nuovo enigma climatico
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nuovo enigma climatico
Quei fiumi immensi che scorrono... sopra le nostre teste! Il nuovo enigma climatico
fiumi-atmosferici-01.jpgLa Bibbia sembra credere che la pioggia cada da grandi recipienti in cielo. Ma il Libro dei libri non è un trattato scientifico e i suoi autori scrivono per metafore. Noi che ci consideriamo più sofisticati (per la conoscenza accumulata negli ultimi secoli) sappiamo che nell’atmosfera si trovano solo goccioline di vapore acqueo; stanno riunite in nubi, questo sì, ma lassù non ci sono laghi o fiumi pronti a rovesciarsi sulle nostre teste. Così credevamo di aver capito.
Beh, avevamo capito in maniera imperfetta. Secondo le nuove acquisizioni della meteorologia, sopra di noi transitano strutture umide larghe centinaia e lunghe migliaia di chilometri, in cui fluiscono su grandi distanze quantità d’acqua colossali: possono essere pari al Rio delle Amazzoni o, per dirla in altro modo, a 15 volte il Mississippi, e non è una forzatura definirle come dei titanici fiumi d’acqua atmosferici.
Il più delle volte la loro massa liquida finisce per disperdersi a livello locale senza far danni, ma nei rari casi in cui il gioco del vento, della temperatura e della pressione scarica il loro contenuto su una superficie limitata avvengono disastri immani. Biblici, addirittura.
La scoperta dei fiumi atmosferici è recente ma non recentissima, risale al 1998; ha messo un pò di tempo ad affermarsi, perché prima è stato necessario raccogliere molti dati sperimentali per sostituire il nuovo paradigma al vecchio, che sembrava corroborato da prove incontrovertibili.
Fino a qualche anno fa si pensava che i grandi spostamenti d’acqua in atmosfera fossero affidati soprattutto alle zone centrali dei cicloni, cioè di quei vortici (di proporzioni continentali) che ci sono diventati familiari grazie alle immagini da satellite trasmesse in tv con le previsioni meteorologiche.
La zona centrale è quella di più bassa pressione. Invece, nel 1998, Reginald Newell e Young Zhu, due meteorologi del Mit di Boston, si sono accorti che la maggior parte della masse d’acqua in movimento dai Tropici ai climi temperati percorre strette bande (i 'fiumi' aerei, appunto) che si muovono per molte migliaia di chilometri alla periferia dei cicloni.
In seguito un altro meteorologo, Michael Dettinger dello United States Geological Survey di La Jolla (California), ha individuato uno di questi fiumi che da solo stava trasferendo addirittura il 20% dell’umidità globale in movimento dalla fascia tropicale all’emisfero Nord. E costituiva un’ulteriore sorpresa la lunghissima distanza lungo la quale la struttura del fiume si manteneva compatta.
"Questo è il genere di cosa che quando la osservi ti fa fermare e ti fa dire: 'Uau!', ricorda ora Dettinger. E la sensazione 'uau!' ha un ruolo importante nella storia della scienza, dall’'Eureka!' di Archimede in poi.
Però, un momento: nella scienza sperimentale i dati osservativi non si possono buttare via. Quelli nuovi non possono confutare quelli vecchi, ma solo essere inseriti in nuove interpretazioni. Allora come si spiega la discrepanza fra il prima e il dopo?
Il fatto è che in precedenza i satelliti meteorologici rilevavano i dati nello spettro dell’infrarosso, mentre da un po’ hanno cominciato a usare dei rilevatori di microonde, e le microonde vengono assorbite molto meno dal vapore acqueo, e perciò restituiscono dei sistemi atmosferici un ritratto più veritiero, tipo radiografia, rispetto a prima.
fiumi-atmosferici-02.jpgE da questo ritratto emergono con chiarezza i fiumi d’acqua. La loro esistenza ormai è così assodata che in qualunque momento dato è possibile individuarne almeno cinque o sei sull’insieme del Pianeta.
Perché allora non avvengono alluvioni catastrofiche ogni giorno? Perché i fiumi atmosferici hanno bisogno di condizioni specifiche per sciogliersi in pioggia. Per esempio devono incontrare una catena montuosa che li devia verso l’alto e fa raffreddare e condensare il vapore in grosse gocce.
Ma anche in questo caso non si scatena un’alluvione a meno che altre condizioni locali non mantengano stretti gli argini del 'fiume'. Nella stragrande maggioranza dei casi , per fortuna, il fiume atmosferico si disperde in mille rivoli e il suo impatto finale risulta benigno.
Ma esiste un’evoluzione per i fiumi aerei? Sono sempre esistiti con la stessa frequenza e portata di oggi o il loro numero e la loro intensità variano nel tempo? Per esempio, e in concreto: con il riscaldamento globale ce ne saranno di più o di meno? Dicono i meteorologi che l’attuale cambiamento del clima ha due effetti opposti sui fiumi atmosferici.
Dal momento che i Poli sono le zone del globo in cui il riscaldamento è più forte, le differenze di temperatura fra Poli e Tropici si attenuano. Ma queste differenze sono il grande motore degli spostamenti globali di aria e di umidità; perciò col riscaldamento planetario dovrebbero indebolirsi anche i fiumi aerei.
D’altra parte, più la Terra si riscalda e più l’acqua degli oceani tende a evaporare, ingigantendo i fiumi in cielo. Perciò non sappiamo quale sarà l’effetto finale: quando si è di fronte a sistemi così complessi, con così tante variabili, il risultato non si può prevedere, lo si scopre solo alla fine. Quando è troppo tardi. [lastampa.it].
09 giugno 2013
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fiumi-atmosferici-01.jpgLa Bibbia sembra credere che la pioggia cada da grandi recipienti in cielo. Ma il Libro dei libri non è un trattato scientifico e i suoi autori scrivono per metafore. Noi che ci consideriamo più sofisticati (per la conoscenza accumulata negli ultimi secoli) sappiamo che nell’atmosfera si trovano solo goccioline di vapore acqueo; stanno riunite in nubi, questo sì, ma lassù non ci sono laghi o fiumi pronti a rovesciarsi sulle nostre teste. Così credevamo di aver capito.
Beh, avevamo capito in maniera imperfetta. Secondo le nuove acquisizioni della meteorologia, sopra di noi transitano strutture umide larghe centinaia e lunghe migliaia di chilometri, in cui fluiscono su grandi distanze quantità d’acqua colossali: possono essere pari al Rio delle Amazzoni o, per dirla in altro modo, a 15 volte il Mississippi, e non è una forzatura definirle come dei titanici fiumi d’acqua atmosferici.
Il più delle volte la loro massa liquida finisce per disperdersi a livello locale senza far danni, ma nei rari casi in cui il gioco del vento, della temperatura e della pressione scarica il loro contenuto su una superficie limitata avvengono disastri immani. Biblici, addirittura.
La scoperta dei fiumi atmosferici è recente ma non recentissima, risale al 1998; ha messo un pò di tempo ad affermarsi, perché prima è stato necessario raccogliere molti dati sperimentali per sostituire il nuovo paradigma al vecchio, che sembrava corroborato da prove incontrovertibili.
Fino a qualche anno fa si pensava che i grandi spostamenti d’acqua in atmosfera fossero affidati soprattutto alle zone centrali dei cicloni, cioè di quei vortici (di proporzioni continentali) che ci sono diventati familiari grazie alle immagini da satellite trasmesse in tv con le previsioni meteorologiche.
La zona centrale è quella di più bassa pressione. Invece, nel 1998, Reginald Newell e Young Zhu, due meteorologi del Mit di Boston, si sono accorti che la maggior parte della masse d’acqua in movimento dai Tropici ai climi temperati percorre strette bande (i 'fiumi' aerei, appunto) che si muovono per molte migliaia di chilometri alla periferia dei cicloni.
In seguito un altro meteorologo, Michael Dettinger dello United States Geological Survey di La Jolla (California), ha individuato uno di questi fiumi che da solo stava trasferendo addirittura il 20% dell’umidità globale in movimento dalla fascia tropicale all’emisfero Nord. E costituiva un’ulteriore sorpresa la lunghissima distanza lungo la quale la struttura del fiume si manteneva compatta.
"Questo è il genere di cosa che quando la osservi ti fa fermare e ti fa dire: 'Uau!', ricorda ora Dettinger. E la sensazione 'uau!' ha un ruolo importante nella storia della scienza, dall’'Eureka!' di Archimede in poi.
Però, un momento: nella scienza sperimentale i dati osservativi non si possono buttare via. Quelli nuovi non possono confutare quelli vecchi, ma solo essere inseriti in nuove interpretazioni. Allora come si spiega la discrepanza fra il prima e il dopo?
Il fatto è che in precedenza i satelliti meteorologici rilevavano i dati nello spettro dell’infrarosso, mentre da un po’ hanno cominciato a usare dei rilevatori di microonde, e le microonde vengono assorbite molto meno dal vapore acqueo, e perciò restituiscono dei sistemi atmosferici un ritratto più veritiero, tipo radiografia, rispetto a prima.
fiumi-atmosferici-02.jpgE da questo ritratto emergono con chiarezza i fiumi d’acqua. La loro esistenza ormai è così assodata che in qualunque momento dato è possibile individuarne almeno cinque o sei sull’insieme del Pianeta.
Perché allora non avvengono alluvioni catastrofiche ogni giorno? Perché i fiumi atmosferici hanno bisogno di condizioni specifiche per sciogliersi in pioggia. Per esempio devono incontrare una catena montuosa che li devia verso l’alto e fa raffreddare e condensare il vapore in grosse gocce.
Ma anche in questo caso non si scatena un’alluvione a meno che altre condizioni locali non mantengano stretti gli argini del 'fiume'. Nella stragrande maggioranza dei casi , per fortuna, il fiume atmosferico si disperde in mille rivoli e il suo impatto finale risulta benigno.
Ma esiste un’evoluzione per i fiumi aerei? Sono sempre esistiti con la stessa frequenza e portata di oggi o il loro numero e la loro intensità variano nel tempo? Per esempio, e in concreto: con il riscaldamento globale ce ne saranno di più o di meno? Dicono i meteorologi che l’attuale cambiamento del clima ha due effetti opposti sui fiumi atmosferici.
Dal momento che i Poli sono le zone del globo in cui il riscaldamento è più forte, le differenze di temperatura fra Poli e Tropici si attenuano. Ma queste differenze sono il grande motore degli spostamenti globali di aria e di umidità; perciò col riscaldamento planetario dovrebbero indebolirsi anche i fiumi aerei.
D’altra parte, più la Terra si riscalda e più l’acqua degli oceani tende a evaporare, ingigantendo i fiumi in cielo. Perciò non sappiamo quale sarà l’effetto finale: quando si è di fronte a sistemi così complessi, con così tante variabili, il risultato non si può prevedere, lo si scopre solo alla fine. Quando è troppo tardi. [lastampa.it].
09 giugno 2013
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