Progetto Starfish
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Progetto Starfish
Per la stesura del seguente articolo dobbiamo ancora una volta ringraziare il gentilissimo Dottor Ginatta che ci ha segnalato il libro di Umberto Rapetto, colonnello della Guardia di Finanza, e Roberto di Nunzio, giornalista ed ex manager delle strategie di comunicazione dello Stato Maggiore dell'Esercito. E' qui il caso di chiedersi che ruolo adempiano questi due personaggi delle istituzioni che, nel loro testo, attribuiscono, di fatto, non di rado alle superpotenze, non solo la manipolazione climatica (scie chimiche), ma anche la guerra psicotronica (mind control), l'impiego di armi al laser ed elettromagnetiche, lo scatenamento di terremoti per mezzo di esplosioni nucleari sotterranee e mille altre atrocità. Chi sono dunque costoro? Dei dissidenti che, pur timidamente e con molte ambiguità e depistaggi, vogliono avvertire i cittadini dei pericoli connessi alle attività delle strutture militari? Sono forse dei disinformatori mascherati? Poco importa, almeno per ora: le loro rivelazioni, confermate da altre fonti, testimonianze ed osservazioni, sono preziose. Il riferimento a dispositivi elettromagnetici è, per esempio, utile per comprendere gli sviluppi dell'operazione "chemtrails", sempre più potenziata e resa efficace dal massiccio ricorso a questa forma di energia.
“Il 9 luglio 1962 gli Stati Uniti avviarono una serie di esperimenti relativi alla ionosfera: un ordigno da un kilotone fu fatto esplodere ad un'altitudine di 60 km, insieme con un altro da un megatone ed un terzo da più megatoni ad alcune centinaia di km di quota. Questi tests danneggiarono seriamente la parte interna delle fasce di Van Allen, suscitando l'indignazione internazionale. Gli esperimenti in questione, etichettati come Progetto Starfish, alterarono la forma e la densità della fascia di Van Allen, con la conseguente precipitazione di particelle nell'atmosfera. [1]
Il giorno 11 maggio 1962 il Keesings Historische Archief aveva anticipato che le esplosioni atomiche avrebbero interferito con il campo magnetico terrestre, creando anche seri problemi alle telecomunicazioni. La deflagrazione generò una sorta di cupola artificiale di luce polare visibile anche alla latitudine di Los Angeles. Un lupo di mare delle Isole Fiji raccontò che il cielo parve incendiarsi. Qualche mese dopo l'Unione Sovietica compì analoghi esperimenti con tre esplosioni tra 7.000 e 13.000 km dal suolo. Il danno cagionato, secondo molti scienziati, potrà forse essere sanato in alcune centinaia di anni”.
Non dimentichiamo che le esplosioni nucleari si possono considerare anche un'arma di tipo elettrodinamico, poiché esse generano una spaventosa onda d'urto di tipo elettromagnetico.
"L’impulso elettromagnetico o E.M.P. (electro magnetic pulse) fu osservato estensivamente per la prima volta durante gli esperimenti nucleari della serie Fishbowl, comprendenti i tests Starfish, Checkmate, Bluegill e Kingfish condotti all'inizio degli anni '60 con esplosioni nell’alta atmosfera. Durante queste detonazioni, si verificò la generazione di un forte impulso elettromagnetico che si propagò in tutte le direzioni come un’onda d’urto e con un'intensità che, inizialmente, era stata sottostimata. Questa onda d’urto elettromagnetica fu in grado di indurre elevate correnti nei dispositivi elettrici ed elettronici anche posti a notevoli distanze. I picchi di corrente in alcuni casi furono di entità tale da generare il calore sufficiente a portare a temperatura di fusione i circuiti o ad interrompere i fusibili. Si dimostrò, quindi, la potenziale capacità di provocare pesanti danni su vasti territori, rendendo inefficienti i sistemi elettrici ed elettronici.
I resoconti più esaurienti si hanno a proposito degli effetti sperimentati sulle Isole Hawaii nel caso dell'esplosione Starfish Prime. Gli effetti E.M.P. furono evidenti anche a oltre 1.300 km di distanza e le misurazioni portarono ad una prima comprensione del fenomeno.
I componenti soggetti a questo tipo di danni sono i seguenti, elencandoli in ordine decrescente di vulnerabilità: circuiti integrati (I.C.), processori (C.P.U.), componenti a base di silicio; transistor; valvole termoioniche; induttanze e motori.
Le armi nucleari specializzate nella produzione di E.M.P. appartengono alla terza generazione di ordigni nucleari. Le armi elettromagnetiche sono ancora essenzialmente ad alto livello di classificazione di segretezza, ma gli analisti militari e gli esperti generalmente ipotizzano che le bombe-E sfruttino sorgenti con generatori a compressione esplosiva del flusso. Secondo alcune fonti, la U.S. Navy ha impiegato bombe elettromagnetiche sperimentali durante la Guerra del Golfo del 1991. Questo tipo di bombe era armato con dispositivi che convertivano l’energia degli esplosivi convenzionali in un impulso elettromagnetico. La C.B.S. News ha riferito dell’uso di una bomba-E sulla sede della televisione irachena, durante la guerra in Iraq del 2003, ma la notizia non è stata confermata da fonti ufficiali".
Ci si può chiedere quali siano i motivi che spinsero governi dominati da pazzi e "scienziati" scellerati a compiere questi rovinosi esperimenti: furono, in primo luogo, tests bellici, ma non si può escludere che, poiché le fasce di Van Allen comportano rischi anche gravi per gli astronauti e per le strumentazioni spaziali, i militari abbiano deciso di lacerarle per facilitare le missioni nello spazio. Il ricorso ad armi che provocano distruttivi impulsi elettromagnetici diventa chiaro, se si ricorda quanto gli esecutivi temano ed odino chi potrebbe spodestarli e dimostrare all'opinione pubblica mondiale che i nostri amati governanti sono talora dei veri criminali.
[1] Le cinture di radiazione di Van Allen sono due zone di intense radiazioni catturate dalla magnetosfera che avvolgono la terra principalmente al di sopra delle regioni equatoriali. Furono scoperte dall'astrofisico statunitense James Alfred Van Allen (1914) per mezzo del satellite Explorer, nel gennaio 1958. La cintura più interna è formata per lo più da protoni; la radiazione di questa banda risente delle tempeste geomagnetche e varia col ciclo solare di 11,1 anni. La fascia esterna è costituita principalmente da elettroni.
Fonti:
Enciclopedia dell'Astronomia e della Cosmologia, Milano, 2005, s. v. Fasce di Van Allen
D. Pasquariello, Gli alieni hanno paura delle armi nucleari, 2007
U. Rapetto, R. Di Nunzio, Le nuove guerre, 2001
http://www.tankerenemy.com/2008/07/progetto-starfish-il-giorno-in-cui-il.html
“Il 9 luglio 1962 gli Stati Uniti avviarono una serie di esperimenti relativi alla ionosfera: un ordigno da un kilotone fu fatto esplodere ad un'altitudine di 60 km, insieme con un altro da un megatone ed un terzo da più megatoni ad alcune centinaia di km di quota. Questi tests danneggiarono seriamente la parte interna delle fasce di Van Allen, suscitando l'indignazione internazionale. Gli esperimenti in questione, etichettati come Progetto Starfish, alterarono la forma e la densità della fascia di Van Allen, con la conseguente precipitazione di particelle nell'atmosfera. [1]
Il giorno 11 maggio 1962 il Keesings Historische Archief aveva anticipato che le esplosioni atomiche avrebbero interferito con il campo magnetico terrestre, creando anche seri problemi alle telecomunicazioni. La deflagrazione generò una sorta di cupola artificiale di luce polare visibile anche alla latitudine di Los Angeles. Un lupo di mare delle Isole Fiji raccontò che il cielo parve incendiarsi. Qualche mese dopo l'Unione Sovietica compì analoghi esperimenti con tre esplosioni tra 7.000 e 13.000 km dal suolo. Il danno cagionato, secondo molti scienziati, potrà forse essere sanato in alcune centinaia di anni”.
Non dimentichiamo che le esplosioni nucleari si possono considerare anche un'arma di tipo elettrodinamico, poiché esse generano una spaventosa onda d'urto di tipo elettromagnetico.
"L’impulso elettromagnetico o E.M.P. (electro magnetic pulse) fu osservato estensivamente per la prima volta durante gli esperimenti nucleari della serie Fishbowl, comprendenti i tests Starfish, Checkmate, Bluegill e Kingfish condotti all'inizio degli anni '60 con esplosioni nell’alta atmosfera. Durante queste detonazioni, si verificò la generazione di un forte impulso elettromagnetico che si propagò in tutte le direzioni come un’onda d’urto e con un'intensità che, inizialmente, era stata sottostimata. Questa onda d’urto elettromagnetica fu in grado di indurre elevate correnti nei dispositivi elettrici ed elettronici anche posti a notevoli distanze. I picchi di corrente in alcuni casi furono di entità tale da generare il calore sufficiente a portare a temperatura di fusione i circuiti o ad interrompere i fusibili. Si dimostrò, quindi, la potenziale capacità di provocare pesanti danni su vasti territori, rendendo inefficienti i sistemi elettrici ed elettronici.
I resoconti più esaurienti si hanno a proposito degli effetti sperimentati sulle Isole Hawaii nel caso dell'esplosione Starfish Prime. Gli effetti E.M.P. furono evidenti anche a oltre 1.300 km di distanza e le misurazioni portarono ad una prima comprensione del fenomeno.
I componenti soggetti a questo tipo di danni sono i seguenti, elencandoli in ordine decrescente di vulnerabilità: circuiti integrati (I.C.), processori (C.P.U.), componenti a base di silicio; transistor; valvole termoioniche; induttanze e motori.
Le armi nucleari specializzate nella produzione di E.M.P. appartengono alla terza generazione di ordigni nucleari. Le armi elettromagnetiche sono ancora essenzialmente ad alto livello di classificazione di segretezza, ma gli analisti militari e gli esperti generalmente ipotizzano che le bombe-E sfruttino sorgenti con generatori a compressione esplosiva del flusso. Secondo alcune fonti, la U.S. Navy ha impiegato bombe elettromagnetiche sperimentali durante la Guerra del Golfo del 1991. Questo tipo di bombe era armato con dispositivi che convertivano l’energia degli esplosivi convenzionali in un impulso elettromagnetico. La C.B.S. News ha riferito dell’uso di una bomba-E sulla sede della televisione irachena, durante la guerra in Iraq del 2003, ma la notizia non è stata confermata da fonti ufficiali".
Ci si può chiedere quali siano i motivi che spinsero governi dominati da pazzi e "scienziati" scellerati a compiere questi rovinosi esperimenti: furono, in primo luogo, tests bellici, ma non si può escludere che, poiché le fasce di Van Allen comportano rischi anche gravi per gli astronauti e per le strumentazioni spaziali, i militari abbiano deciso di lacerarle per facilitare le missioni nello spazio. Il ricorso ad armi che provocano distruttivi impulsi elettromagnetici diventa chiaro, se si ricorda quanto gli esecutivi temano ed odino chi potrebbe spodestarli e dimostrare all'opinione pubblica mondiale che i nostri amati governanti sono talora dei veri criminali.
[1] Le cinture di radiazione di Van Allen sono due zone di intense radiazioni catturate dalla magnetosfera che avvolgono la terra principalmente al di sopra delle regioni equatoriali. Furono scoperte dall'astrofisico statunitense James Alfred Van Allen (1914) per mezzo del satellite Explorer, nel gennaio 1958. La cintura più interna è formata per lo più da protoni; la radiazione di questa banda risente delle tempeste geomagnetche e varia col ciclo solare di 11,1 anni. La fascia esterna è costituita principalmente da elettroni.
Fonti:
Enciclopedia dell'Astronomia e della Cosmologia, Milano, 2005, s. v. Fasce di Van Allen
D. Pasquariello, Gli alieni hanno paura delle armi nucleari, 2007
U. Rapetto, R. Di Nunzio, Le nuove guerre, 2001
http://www.tankerenemy.com/2008/07/progetto-starfish-il-giorno-in-cui-il.html
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