il freddo e le stelle
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il freddo e le stelle
Il freddo che viene dalle stelle
By Marco Frico
Immagine sopra: La ricerca suggerisce che temporali solari interferiscono con formazione di nube su Terra. ESA/NASA Il secondo disegno rappresenta i CR che impattano sulla Terra, fonte NASA.
Sembrerà incredibile, ma la moderna meteorologia ancora non è in grado di spiegare con assoluta chiarezza il meccanismo di formazione delle goccioline che vanno poi a formare le nubi. Certo sappiamo bene che quando aria abbastanza umida è costretta, per un qualche motivo, a salire verso pressioni minori (e quindi a minor temperatura), l’umidità presente nella massa d’aria condensa e dà origine alle nuvole. Ma affinché questo avvenga sono necessari anche i nuclei di condensazione, micro particelle conosciute anche col termine aerosol, che permettono la formazione prima dei droplets, minuscole goccioline sospese nella troposfera, e poi, per coalescenza, dei raindrop, le vere e proprie gocce di pioggia. Senza i nuclei igroscopici la formazione delle gocce potrebbe avvenire solo in condizioni estreme di sovra-saturazione (intorno all’800%) o di temperature estremamente basse (intorno ai -40°C). Capite bene che se così fosse vedremmo ben raramente nuvole o piogge!
Ma il modo in cui dai nuclei igroscopici e dall’umidità dell’aria si formano i vari tipi di nube è ancora non del tutto chiaro. Non è certo questo il luogo per approfondire tali problematiche di natura fisica e chimica estremamente complesse. Basti dire che questi meccanismi sono molto complicati e ancora non del tutto compresi. Un contributo alla cognizione di tali processi viene da uno studioso danese, Henrik Svensmark, che da molti anni lavora intorno ad una teoria davvero affascinante. Egli infatti ha cercato di mettere in relazione il Sole, i Raggi Cosmici, le Nubi basse e la Temperatura del nostro pianeta. Un’impresa mica da poco! Tanto che il prestigioso CERN ha deciso nel 2006 di dare vita ad un progetto, denominato CLOUD, finalizzato appunto alla verifica sperimentale della teoria di Svensmark. I risultati saranno noti solo dopo un periodo di 5/8 anni.
Secondo Svensmark l’enorme energia dei CR (cosmic rays), rilasciando elettroni ad altissima velocità nell’aria, incoraggia l’unione delle molecole fino a produrre quelle micro-particelle in grado di evolvere poi nei droplets necessari alla formazione delle nubi. Questo è proprio ciò che il CERN sta cercando di studiare, utilizzando una cloud chamber per esaminare il collegamento tra i CR e la formazione nuvolosa. È la prima volta inoltre che si utilizza un acceleratore di particelle (Proton Synchroton) per studiare l’atmosfera e il clima. Gli scienziati del CERN affermano che i risultati potrebbero modificare radicalmente la nostra conoscenza delle nuvole e del clima.
In effetti
By Marco Frico
Immagine sopra: La ricerca suggerisce che temporali solari interferiscono con formazione di nube su Terra. ESA/NASA Il secondo disegno rappresenta i CR che impattano sulla Terra, fonte NASA.
Sembrerà incredibile, ma la moderna meteorologia ancora non è in grado di spiegare con assoluta chiarezza il meccanismo di formazione delle goccioline che vanno poi a formare le nubi. Certo sappiamo bene che quando aria abbastanza umida è costretta, per un qualche motivo, a salire verso pressioni minori (e quindi a minor temperatura), l’umidità presente nella massa d’aria condensa e dà origine alle nuvole. Ma affinché questo avvenga sono necessari anche i nuclei di condensazione, micro particelle conosciute anche col termine aerosol, che permettono la formazione prima dei droplets, minuscole goccioline sospese nella troposfera, e poi, per coalescenza, dei raindrop, le vere e proprie gocce di pioggia. Senza i nuclei igroscopici la formazione delle gocce potrebbe avvenire solo in condizioni estreme di sovra-saturazione (intorno all’800%) o di temperature estremamente basse (intorno ai -40°C). Capite bene che se così fosse vedremmo ben raramente nuvole o piogge!
Ma il modo in cui dai nuclei igroscopici e dall’umidità dell’aria si formano i vari tipi di nube è ancora non del tutto chiaro. Non è certo questo il luogo per approfondire tali problematiche di natura fisica e chimica estremamente complesse. Basti dire che questi meccanismi sono molto complicati e ancora non del tutto compresi. Un contributo alla cognizione di tali processi viene da uno studioso danese, Henrik Svensmark, che da molti anni lavora intorno ad una teoria davvero affascinante. Egli infatti ha cercato di mettere in relazione il Sole, i Raggi Cosmici, le Nubi basse e la Temperatura del nostro pianeta. Un’impresa mica da poco! Tanto che il prestigioso CERN ha deciso nel 2006 di dare vita ad un progetto, denominato CLOUD, finalizzato appunto alla verifica sperimentale della teoria di Svensmark. I risultati saranno noti solo dopo un periodo di 5/8 anni.
Secondo Svensmark l’enorme energia dei CR (cosmic rays), rilasciando elettroni ad altissima velocità nell’aria, incoraggia l’unione delle molecole fino a produrre quelle micro-particelle in grado di evolvere poi nei droplets necessari alla formazione delle nubi. Questo è proprio ciò che il CERN sta cercando di studiare, utilizzando una cloud chamber per esaminare il collegamento tra i CR e la formazione nuvolosa. È la prima volta inoltre che si utilizza un acceleratore di particelle (Proton Synchroton) per studiare l’atmosfera e il clima. Gli scienziati del CERN affermano che i risultati potrebbero modificare radicalmente la nostra conoscenza delle nuvole e del clima.
In effetti
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