Corea del Sud su un possibile «vantaggio significativo» in partenza per quanto riguarda la proposta italiana. «Il primo ministro italiano Silvio Berlusconi – commenta Harel – è un convinto sostenitore d’Israele e ha relazioni molto strette con Netanyahu. Un’alleanza che il governo israeliano ha un disperato interesse a preservare, nella fase di crescente isolamento internazionale in cui si ritrova».
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