l' Oceano Atlantico cambia direzione !
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atlantico una discarica di rifiuti
ROMA - Siamo sommersi di plastica e i nostri rifiuti stanno ''affogando'' gli oceani, prima il Pacifico, poi l'Atlantico, ecco che, spedizione dopo spedizione, gli scienziati rintracciano nuove discariche di plastica fluttuanti, prodotte dall'insensatezza dell'uomo.
Stavolta i rifiuti sono stati 'pescati' nell'Oceano Atlantico del Nord: uno studio pubblicato sulla rivista Science durato 22 anni, infatti, ha contato qualcosa come 64.000 pezzi di plastica raccolti annualmente nel corso dello studio, in 6100 stazioni di campionamento.
Le concentrazioni piu' elevate di plastica sono state trovate in una regione posta a 32 gradi Nord di latitudine, in pratica all'altezza di Atlanta, in Georgia, e si estendono dai 22 ai 38 gradi Nord di latitudine.
Lo studio e' stato condotto dal gruppo Sea Education Association (SEA), Woods Hole Oceanographic Institution (WHOI) e della University of Hawaii, coordinato da Kara Lavender Law che attraverso simulazioni della circolazione delle acque oceaniche ha anche decifrato l''enigma' dietro la formazione di queste isole: e' un problema di correnti che fanno convergere i rifiuti tutti in una zona ristretta.
Ma non tutto e' chiaro agli scienziati, infatti, in 22 anni (dal 1986 al 2008) il contenuto di questa enorme pattumiera fluttuante nell'Atlantico del Nord non e' aumentato in modo significativo, nonostante sia cresciuto invece lo smaltimento di plastica, che quindi forse si trova chissa' dove in altri ''lidi'', oppure e' affondata nelle profondita' oceaniche.
Gli esperti si sono mossi per anni nell'Atlentico del Nord e nel Mar dei Caraibi usando delle reti fittissime per raccogliere i rifiuti, e gia' all'inizio di quest'anno avevano cominciato a divulgare dati del loro studio pluriennale. Alcune anticipazioni sono state date dalla stessa Lavender Law nel corso dell'Ocean Science Meeting di Portland, tenutosi lo scorso febbraio. In quell'occasione i ricercatori dissero che la densita' massima di plastica riscontrata e' di 200 mila frammenti per chilometro quadrato, pari cioe' alla densita' riscontrata nel Pacifico centrale, ovvero nella 'grande pattumiera' tra California e Hawaii, una discarica fluttuante di dimensioni pari a due volte il Texas. Sulle pagine di Science, ora, i ricercatori forniscono ulteriori dettagli parlando di una zona all'altezza di Atlanta come della parte piu' 'infestata' dalla plastica.
Secondo i loro calcoli al computer la plastica si concentra in quei punti per effetto di correnti oceaniche convergenti. Ma non e' tutto, di fatto i conti non tornano, perche' i ricercatori hanno visto che i depositi di plastica non sono cresciuti molto nel tempo, eppure noi abbiamo usato negli ultimi decenni sempre piu' plastica. Dov'e' finita dunque quella non trovata nelle pattumiere oceaniche? Le ipotesi avanzate sono molte: o semplicemente e' li' negli oceani ma resta 'invisibile' perche' ridotta in frammenti troppo piccoli per essere raccolti dalle reti; oppure e' affondata o ancora e' diventata 'pappa' per gli abitanti di quei luoghi.
In ogni caso non c'e' da star troppo tranquilli, tanto piu' che uno studio recente, di Katsuhiko Saido dell'universita' Nihon a Chiba, ha dimostrato che la plastica, lungi dall'essere indistruttibile, si decompone in mare aperto per esposizione alle intemperie e lo fa velocemente rilasciando numerosi composti tossici, che sono assorbiti dagli 'inquilini oceanici', mettendo a rischio la loro vita e la capacita' riproduttiva. ANSA
http://www.ansa.it/web/notizie/rubriche/scienza/2010/08/19/visualizza_new.html_1791817712.html
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Mediterraneo: isola di plastica peggio che nell'Oceano Atlantico
Mediterraneo soffocato dalla plastica e dalla spazzatura peggio che nel famigerato "Pacific Plastic Vortex". Il rifiuto maggiore è il "sacchetto di plastica" che soffoca, letteralmente, il nostro mare. Parola di Legambiente.
Mediterraneo "da scoprire" cantava Mango nella sua omonima canzone, e gli italiani dovrebbero proprio incominciare a scoprire il Mare Nostrum per rispettarlo. E vedere d'estate sulle spiagge i padri di famiglia che lavano le maschere "da sub" ai figli con il sapone per i piatti per poi affogare il bicchiere - dove c'era dentro il sapone - in mare, fa ancora più male, mentre si leggono i dati di Legambiente. E' stato presentato ieri in Senato un dossier di Legambiente insieme ad Arpa Toscana ed Arpa Emilia Romagna. Il dossier si chiama "L'impatto della plastica e dei sacchetti sull'ambiente marino" e i dati sono sconfortanti. In Senato erano presenti Stefano Ciafani, responsabile scientifico di Legambiente, Francesco Ferrante, senatore del Partito Democratico e Fabrizio Serena, responsabile area mare di Arpat. In sintesi i dati che sono stati presentati rivelano che nel mare tra Italia, Spagna e Francia ci sarebbe una concentrazione di plastica più alta dell'"isola di spazzatura" nell'Oceano Atlantico. Chi non ha la memoria EPROM (quindi non cancellabile tramite raggi, in questo caso catodici) si ricorderà sicuramente del "Pacific Plastic Vortex", ovvero del "continente di plastica" che "ruota" nell'Oceano Atlantico e costituito da una gustosa "zuppa" di materiale plastico sminuzzata. Questo schifoso continente è sbocconcellato dai pesci (che ovviamente muoiono) ed è il prodotto della cultura occidentale (oggi sfortunatamente globalizzata) dell'"usa e getta". Ebbene secondo lo studio di Legambiente, nel Mediterraneo, come "concentrazione" la situazione peggiore dell'Oceano Atlantico. "Secondo lo studio, la plastica rappresenta il principale rifiuto rinvenuto nei mari poiché costituisce dal 60% all'80% del totale dell'immondizia trovata nelle acque. Un dato che, in alcune aree, raggiunge persino il 90-95% del totale ma anche nei mari italiani arriva a livelli gravissimi" scrive Legambiente. A questo proposito Stefano Ciafani, responsabile scientifico di Legambiente dichiara: "L'Italia è un Paese doppiamente esposto al problema della plastica e la dispersione dei sacchetti in mare. Lo è sia perché è la prima nazione per consumo di sacchetti di plastica 'usa e getta', visto che commercializza il 25% del totale degli shopper in tutta Europa, ma anche perché si affaccia sul mar Mediterraneo, coinvolto come i mari del resto del Pianeta dall'inquinamento da plastica". "Per queste ragioni - continua Stefano Ciafani - il nostro Paese ha giustamente adottato con la legge finanziaria 2007 il bando sugli shopper non biodegradabili in vigore dal 1 gennaio scorso. La Commissione europea, dunque, non può che salutare con favore questa novità normativa italiana, come ha recentemente fatto il Commissario europeo per gli affari marittimi e la pesca, Maria Damanaki, in occasione dell'incontro con il ministero dell'Ambiente Stefania Prestigiacomo, favorendo la sua esportazione anche negli altri 26 paesi membri".
Tommaso Cicconi
http://www.mainfatti.it/plastica/Mediterraneo-isola-di-plastica-peggio-che-nell-Oceano-Atlantico_035106033.htm
Mediterraneo "da scoprire" cantava Mango nella sua omonima canzone, e gli italiani dovrebbero proprio incominciare a scoprire il Mare Nostrum per rispettarlo. E vedere d'estate sulle spiagge i padri di famiglia che lavano le maschere "da sub" ai figli con il sapone per i piatti per poi affogare il bicchiere - dove c'era dentro il sapone - in mare, fa ancora più male, mentre si leggono i dati di Legambiente. E' stato presentato ieri in Senato un dossier di Legambiente insieme ad Arpa Toscana ed Arpa Emilia Romagna. Il dossier si chiama "L'impatto della plastica e dei sacchetti sull'ambiente marino" e i dati sono sconfortanti. In Senato erano presenti Stefano Ciafani, responsabile scientifico di Legambiente, Francesco Ferrante, senatore del Partito Democratico e Fabrizio Serena, responsabile area mare di Arpat. In sintesi i dati che sono stati presentati rivelano che nel mare tra Italia, Spagna e Francia ci sarebbe una concentrazione di plastica più alta dell'"isola di spazzatura" nell'Oceano Atlantico. Chi non ha la memoria EPROM (quindi non cancellabile tramite raggi, in questo caso catodici) si ricorderà sicuramente del "Pacific Plastic Vortex", ovvero del "continente di plastica" che "ruota" nell'Oceano Atlantico e costituito da una gustosa "zuppa" di materiale plastico sminuzzata. Questo schifoso continente è sbocconcellato dai pesci (che ovviamente muoiono) ed è il prodotto della cultura occidentale (oggi sfortunatamente globalizzata) dell'"usa e getta". Ebbene secondo lo studio di Legambiente, nel Mediterraneo, come "concentrazione" la situazione peggiore dell'Oceano Atlantico. "Secondo lo studio, la plastica rappresenta il principale rifiuto rinvenuto nei mari poiché costituisce dal 60% all'80% del totale dell'immondizia trovata nelle acque. Un dato che, in alcune aree, raggiunge persino il 90-95% del totale ma anche nei mari italiani arriva a livelli gravissimi" scrive Legambiente. A questo proposito Stefano Ciafani, responsabile scientifico di Legambiente dichiara: "L'Italia è un Paese doppiamente esposto al problema della plastica e la dispersione dei sacchetti in mare. Lo è sia perché è la prima nazione per consumo di sacchetti di plastica 'usa e getta', visto che commercializza il 25% del totale degli shopper in tutta Europa, ma anche perché si affaccia sul mar Mediterraneo, coinvolto come i mari del resto del Pianeta dall'inquinamento da plastica". "Per queste ragioni - continua Stefano Ciafani - il nostro Paese ha giustamente adottato con la legge finanziaria 2007 il bando sugli shopper non biodegradabili in vigore dal 1 gennaio scorso. La Commissione europea, dunque, non può che salutare con favore questa novità normativa italiana, come ha recentemente fatto il Commissario europeo per gli affari marittimi e la pesca, Maria Damanaki, in occasione dell'incontro con il ministero dell'Ambiente Stefania Prestigiacomo, favorendo la sua esportazione anche negli altri 26 paesi membri".
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La guerra alle buste di plastica si sposta a Bruxelles
ROMA – La battaglia sui sacchetti di plastica è vinta, per ora, in Italia, ma la guerra si sposta a Bruxelles. Sul bando nel nostro paese infatti pende un esposto dei produttori dei sacchetti tradizionali alla Commissione Ue, secondo cui la legge italiana non sarebbe conforme alla direttiva europea sugli imballaggi.
Per difendere la posizione italiana Legambiente ha messo in campo un dossier presentato a Roma. “Siamo certi si dimostrerà uno strumento efficacissimo – ha affermato alla presentazione il senatore Pd Francesco Ferrante – Il ricorso rischia probabilmente di essere un boomerang, perché la vecchia industria della plastica europea teme l’esempio italiano, e l’orientamento favorevole della Commissione preannuncia la pietra tombale per i sacchetti di plastica non biodegradabile in tutta Europa”.
Il ricorso è stato presentato dalla EuPC (European Plastics Converters), la federazione europea delle aziende trasformatrici di materie plastiche, appoggiata e spronata dalla italiana Unionplast, e se venisse accolto potrebbe comportare l’apertura di una procedura d’infrazione contro l’Italia: “I tempi delle decisioni europee sono difficili da quantificare – spiega Ferrante – ma un primo pronunciamento dovrebbe arrivare a breve, entro la primavera”.
9 marzo 2011 | 15:45
http://www.blitzquotidiano.it/politica-europea/guerra-buste-sacchetti-plastica-bruxelles-778257/
Per difendere la posizione italiana Legambiente ha messo in campo un dossier presentato a Roma. “Siamo certi si dimostrerà uno strumento efficacissimo – ha affermato alla presentazione il senatore Pd Francesco Ferrante – Il ricorso rischia probabilmente di essere un boomerang, perché la vecchia industria della plastica europea teme l’esempio italiano, e l’orientamento favorevole della Commissione preannuncia la pietra tombale per i sacchetti di plastica non biodegradabile in tutta Europa”.
Il ricorso è stato presentato dalla EuPC (European Plastics Converters), la federazione europea delle aziende trasformatrici di materie plastiche, appoggiata e spronata dalla italiana Unionplast, e se venisse accolto potrebbe comportare l’apertura di una procedura d’infrazione contro l’Italia: “I tempi delle decisioni europee sono difficili da quantificare – spiega Ferrante – ma un primo pronunciamento dovrebbe arrivare a breve, entro la primavera”.
9 marzo 2011 | 15:45
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Re: l' Oceano Atlantico cambia direzione !
Un continente di plastica minaccia il Mediterraneo
Da tempo si parla del continente spazzatura al largo dell'Oceano Atlantico, considerandolo, si pericoloso, ma lontano. L'allarme però, secondo i rilevamenti di Legambiente, si sarebbe spostato alle nostre latitudini. Nel mare tra Italia, Spagna e Francia infatti, ci sarebbe una concentrazione di plastica tale da superare persino quella del famigerato "fratello maggiore", il garbage Island.
Dati preoccupanti emergono del rapporto su "L'impatto della plastica e dei sacchetti sull'ambiente marino", realizzato da Arpa Toscana e dalla struttura oceanografica Daphne di Arpa Emilia Romagna su richiesta di Legambiente.
Secondo il dossier, che sintetizza i principali studi scientifici sull'inquinamento da plastica in mare, tale materiale rappresenterebbe la principale minaccia per le nostre acque poichè costituisce dal 60% all'80% del totale dell'immondizia trovata in mare. Questo dato che, in alcune aree, raggiunge persino il 90-95% del totale anche in Italia starebbe dunque sfiorando livelli gravissimi. Il monitoraggio, infatti, effettuato dall'Arpa Toscana nell'arcipelago toscano ha evidenziato come in un'ora siano stati prelevati dai pescatori con reti a strascico 4 kg di rifiuti, di cui il 73% costituito da materiale plastico, soprattutto sacchetti.
Questi dati, ha dichiarato Legambiente, «potranno rappresentare un utile contributo per il Ministero dell'Ambiente, che dovrà rispondere alla richiesta di chiarimenti della Commissione europea sul bando italiano degli shopper».
Le buste di plastica non biodegradabili, infatti, continuano a soffocare i nostri mari minacciandone flora e fauna. E se la grande distribuzione si è ormai allineata con le direttive ministeriali, che dal primo gennaio 2011 hanno vietato l'utilizzo delle shopper, la piccola distribuzione stenta ancora a farlo.
Ma la situazione purtroppo non appare più confortante neppure nel resto del Mediterraneo dove, in base agli esiti di International Coastal Cleanup, tra il 2002 e il 2006 i sacchetti di plastica sono risultati il quarto rifiuto più abbondante dopo sigarette, mozziconi e bottiglie.
http://www.nuovasocieta.it/attualita/12341-un-continente-di-plastica-minaccia-litalia.html
Da tempo si parla del continente spazzatura al largo dell'Oceano Atlantico, considerandolo, si pericoloso, ma lontano. L'allarme però, secondo i rilevamenti di Legambiente, si sarebbe spostato alle nostre latitudini. Nel mare tra Italia, Spagna e Francia infatti, ci sarebbe una concentrazione di plastica tale da superare persino quella del famigerato "fratello maggiore", il garbage Island.
Dati preoccupanti emergono del rapporto su "L'impatto della plastica e dei sacchetti sull'ambiente marino", realizzato da Arpa Toscana e dalla struttura oceanografica Daphne di Arpa Emilia Romagna su richiesta di Legambiente.
Secondo il dossier, che sintetizza i principali studi scientifici sull'inquinamento da plastica in mare, tale materiale rappresenterebbe la principale minaccia per le nostre acque poichè costituisce dal 60% all'80% del totale dell'immondizia trovata in mare. Questo dato che, in alcune aree, raggiunge persino il 90-95% del totale anche in Italia starebbe dunque sfiorando livelli gravissimi. Il monitoraggio, infatti, effettuato dall'Arpa Toscana nell'arcipelago toscano ha evidenziato come in un'ora siano stati prelevati dai pescatori con reti a strascico 4 kg di rifiuti, di cui il 73% costituito da materiale plastico, soprattutto sacchetti.
Questi dati, ha dichiarato Legambiente, «potranno rappresentare un utile contributo per il Ministero dell'Ambiente, che dovrà rispondere alla richiesta di chiarimenti della Commissione europea sul bando italiano degli shopper».
Le buste di plastica non biodegradabili, infatti, continuano a soffocare i nostri mari minacciandone flora e fauna. E se la grande distribuzione si è ormai allineata con le direttive ministeriali, che dal primo gennaio 2011 hanno vietato l'utilizzo delle shopper, la piccola distribuzione stenta ancora a farlo.
Ma la situazione purtroppo non appare più confortante neppure nel resto del Mediterraneo dove, in base agli esiti di International Coastal Cleanup, tra il 2002 e il 2006 i sacchetti di plastica sono risultati il quarto rifiuto più abbondante dopo sigarette, mozziconi e bottiglie.
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l' Oceano Atlantico cambia direzione !
Gli scienziati sono rimasti scioccati nello scoprire che le acque profonde dell’Oceano Atlantico hanno cambiato direzione!Gli scienziati che studiano l’Oceano Atlantico sono stati scossi nel capire, che per qualche motivo sconosciuto le acque profonde dell’oceano hanno invertito la loro direzione di flusso. Ciò non è accaduto dall’inizio dell’era glaciale! Invece di andare verso sud, come fanno di solito, queste acque abissali ora scorrono verso nord.
La variazione di flusso potrebbe avere accompagnato profondi cambiamenti climatici, hanno spiegato i ricercatori. Potrebbe essere la prova di raffreddamento globale!Nell’Atlantico, la Corrente del Golfo porta l’acqua calda di superficie dai tropici alle alte latitudini, dove si raffredda, verso sud nelle profondità dell’oceano. Il modo in cui scorre l’acqua nel mare aiuta a ridistribuire il calore – e questo è fondamentale per il clima glogale. Linee contraddittorie di prove a partire dal picco del freddo glaciale – l’ultimo massimo glaciale – rendono difficile per gli scienziati determinare se questa circolazione oceanica è andata fortemente o leggermente in una direzione particolare all’epoca.Ma ora … l’Oceano Atlantico ha chiaramente cambiato direzione! Che cosa significa?Per arrivare a queste conclusioni, gli scienziati hanno indagato su un pilastro di sedimenti a circa 128 piedi (39 metri), estratte dal fondo marino mediante l’uso di una nave al largo della punta di Africa sotto di circa 8.000 piedi (2.440 m) di acqua. La parte superiore 15 piedi (5 m) o così di questo campione nucleo contiene materiale che riflettono le condizioni dell’oceano, negli ultimi 50.000 anni.”E ‘molto difficile estrarre questi nuclei a tali profondità senza rottura del tubo di metallo nel mare aperto, che di solito ha cattive condizioni meteorologiche”, ha detto il ricercatore Juan Magrita, un paleoceanografico presso l’Università Autonoma di Barcellona in Spagna. Tuttavia, il personale a bordo della nave, il Dafania Juanita, è molto esperto, ha osservato.Gli scienziati di tutto il mondo si stanno consultando per determinare perché l’Oceano Atlantico è in cambio di direzione.
“Questo potrebbe avere conseguenze catastrofiche per le persone che vivono su entrambi i lati dell’Atlantico. Questo è un problema globale pericoloso,le nazioni del mondo devono agire insieme per correggere il problema, se possibile.” Ha detto il professor Jacob Jabolin dell’Università di Harvard.
Prepariamoci a grandi cambiamenti…
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Scoperti enormi vortici nell'oceano Atlantico!
lun 9 maggio 2011
Un grande mistero avvolge la scoperta di due giganteschi vortici, di approssimativamente 400 chilometri di diametro, nelle acque dell’Oceano Atlantico di fronte alle coste dell’Amazzonia. Si tratta dei più enormi gorghi mai localizzati sulla Terra, e si sospetta che abbiano notevole influenza sui cambiamenti climatici globali di questi ultimi tempi. I vortici, individuati a duecento chilometri al largo della Guyana, del Suriname e della Guiana francese, sembra abbiano origine dall’interazione della Corrente del Nord Brasile, proveniente da nord, con la Corrente Sud-Equatoriale che procede da sud, e dall’enorme foce del Rio delle Amazzoni da ovest.
"I vortici girano in senso orario - ha dichiarato il brasiliano Guillerme Castelao, che sta studiando i colossali mulinelli con l’americano Bill Johns, dell’Università di Miami -. Si muovono nell’oceano come un immane frisbee lanciato nell’aria. La rotazione avviene alla velocità di un metro al secondo, molto rapida in confronto alle correnti oceaniche, e sui bordi del mulinello c’è un’onda-gradino di 40 cm". In pratica sono due autentici uragani di mare.
La loro origine deriva possibilmente dalla "curva" accentuata che la costa fa all’altezza dello stato brasiliano dell’Amapà, e di fronte alla Ile du Diable, l’isola dei deportati a Caienna e in Guiana francese, famosa per il best-seller e il film "Papillon". Ma questa particolarità geografica non è sufficiente per spiegare il fenomeno: gli studiosi infatti hanno trovato che, anche nei mesi in cui il movimento delle correnti e il flusso del Rio delle Amazzoni sono quasi inesistenti, gli immensi vortici restano ancora là. "Questo suggerisce che esista un tipo di meccanismo indipendente nella loro formazione", aggiunge uno studio pubblicato dalla Unione Geofisica Americana. Ma questo congegno naturale resta un mistero.
Il Rio delle Amazzoni, attraverso i due rami del suo delta, immette enormi quantità di acqua terrosa nell’Atlantico. Via satellite si può vedere che la sua foce influenza per oltre un migliaio di chilometri la colorazione marrone del mare a nord-ovest di Belem. L’oceano in quest’area è molto più denso che altrove. "L’acqua del più grande fiume del mondo - osserva il Journal of Geophysical Research - resta imprigionata dentro i bordi della corrente che viene da sud, e ha forte frizione contro la costa. Così forma degli anelli che sono portati a grandi distanze dalla costa". Adesso si studia l’influsso di questi due vortici sul clima di tutta l’America Latina e dell’Africa. Ultimamente il fenomeno conosciuto cone El Nino, che consiste nel riscaldamento anormale delle acque superficiali dell’Oceano Pacifico, si sta spostando anche nell’Atlantico tropicale, causando anomalie nel clima dell’Amazzonia e della costa ovest dell’Africa.
In più si stanno verificando negli anni recenti degli insoliti "cicloni" al largo delle coste del meridione del Brasile, che sono arrivati ad interessare con morti ed alluvioni lo stato brasiliano di Santa Catarina. I gorghi possono anche influenzare la navigazione fra il nord e il sud Atlantico. "Se le navi sapessero dei vortici - conclude Johns - potrebbero anche economizzare combustibile usando a proprio favore questo flusso estremamente veloce di corrente".
http://www.lastampa.it/_web/cmstp/tmplrubriche/mare/grubrica.asp?ID_blog=97&ID_articolo=2246&ID_sezione=271&sezione
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