"Così i kosovari davano cibo ai serbi per poi ucciderli e vendere gli organi"
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"Così i kosovari davano cibo ai serbi per poi ucciderli e vendere gli organi"
Il premier kosovaro Hashim Thaci
I prigionieri serbi venivano tenuti prigionieri in aziende agricole e fabbriche dismesse. I soldati dell'Uck davano loro da mangiare e li facevano riposare. Poi, all'improvviso, veniveno prelevati e trasferiti nelle cliniche in Albania, dove ad attenderli c'erano la morte e medici compiacenti. Uno sparo alla testa, e lì i corpi venivano privati degli organi poi rivenduti all'estero.
Il Consiglio d’Europa non demorde e rilancia le sue accuse (raccontate in dettaglio oggi da El Pais) contro il traffico d’organi espiantiati a prigioneri serbi del quale si sarebbero macchiati, alla fine degli anni Novanta, gli indipendentisti dell’Esercito di liberazione del Kosovo. E lo fa chiamando in causa l’attuale premier kosovaro Hashim Thaci, bollato come il «padrino» del movimento. Accuse contenute nel rapporto esplosivo del senatore svizzero Dick Marty, approvato oggi con voto unanime a Parigi del Comitato per i diritti umani dell’Assemblea parlamentare del Consiglio d’Europa (Apce).
Nel testo, i parlamentari chiedono l’apertura di indagini e puntano il dito contro il silenzio delle cancellerie occidentali. Mentre, da Pristina, è lo stesso Thaci a contrattaccare annunciando una denuncia contro Dick Marty, le cui accuse sarebbero «scandalose». Il premier invita anche Marty a consegnare alle istituzioni giudiziarie «tutte le prove di cui è in possesso», come hanno già chiesto gli Usa e la Ue. Nel rapporto, che dovrà passare al vaglio della plenaria il 25 gennaio, la commissione parla dell’esistenza di «numerosi indizi, concreti e convergenti» che confermano che kosovari di etnia serba e albanese siano stati prigionieri in luoghi segreti sotto il controllo dell’Uck, nel nord dell’Albania, e sottoposti a trattamenti inumani e degradanti, prima della loro definitiva scomparsa.
«Numerosi indizi - scrive Marty nel rapporto - sembrano confermare che, nel periodo immediatamente successivo alla fine del conflitto armato, ad alcuni prigionieri sarebbero stati prelevati organi, all’interno di una clinica situata in territorio albanese, vicino Fushe-Kruje». Gli organi, soprattutto reni, in seguito veniva «trasportati all’estero per i trapianti». Mentre «il silenzio e l’assenza di reazioni di fronte a un tale scandalo - recita ancora il documento - sono altrettanto gravi che inaccettabili»: «Non abbiamo riportato solo delle semplici voci, ma descritto dei fatti che si fondano su molteplici testimonianze, documenti e fatti obiettivi. Ciò che abbiamo scoperto non è certo inedito (...) rapporti di intelligence e di polizia hanno illustrato nel dettaglio questi fatti da lungo tempo. Ma tutto è rimasto lettera morta, perchè le cancellerie privilegiano ogni volta il basso profilo, il silenzio, per considerazioni di "opportunità politica"».
Parlando con i cronisti a Parigi, Marty ha detto di non conoscere il numero esatto delle vittime. Ma da Belgrado, il procuratore serbo che segue la vicenda ha spiegato che il traffico d’organi poitrebbe riguardare 500 persone. Il rapporto esorta anche Eulex, la missione dell’Ue in Kosovo, a proseguire le indagini, e l’Ue e gli altri Stati contributori a fornire alla missione le risorse e il necessario sostegno politico. Sulla vicenda, è intervenuta anche la svizzera Carla Del Ponte, già procuratrice capo del Tribunale penale internazionale per l’ex Jugoslavia (Tpi), che nel suo libro «La caccia - Io e i criminali di guerra» fu la prima a parlare del traffico d’organi. «Imploro l’Unione europea, gli Stati Uniti, altri Paesi interessati e l’Onu di fornire all’Eulex tutto il sostegno politico e materiale necessario per svolgere l’indagine penale e di perseguire tutte le persone sospettate». A Parigi, Marty, già noto in passato per le sue indagini sul rapimento di sospetti terroristi compiuti da agenti della Cia in Europa, ha anche affermato che il suo obiettivo è lanciare anche in questo caso «una dinamica di verità». In modo che «tutti quelli che sanno qualcosa inizino a dirlo ad alta voce». «Non ci sarà un futuro sereno e costruttivo per il Kosovo se non si farà chiarezza su quello che è successo in questi ultimi anni», ha concluso.
http://www3.lastampa.it/esteri/sezioni/articolo/lstp/380398/
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