venti di guerra Iraq
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venti di guerra Iraq
In questi giorni mi vengono in mente spesso le due barzellette più tragiche degli ultimi anni: “Le donne afghane bruciano i burqa” e “Missione compiuta in Iraq”, entrambe dovute al genio comico di George W. Bush. Ci furono molti, ingenui o cialtroni, che si diedero da fare anche da noi per spacciarle per verità. Dopo 9 anni di guerra, in Afghanistan lapidano i fidanzati ventenni e i generali Usa (ultimo il supergenerale Petraeus) contraddicono persino il presidente Obama sull’opportunità di un prossimo ritiro. E in Iraq?
In Iraq, per certi versi, è anche peggio. Perché lì, come ci hanno spiegato a lungo, c’è la democrazia, perbacco. Lì si vota, e con ordine. Ci sono politici illuminati. Il terrorismo veniva da fuori e tutti i capi di Al Qaeda sono stati eliminati. C’è il petrolio, la ricostruzione. Se per Bush era “missione compiuta” già nel 2003, figuriamoci adesso. Non a caso proprio in queste settimane il contingente Usa viene ridotto a 50 mila soldati (erano 160 mila nel 2007), un altro passo importante verso il dicembre 2011, quando di soldati americani non dovrebbero essercene più.
E invece no. Partiamo dal ritiro Usa. E’ comprensibile che Obama tenga a chiudere la guerra aperta da Bush, anche in vista dell’elezione presidenziale del 2012. Ma gli iracheni sono contenti di questa scadenza? No. Tarek Aziz, il ministro degli Esteri di Saddam Hussein, sarà un poco di buono ma il Medio Oriente lo conosce. E dal carcere di Baghdad ha fatto sapere che il ritiro Usa sarebbe una follia. La stessa cosa, ma in termini più diplomatici, ha detto Babaker Zebari, comandante in capo dell’esercito dell’Iraq. Il ritiro è “prematuro”, secondo Zebari, e gli americani dovrebbero fermarsi in Iraq almeno altri dieci anni.
E’ chiaro che i timori degli iracheni sono legati, in primo luogo, alla mancanza di sicurezza. L’ultimo kamikaze ha colpito durissimo a Baghdad, nei pressi del ministero della Difesa: 7o morti nella folla di giovani che si accalcava a un centro di reclutamento dell’esercito. L’esercito che dovrebbe proteggere l’ Iraq non riesce neppure a proteggere se stesso. Ma c’è un’aggravante in questo genere di attentati. I giovani iracheni cercano di entrare nelle forze armate non perché posseduti dal demone del combattimento ma perché l’esercito è un buon datore di lavoro, in un Paese dove la disoccupazione è sempre intorno al 50-60% della popolazione. Un soldato arriva a guadagnare anche 500 dollari, una somma importante da quelle parti. Molti giovani pagano tangenti per riuscire a farsi arruolare e “sistemarsi”. Colpendo le aspiranti reclute, i terroristi non solo indeboliscono il morale delle truppe ma fanno marcire nella povertà un numero maggiore di famiglie. A queste, il ritiro degli americani non pare certo una buona notizia. E il mese di luglio, con quasi 600 civili uccisi, è stato il più cruento degli ultimi cinque anni.
E poi c’è la politica. Le elezioni si sono svolte il 7 marzo (doveva essere gennaio) con un’affluenza alle urne del 62,4%. Una buona percentuale e infatti si sono sprecati i titoli come “smacco per i terroristi” e così via. Però ancora oggi (cioè 6 mesi dopo il voto) l’Iraq non ha un Governo. E’ successo questo: nonostante fosse dato per favorito, il premier in carica, Nur al Maliki, sciita, le elezioni le ha perse. La sua coalizione ha ottenuto 89 seggi (sui 325 totali) contro i 91 raccolti invece da un altro sciita, l’ex premier Iyad Allawi. I sei mesi sono sfumati in inutili discussioni. La realtà è una sola: i due non si mettono d’acccordo e Al Maliki non vuole mollare il posto, anche se toccherebbe alla coalizione vincitrice l’onere e l’onore di formare il Governo.
Questo è l’Iraq reale, di cui infatti si preferisce non parlare. C’è l’Afghanistan, c’è la crisi, in Italia ci sono molte altre cose. E poi per l’Iraq nessuno sa più che fare. Le cialtronate dei dì che furono, però, non dovremmo dimenticarle. Perché poi, se ci fate caso, quelli che allora pontificavano sull’Iraq oggi pontificano su altro. Ma sempre pontificano.
http://www.fulvioscaglione.com/index.php/medio-oriente/iraq-gli-usa-se-ne-vanno-gli-iracheni-no/
In Iraq, per certi versi, è anche peggio. Perché lì, come ci hanno spiegato a lungo, c’è la democrazia, perbacco. Lì si vota, e con ordine. Ci sono politici illuminati. Il terrorismo veniva da fuori e tutti i capi di Al Qaeda sono stati eliminati. C’è il petrolio, la ricostruzione. Se per Bush era “missione compiuta” già nel 2003, figuriamoci adesso. Non a caso proprio in queste settimane il contingente Usa viene ridotto a 50 mila soldati (erano 160 mila nel 2007), un altro passo importante verso il dicembre 2011, quando di soldati americani non dovrebbero essercene più.
E invece no. Partiamo dal ritiro Usa. E’ comprensibile che Obama tenga a chiudere la guerra aperta da Bush, anche in vista dell’elezione presidenziale del 2012. Ma gli iracheni sono contenti di questa scadenza? No. Tarek Aziz, il ministro degli Esteri di Saddam Hussein, sarà un poco di buono ma il Medio Oriente lo conosce. E dal carcere di Baghdad ha fatto sapere che il ritiro Usa sarebbe una follia. La stessa cosa, ma in termini più diplomatici, ha detto Babaker Zebari, comandante in capo dell’esercito dell’Iraq. Il ritiro è “prematuro”, secondo Zebari, e gli americani dovrebbero fermarsi in Iraq almeno altri dieci anni.
E’ chiaro che i timori degli iracheni sono legati, in primo luogo, alla mancanza di sicurezza. L’ultimo kamikaze ha colpito durissimo a Baghdad, nei pressi del ministero della Difesa: 7o morti nella folla di giovani che si accalcava a un centro di reclutamento dell’esercito. L’esercito che dovrebbe proteggere l’ Iraq non riesce neppure a proteggere se stesso. Ma c’è un’aggravante in questo genere di attentati. I giovani iracheni cercano di entrare nelle forze armate non perché posseduti dal demone del combattimento ma perché l’esercito è un buon datore di lavoro, in un Paese dove la disoccupazione è sempre intorno al 50-60% della popolazione. Un soldato arriva a guadagnare anche 500 dollari, una somma importante da quelle parti. Molti giovani pagano tangenti per riuscire a farsi arruolare e “sistemarsi”. Colpendo le aspiranti reclute, i terroristi non solo indeboliscono il morale delle truppe ma fanno marcire nella povertà un numero maggiore di famiglie. A queste, il ritiro degli americani non pare certo una buona notizia. E il mese di luglio, con quasi 600 civili uccisi, è stato il più cruento degli ultimi cinque anni.
E poi c’è la politica. Le elezioni si sono svolte il 7 marzo (doveva essere gennaio) con un’affluenza alle urne del 62,4%. Una buona percentuale e infatti si sono sprecati i titoli come “smacco per i terroristi” e così via. Però ancora oggi (cioè 6 mesi dopo il voto) l’Iraq non ha un Governo. E’ successo questo: nonostante fosse dato per favorito, il premier in carica, Nur al Maliki, sciita, le elezioni le ha perse. La sua coalizione ha ottenuto 89 seggi (sui 325 totali) contro i 91 raccolti invece da un altro sciita, l’ex premier Iyad Allawi. I sei mesi sono sfumati in inutili discussioni. La realtà è una sola: i due non si mettono d’acccordo e Al Maliki non vuole mollare il posto, anche se toccherebbe alla coalizione vincitrice l’onere e l’onore di formare il Governo.
Questo è l’Iraq reale, di cui infatti si preferisce non parlare. C’è l’Afghanistan, c’è la crisi, in Italia ci sono molte altre cose. E poi per l’Iraq nessuno sa più che fare. Le cialtronate dei dì che furono, però, non dovremmo dimenticarle. Perché poi, se ci fate caso, quelli che allora pontificavano sull’Iraq oggi pontificano su altro. Ma sempre pontificano.
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Wikileaks: Iraq; bagno di sangue, 66 mila civili uccisi
Wikileaks lancia un nuovo guanto di sfida alla politica estera degli Stati Uniti: il conflitto in Iraq è stato un bagno di sangue con oltre 66.000 civili uccisi, e i militari americani hanno chiuso gli occhi di fronte a torture ed eccidi commessi dall'esercito iracheno, "sporcandosi le mani" direttamente con la morte di civili inermi mandati a verificare la presenza di mine sulle strade o sparando a insorti che si erano arresi.
Julian Assange non ha usato mezzi termini, nella conferenza stampa a Londra che ha accompagnato la pubblicazione di 391.831 file segreti sulla guerra in Iraq, che vanno dal gennaio 2004 alla fine del 2009, anticipati ieri da Al Jazira e a seguire da una serie selezionata di media internazionali tra cui New York Times, Guardian, Der Speigel, Le Monde,la tv svedese Svt e il Bureau for Investigative Journalism britannico.
Dai file emerge che giorno dopo giorno l'esercito americano ha tenuto un registro delle vittime civili della guerra in Iraq, ma questo registro fino a oggi è rimasto segreto, ha detto John Sloboda di Iraq Body Count, una delle organizzazioni partner di Wikileaks nella pubblicazione dei documenti sulla guerra. Oltre 109 mila i morti, tra i quali 66.000 civili. E di 15.000 di questi non si sapeva nulla sino ad oggi. Ma per Body Count i morti sono ancora di più: incrociando gli ultimi dati con l'archivio dell'organizzazione si arriva a 150 mila, di cui l'80% civili inermi.
Dati questi confermati sostanzialmente da Baghdad: "I documenti non sono stati una sorpresa per noi, perché avevamo già riferito più volte di alcuni fatti menzionati, compreso ciò che è avvenuto ad Abu Ghraib, così come di altri casi nei quali sono coinvolte le forze americane", ha detto il portavoce del ministero dei Diritti umani, Kamel al Amin. "Questa cifra, 109 mila vittime fra fine 2003 e il 2009, è vicina a quella annunciata dal ministero della sanità iracheno", ha aggiunto.
E i file di Wikileaks serviranno agli avvocati che difendono i diritti umani per aprire azioni legali in Gran Bretagna, ha detto a Londra il rappresentante dell'organizzazione Public Interest Lawyers Phil Shiner nella conferenza stampa: "I torturatori saranno individuati e perseguiti, abbiamo verificato la violazione dei diritti umani in numerosi casi. Ci sono abusi di ogni tipo, e i prigionieri venivano costretti a dire una verità già scritta. Vogliamo aprire le inchieste, sulla base delle modalità di interrogatorio che abbiamo scoperto".
Una inchiesta si potrebbe aprire anche a Washington: Assange ha reso noto che l'inviato speciale dell'Onu sulla tortura, Manfred Nowak, ha chiesto al presidente degli Stati Uniti Barack Obama di aprire una indagine sui casi di abuso che, dice Wikileaks, sono almeno 300 dopo l'aprile 2004 quando scoppiò lo scandalo di Abu Ghraib.
"Vogliamo correggere gli attacchi alla verita", ha detto Assange, convinto che i democratici americani "farebbero bene" ad usare la documentazione per "incalzare" i repubblicani ad una settimana dal voto di mid-term, perchè i file, che verranno distribuiti a Ong e istituzioni accademiche, "dimostrano gli abusi e l'orrore" della guerra durante l'amministrazione repubblicana di George W. Bush.
http://www.ticinonews.ch/articolo.aspx?id=206717&rubrica=15
Julian Assange non ha usato mezzi termini, nella conferenza stampa a Londra che ha accompagnato la pubblicazione di 391.831 file segreti sulla guerra in Iraq, che vanno dal gennaio 2004 alla fine del 2009, anticipati ieri da Al Jazira e a seguire da una serie selezionata di media internazionali tra cui New York Times, Guardian, Der Speigel, Le Monde,la tv svedese Svt e il Bureau for Investigative Journalism britannico.
Dai file emerge che giorno dopo giorno l'esercito americano ha tenuto un registro delle vittime civili della guerra in Iraq, ma questo registro fino a oggi è rimasto segreto, ha detto John Sloboda di Iraq Body Count, una delle organizzazioni partner di Wikileaks nella pubblicazione dei documenti sulla guerra. Oltre 109 mila i morti, tra i quali 66.000 civili. E di 15.000 di questi non si sapeva nulla sino ad oggi. Ma per Body Count i morti sono ancora di più: incrociando gli ultimi dati con l'archivio dell'organizzazione si arriva a 150 mila, di cui l'80% civili inermi.
Dati questi confermati sostanzialmente da Baghdad: "I documenti non sono stati una sorpresa per noi, perché avevamo già riferito più volte di alcuni fatti menzionati, compreso ciò che è avvenuto ad Abu Ghraib, così come di altri casi nei quali sono coinvolte le forze americane", ha detto il portavoce del ministero dei Diritti umani, Kamel al Amin. "Questa cifra, 109 mila vittime fra fine 2003 e il 2009, è vicina a quella annunciata dal ministero della sanità iracheno", ha aggiunto.
E i file di Wikileaks serviranno agli avvocati che difendono i diritti umani per aprire azioni legali in Gran Bretagna, ha detto a Londra il rappresentante dell'organizzazione Public Interest Lawyers Phil Shiner nella conferenza stampa: "I torturatori saranno individuati e perseguiti, abbiamo verificato la violazione dei diritti umani in numerosi casi. Ci sono abusi di ogni tipo, e i prigionieri venivano costretti a dire una verità già scritta. Vogliamo aprire le inchieste, sulla base delle modalità di interrogatorio che abbiamo scoperto".
Una inchiesta si potrebbe aprire anche a Washington: Assange ha reso noto che l'inviato speciale dell'Onu sulla tortura, Manfred Nowak, ha chiesto al presidente degli Stati Uniti Barack Obama di aprire una indagine sui casi di abuso che, dice Wikileaks, sono almeno 300 dopo l'aprile 2004 quando scoppiò lo scandalo di Abu Ghraib.
"Vogliamo correggere gli attacchi alla verita", ha detto Assange, convinto che i democratici americani "farebbero bene" ad usare la documentazione per "incalzare" i repubblicani ad una settimana dal voto di mid-term, perchè i file, che verranno distribuiti a Ong e istituzioni accademiche, "dimostrano gli abusi e l'orrore" della guerra durante l'amministrazione repubblicana di George W. Bush.
http://www.ticinonews.ch/articolo.aspx?id=206717&rubrica=15
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Wikileaks, accusa choc: “Soldato inglese in Iraq uccise bimba di 8 anni”
Wikileaks, accusa choc: “Soldato inglese in Iraq uccise bimba di 8 anni”
Pallottole e non caramelle. Un’accusa choc turba in Gran Bretagna il day after dello scoop di Wikileaks sulla guerra in Iraq. Secondo documenti dell’Esercito americano esaminati dal gruppo di legali partner di Julian Assange, nell’agosto 2003 un militare britannico uccise una ”ragazzina vestita di giallo” che dalle truppe del Regno Unito si aspettava dolciumi, non una raffica di piombo.
La ragazzina giocava con gli amichetti nelle strade di Bassora dove i militari britannici distribuivano di routine caramelle in uno sforzi di ”conquistare i cuori” della popolazione locale, ha detto Phil Shiner, avvocato di Public Interest Lawyers. ”Per ragioni inspiegabili un carro armato si fermò alla fine della strada, lei giocava nel suo vestitino giallo, un soldato uscì dalla torretta, sparò e la uccise”.
Le forze armate britanniche all’epoca ammisero in una lettera che un soldato della B Company, primo Battaglione del Reggimento del Re, aveva ”sparato colpi di avvertimento in aria” vicino alla casa della bambina. La lettera, che non conteneva formule di scuse, asseriva che era una ”mera possibilità” che la morte della bimba fosse stata provocata dal soldato britannico.
24 ottobre 2010 | 12:37 http://www.blitzquotidiano.it/cronaca-mondo/wikileaks-iraq-accusa-soldato-inglese-609428/
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Iraq, Wikileaks accuse a italiani[
Iraq, Wikileaks accuse a italiani
Dubbi su morte soldato e Nassiriya
Nuove rivelazioni giungono dal sito Wikileaks sul alcuni episodi che videro protagonisti i soldati italiani in Iraq. Due casi su tutti: la morte del militare Salvatore Marracino e una fase della battaglia Nassiriya. Nel primo episodio si confuta la versione ufficiale secondo la quale Marracino si sia sparato da solo. Nel secondo, gli occupanti del mezzo di soccorso iracheno colpito non stavano sparando agli italiani.
Iraq, Wikileaks accuse a italiani
Il caso Marracino
In un rapporto americano datato il 15 marzo 2005, classificato segreto e pubblicato da Wikileaks con diversi omissis, si legge che ''alle ore 13, un (militare italiano) stava prendendo parte a un'esercitazione di tiro a Nassiriya. E' stato accidentalmente colpito (alla testa). E' stato trasferito all'ospedale in Camp (Mittica) e classificato come incidente. E' stato trasferito all'Ospedale navale di (Kuwait City). E' morto alle 16.45 circa'', ora locale. La notizia della morte a Nassiriya del sergente Marracino arrivò nell'Aula della Camera proprio mentre si stava per votare il rifinanziamento della missione italiana in Iraq.
A informare il Parlamento fu il vicepremier Marco Follini spiegando che Marracino, ''durante un'attività regolarmente programmata di tiro con le armi portatili, nel tentativo di risolvere un inceppamento della propria arma, è stato raggiunto da un colpo alla testa''. Nel tempo la ricostruzione è apparsa sempre piu' sfocata: non si è più parlato esplicitamente di un colpo esploso dall'arma impugnata dallo stesso Marracino. Durante i funerali, la madre del ragazzo lancio' un appello ai commilitoni del figlio perche' la aiutassero a ''fare chiarezza'' su quanto accaduto.
La tragedia di Nassiriya
Secondo Wikileaks, non sparavano gli occupanti del mezzo di soccorso iracheno colpito durante la "battaglia dei Lagunari", nell'agosto 2004 sui ponti di Nassiriya, in Iraq, e poi esploso perché raggiunto dai colpi dei soldati italiani. I militari italiani dissero di aver risposto al fuoco proveniente dal veicolo iracheno.
''Alle ore 03.25 un automezzo che transitava sul ponte orientale di Nassiriya non si è fermato al checkpoint italiano e veniva conseguentemente ingaggiato con armi leggere. Quindi si è prodotta una grande esplosione, seguita da una seconda da cui si è valutato che il veicolo avesse dell'esplosivo'', si legge in due resoconti americani del 5 agosto 2004 pubblicati da Wikileaks. I fatti risalgono alla notte tra il 5 e il 6 agosto 2004 quando a Nassiriya si verificarono scontri tra i miliziani dell'Esercito del Mahdi e i soldati italiani, posti a difesa dei tre ponti sull'Eufrate. L'episodio è stato al centro di una vicenda giudiziaria complessa.
A bordo del veicolo, secondo i testimoni, si trovavano una donna incinta, la madre, la sorella e il marito. I militari hanno sempre raccontato una storia diversa: nessuna ambulanza, hanno sostenuto, ma solo un furgone, privo di insegne o di dispositivi luminosi, con a bordo uomini armati che, a un tratto, sono scesi sparando contro i soldati italiani che, dopo aver seguito le procedure, si sono limitati a rispondere al fuoco.
Italiani salvarono agenti iracherni
Tra i file pubblicati da Wikileaks ce n'è uno che racconta come il 9 marzo del 2005 una pattuglia italiana avrebbe soccorso un gruppo di poliziotti iracheni, mentre tentavano di liberare due ostaggi, e che attaccati da un gruppo armato si erano rifugiati nella sede di una Ong Usa. "Una brigata italiana riferisce che i poliziotti iracheni, attaccati da un gruppo armato, si sono asserragliati nella sede della Ong Research Triangle Institute a Nassiriya", si legge nel documento classificato come segreto. "Un volta dentro il compound, gli agenti hanno continuato a subire l'attacco. Per stabilizzare la situazione è stata chiamata una pattuglia italiana e inviato un drone".
Dopo una sparatoria durata circa un'ora, "la pattuglia ha messo in sicurezza il compound. Si registrano morti e feriti tra i poliziotti iracheni e nessuna vittima civile. Inoltre - prosegue il resoconto - un militare della brigata italiana è rimasto ferito ed è stato evacuato in una struttura medica. I due presunti ostaggi sono stati salvati e la situazione è stata posta sotto controllo".
http://www.tgcom.mediaset.it/mondo/articoli/articolo494189.shtml
Dubbi su morte soldato e Nassiriya
Nuove rivelazioni giungono dal sito Wikileaks sul alcuni episodi che videro protagonisti i soldati italiani in Iraq. Due casi su tutti: la morte del militare Salvatore Marracino e una fase della battaglia Nassiriya. Nel primo episodio si confuta la versione ufficiale secondo la quale Marracino si sia sparato da solo. Nel secondo, gli occupanti del mezzo di soccorso iracheno colpito non stavano sparando agli italiani.
Iraq, Wikileaks accuse a italiani
Il caso Marracino
In un rapporto americano datato il 15 marzo 2005, classificato segreto e pubblicato da Wikileaks con diversi omissis, si legge che ''alle ore 13, un (militare italiano) stava prendendo parte a un'esercitazione di tiro a Nassiriya. E' stato accidentalmente colpito (alla testa). E' stato trasferito all'ospedale in Camp (Mittica) e classificato come incidente. E' stato trasferito all'Ospedale navale di (Kuwait City). E' morto alle 16.45 circa'', ora locale. La notizia della morte a Nassiriya del sergente Marracino arrivò nell'Aula della Camera proprio mentre si stava per votare il rifinanziamento della missione italiana in Iraq.
A informare il Parlamento fu il vicepremier Marco Follini spiegando che Marracino, ''durante un'attività regolarmente programmata di tiro con le armi portatili, nel tentativo di risolvere un inceppamento della propria arma, è stato raggiunto da un colpo alla testa''. Nel tempo la ricostruzione è apparsa sempre piu' sfocata: non si è più parlato esplicitamente di un colpo esploso dall'arma impugnata dallo stesso Marracino. Durante i funerali, la madre del ragazzo lancio' un appello ai commilitoni del figlio perche' la aiutassero a ''fare chiarezza'' su quanto accaduto.
La tragedia di Nassiriya
Secondo Wikileaks, non sparavano gli occupanti del mezzo di soccorso iracheno colpito durante la "battaglia dei Lagunari", nell'agosto 2004 sui ponti di Nassiriya, in Iraq, e poi esploso perché raggiunto dai colpi dei soldati italiani. I militari italiani dissero di aver risposto al fuoco proveniente dal veicolo iracheno.
''Alle ore 03.25 un automezzo che transitava sul ponte orientale di Nassiriya non si è fermato al checkpoint italiano e veniva conseguentemente ingaggiato con armi leggere. Quindi si è prodotta una grande esplosione, seguita da una seconda da cui si è valutato che il veicolo avesse dell'esplosivo'', si legge in due resoconti americani del 5 agosto 2004 pubblicati da Wikileaks. I fatti risalgono alla notte tra il 5 e il 6 agosto 2004 quando a Nassiriya si verificarono scontri tra i miliziani dell'Esercito del Mahdi e i soldati italiani, posti a difesa dei tre ponti sull'Eufrate. L'episodio è stato al centro di una vicenda giudiziaria complessa.
A bordo del veicolo, secondo i testimoni, si trovavano una donna incinta, la madre, la sorella e il marito. I militari hanno sempre raccontato una storia diversa: nessuna ambulanza, hanno sostenuto, ma solo un furgone, privo di insegne o di dispositivi luminosi, con a bordo uomini armati che, a un tratto, sono scesi sparando contro i soldati italiani che, dopo aver seguito le procedure, si sono limitati a rispondere al fuoco.
Italiani salvarono agenti iracherni
Tra i file pubblicati da Wikileaks ce n'è uno che racconta come il 9 marzo del 2005 una pattuglia italiana avrebbe soccorso un gruppo di poliziotti iracheni, mentre tentavano di liberare due ostaggi, e che attaccati da un gruppo armato si erano rifugiati nella sede di una Ong Usa. "Una brigata italiana riferisce che i poliziotti iracheni, attaccati da un gruppo armato, si sono asserragliati nella sede della Ong Research Triangle Institute a Nassiriya", si legge nel documento classificato come segreto. "Un volta dentro il compound, gli agenti hanno continuato a subire l'attacco. Per stabilizzare la situazione è stata chiamata una pattuglia italiana e inviato un drone".
Dopo una sparatoria durata circa un'ora, "la pattuglia ha messo in sicurezza il compound. Si registrano morti e feriti tra i poliziotti iracheni e nessuna vittima civile. Inoltre - prosegue il resoconto - un militare della brigata italiana è rimasto ferito ed è stato evacuato in una struttura medica. I due presunti ostaggi sono stati salvati e la situazione è stata posta sotto controllo".
http://www.tgcom.mediaset.it/mondo/articoli/articolo494189.shtml
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