esposizione allo spazio?
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esposizione allo spazio?
Cosa accade realmente quando un essere umano viene esposto al "vuoto" spaziale? Alcune pellicole cinematografiche ci mostrano sangue in ebollizione, occhi che escono dalle orbite, congelamento istantaneo dei tessuti, ma la realtà è un po' più complessa dalla finzione.
Da quando l'umanità si è messa in testa di superare l'atmosfera del nostro pianeta, una discreta quantità di esseri viventi è stata esposta a condizioni simili allo spazio extra-atmosferico per verificare gli effetti sul loro organismo. E' grazie a loro, e a qualche sfortunato ricercatore e astronauta delle agenzie spaziali russa e americana, che sappiamo quale effetto possa avere lo spazio sulla materia vivente.
Le prime sperimentazioni sulle conseguenze dell'esposizione allo spazio sono state eseguite allo scopo di verificare le possibili implicazioni di una breccia nello scafo di una navetta spaziale. Fu per questo motivo che vennero costruite le "camere ipobariche", appositi ambienti di simulazione in grado di ricreare le condizioni sperimentabili a grandi altezze e a basse pressioni atmosferiche.
Queste camere sono comunemente utilizzate per l'addestramento dei piloti militari, ma sono state anche sfruttate per verificare gli effetti dello spazio su animali ed esseri umani, ed è anche grazie ai dati raccolti durante queste sperimentazioni che siamo in grado di descrivere con una certa accuratezza le conseguenze dell'esposizione al vuoto cosmico.
Uno dei primi esperimenti sul vuoto si verificò per puro caso: nel 1966, durante un test sulle prime tute per astronauti, il tecnico della NASA Jim LeBlanc rimase intrappolato all'interno di una camera a vuoto protetto soltanto da una tuta difettosa. Dopo 14 secondi, il poveretto cadde a terra svenuto, e fu solo l'intervento tempestivo dei suoi colleghi ad evitare conseguenze permanenti.
Ma l'incidente-modello è probabilmente quello della Soyouz 11: nel 1971, tre astronauti russi sperimentarono in prima persona le condizioni estreme dello spazio, perdendo la vita.
Il modulo orbitale avrebbe dovuto staccarsi dal resto della navetta grazie a 12 bulloni fatti esplodere in sequenza, ma un malfunzionamento durante il distacco causò una grave perdita d'aria da una valvola dell'abitacolo.
In circa 30 secondi, ad un'altezza di 168 km dalla superficie terrestre, l'abitacolo degli astronauti russi aveva perso aria respirabile e pressione. Nei successivi 60 secondi, l'astronauta Patsayev riuscì a chiudere a metà la valvola che aveva causato la falla, prima di svenire. La Soyouz riuscì successivamente a tornare sulla Terra, ma l'equipaggio era ormai passato a miglior vita.
Quando il corpo umano viene esposto al vuoto spaziale, iniziano a verificarsi una serie di lesioni che, sommate l'una con l'altra, creano rapidamente un mix letale. La prima conseguenza del vuoto è l'espansione dei gas all'interno dei polmoni e del tratto digestivo per via della differenza di pressione tra il corpo e l'ambiente esterno.
Questo può facilmente causare l'esplosione degli alveoli polmonari e il rilascio di aria nel flusso sanguigno, ma si può per lo meno ritardare la morte per decompressione esplosiva espirando quasi tutta l'aria contenuta nei polmoni nei primi secondi di esposizione allo spazio.
Il vero problema con i gas del vostro corpo è, in realtà, la dissoluzione dell'azoto nel sangue. Embolia gassosa, ben nota a sommozzatori, ed è letale se non trattata tempestivamente.
L'assenza di pressione atmosferica causa anche una spontanea conversione dell'acqua in vapore. L'acqua del vostro corpo inizierò ad evaporare in bocca, negli occhi, e in qualunque altra cavità sia presente del liquido. Alcune parti del vostro corpo possono ingrandirsi per pochi secondi fino a due volte le loro dimensioni originali, anche se la situazione non sarà così grave da causare una vera e propria esplosione. A questo punto, avete ancora qualche speranza di sopravvivere senza riportare lesioni troppo gravi, a patto che qualcuno riesca a recuperarvi all'interno di un mezzo pressurizzato a dovere.
Se siete preoccupati per le rigide temperature dello spazio, la realtà è che prima di morire di freddo avrete la possibilità di abbandonare questo crudele mondo per embolia, evaporazione dei liquidi corporei, asfissia, arresto cardiaco ed esposizione diretta a raggi ultravioletti. Il corpo non congelerà completamente, come si può osservare in alcune pellicole di Hollywood, perchè il vuoto spaziale non è un mezzo ideale per la trasmissione di calore; e il vostro sangue non bollirà, dato che l'elasticità dei vasi sanguigni manterrà una pressione tale da non mandarlo in ebollizione fino a quando l'organismo non si sarà liberato di tutti i liquidi che contiene.
Dal momento del'esposizione alle condizioni del vuoto spaziale alla totale perdita di coscienza passano circa 10 secondi, un'eternità se si pensa a cosa si innesca una volta sottoposti a quella situazione estrema. Trascorso questo breve (o fin troppo lungo) lasso di tempo, il vostro cervello perderà lucidità per via dell'assenza di ossigeno, naso e bocca verranno raffreddati dall'evaporazione dell'acqua fino quasi a congelarsi, la vostra pelle inizierà a colorarsi di blu e i capillari ad esplodere.
Se qualcuno riuscisse a recuperarvi entro un minuto e mezzo, sarete in grado di ritornare alla vostra vita di sempre con qualche acciacco più o meno grave. Ma oltre i 90 secondi la pressione sanguigna e l'evaporazione dei liquidi non vi darebbe molte speranze di sopravvivenza.
Il vostro cervello rimarrebbe sostanzalmente intatto, anche se completamente privo di ossigeno e imprigionato in un corpo privo di vita.
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