IEA World Energy Outlook 2010: sempre meno petrolio.
2 partecipanti
Pagina 1 di 1
IEA World Energy Outlook 2010: sempre meno petrolio.
Martedì 16 Novembre 2010, 10:55
E' una delle più clamorose conclusioni raggiunte dall'IEA World Energy Outlook 2010: la domanda di petrolio nei Paesi OCSE ha già raggiunto e superato il suo picco. Il consumo di greggio è destinato ad un declino permanente, a cominciare da... ora. (Ma non solo: il WEO parla anche esplicitamente di picco della produzione, che secondo la loro analisi è probabilmente già alle nostre spalle.)
Si tratta solo di uno dei tanti scenari che la IEA periodicamente ci offre, accompagnato magari da altre opzioni più gradevoli ed ottimiste? Stavolta no, comunicano gli esperti di TOD. Non esistono altre opzioni se non questa: se vivi in un Paese OCSE, tu, gentile lettore, l'anno prossimo userai meno petrolio, e l'anno successivo ancora meno e così via calando ad oltranza.
Vivere con meno petrolio domani non è più un'idea di frange catastrofiste - l'Agenzia Internazionale dell'Energia oggi dice che è la realtà per la maggior parte del mondo industrializzato. Passate parola.
Forse è davvero il caso di passare parola, e non per imitare Grillo. I nostri governanti, ricordano ancora su TOD, sono incoscientemente alle prese con progetti per nuove strade, nuovi aeroporti e altre infrastrutture che consumano petrolio e ne richiedono sempre di più. Forse dovremmo cercare di informarli, magari il report dell'Agenzia Internazionale dell'Energia non hanno avuto il tempo di leggerlo, i loro "consulenti esperti" sono stati ultimamente un po' distratti. O forse non gliene frega niente, dato che dalle infrastrutture arrivano golosi guadagni e amen se resteranno cattedrali nel deserto.
http://petrolio.blogosfere.it/2010/11/iea-world-energy-outlook-2010-sempre-meno-petrolio.html
E' una delle più clamorose conclusioni raggiunte dall'IEA World Energy Outlook 2010: la domanda di petrolio nei Paesi OCSE ha già raggiunto e superato il suo picco. Il consumo di greggio è destinato ad un declino permanente, a cominciare da... ora. (Ma non solo: il WEO parla anche esplicitamente di picco della produzione, che secondo la loro analisi è probabilmente già alle nostre spalle.)
Si tratta solo di uno dei tanti scenari che la IEA periodicamente ci offre, accompagnato magari da altre opzioni più gradevoli ed ottimiste? Stavolta no, comunicano gli esperti di TOD. Non esistono altre opzioni se non questa: se vivi in un Paese OCSE, tu, gentile lettore, l'anno prossimo userai meno petrolio, e l'anno successivo ancora meno e così via calando ad oltranza.
Vivere con meno petrolio domani non è più un'idea di frange catastrofiste - l'Agenzia Internazionale dell'Energia oggi dice che è la realtà per la maggior parte del mondo industrializzato. Passate parola.
Forse è davvero il caso di passare parola, e non per imitare Grillo. I nostri governanti, ricordano ancora su TOD, sono incoscientemente alle prese con progetti per nuove strade, nuovi aeroporti e altre infrastrutture che consumano petrolio e ne richiedono sempre di più. Forse dovremmo cercare di informarli, magari il report dell'Agenzia Internazionale dell'Energia non hanno avuto il tempo di leggerlo, i loro "consulenti esperti" sono stati ultimamente un po' distratti. O forse non gliene frega niente, dato che dalle infrastrutture arrivano golosi guadagni e amen se resteranno cattedrali nel deserto.
http://petrolio.blogosfere.it/2010/11/iea-world-energy-outlook-2010-sempre-meno-petrolio.html
Alaudae- Moderatore Globale
- Utente SuperAttivo :
La verità si sottrae all'evidenza
attraverso la sua inverosimilità.
Eraclito, 500 aC
Mio stato d'animo :
Animale Preferito :
Il mio Sesso :
Segno Zodiacale :
La mia forza :
Messaggi : 14966
Età : 76
Netiquette :
Località : Roma
Nazione :
Data d'iscrizione : 26.06.09
Punti : 27767
Petrolio agli sgoccioli, ma le rimanenze non sono per noi
Quest'anno, per la prima volta nella storia, il consumo petrolifero dei Paesi in via di sviluppo supera quello dell'OCSE. E così resterà, fino alla fine.
Nel corso di quest'anno verrà abbattuta una barriera che non ha precedenti: la domanda petrolifera dei Paesi in via di sviluppo supererà quella di tutti i Paesi OCSE.
Cina e India sono i primi responsabili di questo evento storico.
La domanda degli Stati Uniti è scesa di 1 milione e 650 mila barili al giorno in 5 anni, mentre quella di Cina è India è salita di 960 mila barili al giorno nel solo 2010. Nel 2011, la domanda asiatica è cresciuta 1,33 volte più della contrazione avvenuta in Europa e USA.
Notano poi su SmartPlanet:
Sarebbe un grave errore assumere che nuove risorse da fonti costose e non convenzionali possano supplire alla nuova domanda di 1 milione di barili al giorno per il 2012, e il 2013, e il 2014 e così via. Non soddisferemo la sete del Dragone con un pugno di sabbie.
Il succo del problema è che i Paesi asiatici, arrivati dopo di noi, sono già sulla strada del risparmio energetico. Nella corsa per l'efficienza hanno già vinto, e questo pagherà in termini di mercato.
La conclusione è indiscutibile: abbiamo consegnato le chiavi dei pozzi. Siamo nella fase discendente della produzione petrolifera, e contrariamente a quel che davamo per scontato non saremo certo noi a godercela fino all'ultima goccia.
E forse faremmo proprio bene a sistemarle, quelle ferrovie per i pendolari.
Autrice: Debora Billi / Grafico: Logi Energy / Fonte: petrolio.blogosfere.it
link
Alaudae- Moderatore Globale
- Utente SuperAttivo :
La verità si sottrae all'evidenza
attraverso la sua inverosimilità.
Eraclito, 500 aC
Mio stato d'animo :
Animale Preferito :
Il mio Sesso :
Segno Zodiacale :
La mia forza :
Messaggi : 14966
Età : 76
Netiquette :
Località : Roma
Nazione :
Data d'iscrizione : 26.06.09
Punti : 27767
CI ERAVAMO SBAGLIATI SUL PICCO DEL PETROLIO, CE N'E' ABBASTANZA PER FRIGGERCI TUTTI
Buone notizie per i capitalisti – un disastro per l’umanità.
Il boom nella produzione del petrolio beffa ogni nostra previsione.
"La grande abbondanza di vita del passato – fossilizzatasi in forma di carbone combustibile – mette ora in grave pericolo la grande abbondanza di vita del presente"
I fatti sono cambiati, ora dobbiamo cambiare anche noi. Nel corso degli ultimi dieci anni un’improbabile coalizione di geologi, trivellatori di petrolio, banchieri, strateghi militari e ambientalisti ci hanno predetto che il picco del petrolio – il declino delle forniture mondiali – era imminente.
C’erano buoni motivi per crederlo: la produzione era rallentata, il prezzo si era impennato, le scorte si stavano sensibilmente riducendo e continuavano a ridursi. Tutto presagiva che stava per abbattersi su di noi la prima delle più gravi crisi energetiche della storia.
Tra gli ambientalisti non appariva chiaro, e neanche a noi stessi, se volevamo o non volevamo che accadesse. Una crisi di tali dimensioni aveva il potenziale per scuotere il mondo intero e indurlo a una trasformazione economica per evitare catastrofi future, e per generare una vera e propria catastrofe, compreso il ricorso a tecnologie ancora più dannose come i biofuel e il petrolio derivato dal carbone.
Nonostante tutto, il picco del petrolio era una leva potente. Governi, aziende ed elettori fino ad ora insensibili alla necessità di ridurre il consumo di combustibili fossili, avrebbero necessariamente iniziato a rispondere alla situazione economica creatasi.
Alcuni di noi hanno fatto vaghe previsioni, altri furono più specifici. In entrambi i casi ci siamo tutti sbagliati. Nel 1975 MK Hubbert, un geoscienziato che lavorava per la Shell, che aveva giustamente previsto il declino nella produzione statunitense del petrolio, suggerì che le riserve mondiali avrebbero potuto raggiungere il picco massimo nel 1995. Nel 1997 il geologo petrolifero Colin Campbell predisse che il picco sarebbe arrivato prima del 2010. Nel 2003 il geofisico Kenneth Deffeyes disse che era sicuro al 99% che il picco del massimo consumo di petrolio sarebbe avvenuto nel 2004. Nel 2004, il magnate del petrolio texano T- Boone Pickens predisse che “mai più riusciremo a pompare più di 82m barili al giorno di combustibili liquidi”(la produzione media giornaliera in Maggio 2012 era di 91m). Nel 2005 il banchiere Matthew Simmons affermò che “l’Arabia Saudita non poteva materialmente incrementare la propria produzione di petrolio”.(Da allora la sua produzione è salita da 9m di barili al giorno a 10m, e c’e’ un margine di 1,5m di aumento potenziale).
Il Picco del Petrolio non è avvenuto, ed è improbabile che accada per molto tempo ancora.
Un rapporto dell’esperto petrolifero Leonardo Maugeri, pubblicato dall’Università di Harvard, fornisce prove inconfutabili che è appena iniziato un nuovo boom del petrolio. Le contrazioni nelle forniture del petrolio degli ultimi dieci anni sembra abbiano più a che fare con questioni di denaro che di geologia. Il ribasso dei prezzi prima del 2003 avevano scoraggiato gli investitori a sviluppare campi petroliferi difficili. I prezzi alti degli ultimi anni hanno cambiato quel quadro.
L’analisi di Maugeri di progetti in 23 paesi indica che le forniture mondiali di petrolio entro il 2020 aumenteranno di 17m di barili al giorno (raggiungendo i 110m). Secondo Maugeri questa è “il più grande potenziale incremento nella produzione di petrolio fin dagli anni ’80”.
Gli investimenti richiesti perché questo boom avvenga dipendono da un prezzo a lungo termine di 70$ il barile – il costo attuale del greggio Brent è di 95$. In questo momento il denaro si sta riversando nel petrolio: negli ultimi due anni e’ stato speso un trilione di dollari; si attende il record di $600bn nel 2012.
Il paese in cui è previsto il maggiore aumento di produzione è l’Iraq, dove diverse società multinazionali stanno riversando il loro denaro e affondando i loro artigli.
Ma ciò che più sorprende è che l’altro boom maggiore è atteso negli Stati Uniti. Il “Picco” di Hubbert, il famoso grafico a forma di campana che raffigurava l’ascesa e la caduta del petrolio americano, si trasformerà ben presto nelle “Montagne Russe” di Hubbert.
Negli USA gli investimenti si concentreranno su petrolio non convenzionale, soprattutto olio di scisti – shale oil (che non va confuso con le argilliti petrolifere – oil shales). L’olio di scisti è un greggio di alta qualità intrappolato nelle rocce dalle quali non può defluire naturalmente. Sappiamo ora che esistono depositi giganteschi negli Stati Uniti: viene stimato che gli scisti Bakken nel Nord Dakota contengono tanto petrolio quanto se ne trova in Arabia Saudita (anche se se ne può estrarre di meno).
E questa non è che una di venti simili formazioni presenti negli Stati Uniti. L’estrazione dell’olio di scisti richiede perforazione orizzontale e fratturazione idraulica: una combinazione di prezzi alti e sviluppi tecnologici hanno reso queste tecniche economicamente fattibili. La produzione in Nord Dakota è già salita da 100,000 barili al giorno del 2005 a 550,000 del Gennaio scorso.
Ecco dove siamo ora. Non ci sarà alcuna correzione automatica – l’esaurimento delle risorse che distrugge il sistema che le ha portate a questo punto – nonostante le previsioni di tanti ambientalisti.
Il problema che dobbiamo affrontare non è la mancanza ma l’eccesso di petrolio.
Abbiamo confuso le minacce al pianeta con le minacce alla civiltà industriale. Non sono per niente la stessa cosa. L’industria e il capitalismo industriale, sostenuti da abbondanti forniture di petrolio, sono molto più resistenti dei tanti sistemi naturali che essi minacciano. La grande abbondanza di vita del passato – fossilizzatasi in forma di carbone combustibile – mette ora a rischio la grande abbondanza di vita del presente.
C’e’ tanto petrolio nel sottosuolo quanto basta per friggerci tutti e non esistono adeguati strumenti che impediscano ai governi e alle industrie di estrarlo. Con il crollo del mese scorso del processo multilaterale di Rio de Janeiro, si vanificano vent’anni di sforzi di persuasione morale per impedire il disastro ambientale. La nazione più potente del mondo torna ad essere una nazione petrolifera, e se la trasformazione politica dei suoi stati confinanti ci suggerisce qualcosa, stiamo pur certi che i risultati non saranno piacevoli.
L’umanità ricorda un po’ la ragazza nel capolavoro di Guillermo del Toro “Il Labirinto del Fauno”: lei sa che se mangerà il ricco banchetto preparato per lei, anche lei verrà mangiata, ma non riesce a farne a meno. Non mi piace sollevare problemi quando non vedo la loro soluzione. Ma in questo momento non riesco proprio a guardare serenamente i miei figli negli occhi.
George Monbiot guardian.co.uk, Monday 2 July 2012 20.30 BST
Il boom nella produzione del petrolio beffa ogni nostra previsione.
"La grande abbondanza di vita del passato – fossilizzatasi in forma di carbone combustibile – mette ora in grave pericolo la grande abbondanza di vita del presente"
I fatti sono cambiati, ora dobbiamo cambiare anche noi. Nel corso degli ultimi dieci anni un’improbabile coalizione di geologi, trivellatori di petrolio, banchieri, strateghi militari e ambientalisti ci hanno predetto che il picco del petrolio – il declino delle forniture mondiali – era imminente.
C’erano buoni motivi per crederlo: la produzione era rallentata, il prezzo si era impennato, le scorte si stavano sensibilmente riducendo e continuavano a ridursi. Tutto presagiva che stava per abbattersi su di noi la prima delle più gravi crisi energetiche della storia.
Tra gli ambientalisti non appariva chiaro, e neanche a noi stessi, se volevamo o non volevamo che accadesse. Una crisi di tali dimensioni aveva il potenziale per scuotere il mondo intero e indurlo a una trasformazione economica per evitare catastrofi future, e per generare una vera e propria catastrofe, compreso il ricorso a tecnologie ancora più dannose come i biofuel e il petrolio derivato dal carbone.
Nonostante tutto, il picco del petrolio era una leva potente. Governi, aziende ed elettori fino ad ora insensibili alla necessità di ridurre il consumo di combustibili fossili, avrebbero necessariamente iniziato a rispondere alla situazione economica creatasi.
Alcuni di noi hanno fatto vaghe previsioni, altri furono più specifici. In entrambi i casi ci siamo tutti sbagliati. Nel 1975 MK Hubbert, un geoscienziato che lavorava per la Shell, che aveva giustamente previsto il declino nella produzione statunitense del petrolio, suggerì che le riserve mondiali avrebbero potuto raggiungere il picco massimo nel 1995. Nel 1997 il geologo petrolifero Colin Campbell predisse che il picco sarebbe arrivato prima del 2010. Nel 2003 il geofisico Kenneth Deffeyes disse che era sicuro al 99% che il picco del massimo consumo di petrolio sarebbe avvenuto nel 2004. Nel 2004, il magnate del petrolio texano T- Boone Pickens predisse che “mai più riusciremo a pompare più di 82m barili al giorno di combustibili liquidi”(la produzione media giornaliera in Maggio 2012 era di 91m). Nel 2005 il banchiere Matthew Simmons affermò che “l’Arabia Saudita non poteva materialmente incrementare la propria produzione di petrolio”.(Da allora la sua produzione è salita da 9m di barili al giorno a 10m, e c’e’ un margine di 1,5m di aumento potenziale).
Il Picco del Petrolio non è avvenuto, ed è improbabile che accada per molto tempo ancora.
Un rapporto dell’esperto petrolifero Leonardo Maugeri, pubblicato dall’Università di Harvard, fornisce prove inconfutabili che è appena iniziato un nuovo boom del petrolio. Le contrazioni nelle forniture del petrolio degli ultimi dieci anni sembra abbiano più a che fare con questioni di denaro che di geologia. Il ribasso dei prezzi prima del 2003 avevano scoraggiato gli investitori a sviluppare campi petroliferi difficili. I prezzi alti degli ultimi anni hanno cambiato quel quadro.
L’analisi di Maugeri di progetti in 23 paesi indica che le forniture mondiali di petrolio entro il 2020 aumenteranno di 17m di barili al giorno (raggiungendo i 110m). Secondo Maugeri questa è “il più grande potenziale incremento nella produzione di petrolio fin dagli anni ’80”.
Gli investimenti richiesti perché questo boom avvenga dipendono da un prezzo a lungo termine di 70$ il barile – il costo attuale del greggio Brent è di 95$. In questo momento il denaro si sta riversando nel petrolio: negli ultimi due anni e’ stato speso un trilione di dollari; si attende il record di $600bn nel 2012.
Il paese in cui è previsto il maggiore aumento di produzione è l’Iraq, dove diverse società multinazionali stanno riversando il loro denaro e affondando i loro artigli.
Ma ciò che più sorprende è che l’altro boom maggiore è atteso negli Stati Uniti. Il “Picco” di Hubbert, il famoso grafico a forma di campana che raffigurava l’ascesa e la caduta del petrolio americano, si trasformerà ben presto nelle “Montagne Russe” di Hubbert.
Negli USA gli investimenti si concentreranno su petrolio non convenzionale, soprattutto olio di scisti – shale oil (che non va confuso con le argilliti petrolifere – oil shales). L’olio di scisti è un greggio di alta qualità intrappolato nelle rocce dalle quali non può defluire naturalmente. Sappiamo ora che esistono depositi giganteschi negli Stati Uniti: viene stimato che gli scisti Bakken nel Nord Dakota contengono tanto petrolio quanto se ne trova in Arabia Saudita (anche se se ne può estrarre di meno).
E questa non è che una di venti simili formazioni presenti negli Stati Uniti. L’estrazione dell’olio di scisti richiede perforazione orizzontale e fratturazione idraulica: una combinazione di prezzi alti e sviluppi tecnologici hanno reso queste tecniche economicamente fattibili. La produzione in Nord Dakota è già salita da 100,000 barili al giorno del 2005 a 550,000 del Gennaio scorso.
Ecco dove siamo ora. Non ci sarà alcuna correzione automatica – l’esaurimento delle risorse che distrugge il sistema che le ha portate a questo punto – nonostante le previsioni di tanti ambientalisti.
Il problema che dobbiamo affrontare non è la mancanza ma l’eccesso di petrolio.
Abbiamo confuso le minacce al pianeta con le minacce alla civiltà industriale. Non sono per niente la stessa cosa. L’industria e il capitalismo industriale, sostenuti da abbondanti forniture di petrolio, sono molto più resistenti dei tanti sistemi naturali che essi minacciano. La grande abbondanza di vita del passato – fossilizzatasi in forma di carbone combustibile – mette ora a rischio la grande abbondanza di vita del presente.
C’e’ tanto petrolio nel sottosuolo quanto basta per friggerci tutti e non esistono adeguati strumenti che impediscano ai governi e alle industrie di estrarlo. Con il crollo del mese scorso del processo multilaterale di Rio de Janeiro, si vanificano vent’anni di sforzi di persuasione morale per impedire il disastro ambientale. La nazione più potente del mondo torna ad essere una nazione petrolifera, e se la trasformazione politica dei suoi stati confinanti ci suggerisce qualcosa, stiamo pur certi che i risultati non saranno piacevoli.
L’umanità ricorda un po’ la ragazza nel capolavoro di Guillermo del Toro “Il Labirinto del Fauno”: lei sa che se mangerà il ricco banchetto preparato per lei, anche lei verrà mangiata, ma non riesce a farne a meno. Non mi piace sollevare problemi quando non vedo la loro soluzione. Ma in questo momento non riesco proprio a guardare serenamente i miei figli negli occhi.
George Monbiot guardian.co.uk, Monday 2 July 2012 20.30 BST
picard- Friends
- Utente SuperAttivo :
Lunga vita e Prosperità
Mio stato d'animo :
Animale Preferito :
Il mio Sesso :
Segno Zodiacale :
La mia forza :
Messaggi : 62
Età : 40
Netiquette :
Località : Piemonte
Nazione :
Data d'iscrizione : 07.04.12
Punti : 4704
Re: IEA World Energy Outlook 2010: sempre meno petrolio.
interessante veramente.
praticamente tutti paghiamo a peso di platino la benzina e camminiamo inconsapevoli sul petrolio che ci friggerà, prima o poi.
film interessante "il labirinto del fauno", film spagnolo
praticamente tutti paghiamo a peso di platino la benzina e camminiamo inconsapevoli sul petrolio che ci friggerà, prima o poi.
film interessante "il labirinto del fauno", film spagnolo
Alaudae- Moderatore Globale
- Utente SuperAttivo :
La verità si sottrae all'evidenza
attraverso la sua inverosimilità.
Eraclito, 500 aC
Mio stato d'animo :
Animale Preferito :
Il mio Sesso :
Segno Zodiacale :
La mia forza :
Messaggi : 14966
Età : 76
Netiquette :
Località : Roma
Nazione :
Data d'iscrizione : 26.06.09
Punti : 27767
Argomenti simili
» Calamità in Europa (e dintorni)
» A Baggio il World Peace Award 2010 - Photostory Sport - ANSA.it
» FREE ENERGY
» meno 42 mesi!
» Fondazione Keshe il blocco di Obama
» A Baggio il World Peace Award 2010 - Photostory Sport - ANSA.it
» FREE ENERGY
» meno 42 mesi!
» Fondazione Keshe il blocco di Obama
Pagina 1 di 1
Permessi in questa sezione del forum:
Non puoi rispondere agli argomenti in questo forum.