Decimo Pianeta
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Decimo Pianeta
Nel 1972 il prof. Joseph L. Brady dello statunitense Lawrence Livermore Laboratory durante i suoi
studi sulla traiettoria della cometa di Halley rilevò una singolare “perturbazione” nella sua orbita.
Tale “anomalia” era decisamente simile a quelle rinvenute dall’osservazione dei pianeti Urano e
Nettuno e portò lo stesso Brady dopo attenti calcoli a formulare l’ipotesi dell’effettiva presenza di
un Decimo pianeta nel Sistema Solare. Il pianeta stando ai calcoli del professore americano si
sarebbe dovuto trovare a circa 64 UA (Unità Astronomiche) e con un periodo orbitale di circa 1800
anni. Un dato che si discosterebbe dai 3600 anni che Sitchin asserisce nei suoi volumi in base a
quanto riportato negli antichi testi Sumeri in merito all’orbita di Nibiru. Ma come lo stesso studioso
osserva nel suo volume “La Genesi” Brady come la maggior parte di quegli astronomi in cerca del
Decimo pianeta partono dal presupposto che il pianeta abbia un’orbita e un moto del tutto simili a
quelli degli altri pianeti del Sistema solare. Ma per gli antichi Sumeri Nibiru orbiterebbe attorno al
Sole come una cometa, con il sole al punto finale dell’ellissi, così che la distanza dal Sole
corrisponderebbe all’intero asse maggiore, e non alla sua metà (vedi tavola in apertura). Per cui
secondo Sitchin l’orbita calcolata da Brady di 1800 anni potrebbe corrispondere in realtà alla metà
del ciclo orbitale di Nibiru secondo i Sumeri. Tuttavia la vera è sensazionale scoperta di Brady, che
corroborava quanto riportato dai Sumeri stando ai testi di Sitchin, fu che il corpo celeste doveva
avere un’orbita retrograda con un piano fortemente inclinato rispetto all’eclittica. “Per qualche
tempo – scrive Sitchin – gli astronomi si sono chiesti se potesse essere Plutone la causa delle
perturbazioni nell’orbita di Urano e di Nettuno. Ma nel giugno del 1987 James W. Christie
dell’Osservatorio Navale USA, a Washington, scoprì che Plutone ha una luna (la chiamò Caronte) e
che è molto più piccolo di quello che si pensava. Questo escludeva eventuali responsabilità di
Plutone nelle perturbazioni. Inoltre, l’orbita di Caronte attorno a Plutone rivelò che anche Plutone,
come Urano, è inclinato su un fianco.
Questo dato, e la sua strana orbita,
rafforzarono il sospetto che un’unica forza
estranea un “intruso” avesse inclinato
Urano, spostato e inclinato Plutone, e
impresso un’orbita retrograda a Tritone
(una luna di Nettuno)”. In seguito a queste scoperte Robert S. Harrington e Thomas Van Flandern
due colleghi di Christie all’Osservatorio Navale attraverso simulazioni al computer conclusero che
ci doveva essere stato un “intruso”, un pianeta di dimensioni da due a cinque volte quella della
Terra, con un orbita inclinata e un semiasse di “meno di 100 UA”. Inoltre nel 1981 grazie ai dati
ottenuti dalle sonde Pioneer e Voyager, queste ultime una verso
Giove e l’altra verso Saturno, Van Flandern e alcuni colleghi
dell’Osservatorio Navale USA riesaminarono le orbiti sia di questi
pianeti che di quelli più esterni da cui emersero nuovi dati. Van
Flandern durante una conferenza all’Associazione Astronomica
Americana mostrò nuovi elementi, ricavati da complesse equazioni
gravitazionali, comprovanti l’esistenza di un corpo celeste grande
due volte la Terra orbitante attorno al Sole con un periodo orbitale
di circa 1000 anni e ad una distanza di circa 2,4 miliardi di
chilometri oltre Plutone. La notizia non passò inosservata visto che
il quotidiano americano Detroit News il 16 gennaio 1981 la pubblicò in prima pagina con tanto di
foto del bassorilievo sumero raffigurante il Sistema Solare ricavata dal volume “Il Dodicesimo
pianeta” di Sitchin e con un sunto delle teorie dello stesso studioso. In effetti durante gli anni ’80 le
Osservatorio Navale USA
più meticolose ricerche finalizzate alla ricerca del Decimo pianeta videro in prima fila proprio
l’Osservatorio Navale negli Stati Uniti. Inoltre nel 1988 uscirono una serie di articoli su
pubblicazioni scientifiche che oltre a confermare l’esattezza dei calcoli sulle perturbazioni
planetarie ribadivano l’effettiva esistenza del pianeta X. Diversi scienziati all’epoca giunsero alle
stesse conclusioni avanzate dalla teoria di Harrington secondo cui il pianeta dovrebbe avere
un’inclinazione di circa 30° sull’eclittica, un’asse principale di più di 200 UA ed una massa di circa
quattro volte quella della Terra. Per cui avendo un’orbita simile a quella della Cometa di Halley il
Decimo pianeta passerebbe una parte del suo tempo sopra l’eclittica nei cieli settentrionali e gran
parte invece sotto di essa ossia nei cieli meridionali. Non a caso il team di ricerca dell’Osservatorio
Navale giunse all’inevitabile conclusione che la ricerca del pianeta X si sarebbe dovuta condurre
principalmente nell’emisfero sud ad una distanza di circa 2,5 volte quella a cui si trovavano nettuno
e Plutone. Sempre nel 1988 il prof. Harrington in documento pubblicato ad ottobre
sull’Astronomical Journal ed
intitolato “La posizione del pianeta
X” presentò le sue nuove scoperte.
L’articolo conteneva una mappa dei
cieli con indicazioni di dove si
sarebbe potuto trovare il Decimo
pianeta nell’emisfero Nord e in
quello Sud. In seguito alla
pubblicazione del documento
Harrington – in base ai dati ottenuti
dal Voyager 2 che aveva raggiunto Urano e Nettuno rilevando in entrambe lievi perturbazioni
orbitali – concluse che il Decimo pianeta si doveva trovarsi nell’emisfero sud. In effetti, due anni
dopo precisamente il 16 gennaio 1990 all’American Astronomical Society di Arlington in Virginia
il prof. Harrington asserì che l’Osservatorio Navale aveva ristretto le ricerche del pianeta X
all’emisfero meridionale ed annunciò l’invio di un team di astronomi in Nuova Zelanda presso
l’Osservatorio Astronomico di Black Birch. Inoltre affermò che in seguito ai dati ottenuti dalla
Voyager 2 era convinto che il Decimo pianeta fosse cinque volte più grande della Terra e circa tre
volte più distante dal Sole rispetto a Nettuno e Plutone.
studi sulla traiettoria della cometa di Halley rilevò una singolare “perturbazione” nella sua orbita.
Tale “anomalia” era decisamente simile a quelle rinvenute dall’osservazione dei pianeti Urano e
Nettuno e portò lo stesso Brady dopo attenti calcoli a formulare l’ipotesi dell’effettiva presenza di
un Decimo pianeta nel Sistema Solare. Il pianeta stando ai calcoli del professore americano si
sarebbe dovuto trovare a circa 64 UA (Unità Astronomiche) e con un periodo orbitale di circa 1800
anni. Un dato che si discosterebbe dai 3600 anni che Sitchin asserisce nei suoi volumi in base a
quanto riportato negli antichi testi Sumeri in merito all’orbita di Nibiru. Ma come lo stesso studioso
osserva nel suo volume “La Genesi” Brady come la maggior parte di quegli astronomi in cerca del
Decimo pianeta partono dal presupposto che il pianeta abbia un’orbita e un moto del tutto simili a
quelli degli altri pianeti del Sistema solare. Ma per gli antichi Sumeri Nibiru orbiterebbe attorno al
Sole come una cometa, con il sole al punto finale dell’ellissi, così che la distanza dal Sole
corrisponderebbe all’intero asse maggiore, e non alla sua metà (vedi tavola in apertura). Per cui
secondo Sitchin l’orbita calcolata da Brady di 1800 anni potrebbe corrispondere in realtà alla metà
del ciclo orbitale di Nibiru secondo i Sumeri. Tuttavia la vera è sensazionale scoperta di Brady, che
corroborava quanto riportato dai Sumeri stando ai testi di Sitchin, fu che il corpo celeste doveva
avere un’orbita retrograda con un piano fortemente inclinato rispetto all’eclittica. “Per qualche
tempo – scrive Sitchin – gli astronomi si sono chiesti se potesse essere Plutone la causa delle
perturbazioni nell’orbita di Urano e di Nettuno. Ma nel giugno del 1987 James W. Christie
dell’Osservatorio Navale USA, a Washington, scoprì che Plutone ha una luna (la chiamò Caronte) e
che è molto più piccolo di quello che si pensava. Questo escludeva eventuali responsabilità di
Plutone nelle perturbazioni. Inoltre, l’orbita di Caronte attorno a Plutone rivelò che anche Plutone,
come Urano, è inclinato su un fianco.
Questo dato, e la sua strana orbita,
rafforzarono il sospetto che un’unica forza
estranea un “intruso” avesse inclinato
Urano, spostato e inclinato Plutone, e
impresso un’orbita retrograda a Tritone
(una luna di Nettuno)”. In seguito a queste scoperte Robert S. Harrington e Thomas Van Flandern
due colleghi di Christie all’Osservatorio Navale attraverso simulazioni al computer conclusero che
ci doveva essere stato un “intruso”, un pianeta di dimensioni da due a cinque volte quella della
Terra, con un orbita inclinata e un semiasse di “meno di 100 UA”. Inoltre nel 1981 grazie ai dati
ottenuti dalle sonde Pioneer e Voyager, queste ultime una verso
Giove e l’altra verso Saturno, Van Flandern e alcuni colleghi
dell’Osservatorio Navale USA riesaminarono le orbiti sia di questi
pianeti che di quelli più esterni da cui emersero nuovi dati. Van
Flandern durante una conferenza all’Associazione Astronomica
Americana mostrò nuovi elementi, ricavati da complesse equazioni
gravitazionali, comprovanti l’esistenza di un corpo celeste grande
due volte la Terra orbitante attorno al Sole con un periodo orbitale
di circa 1000 anni e ad una distanza di circa 2,4 miliardi di
chilometri oltre Plutone. La notizia non passò inosservata visto che
il quotidiano americano Detroit News il 16 gennaio 1981 la pubblicò in prima pagina con tanto di
foto del bassorilievo sumero raffigurante il Sistema Solare ricavata dal volume “Il Dodicesimo
pianeta” di Sitchin e con un sunto delle teorie dello stesso studioso. In effetti durante gli anni ’80 le
Osservatorio Navale USA
più meticolose ricerche finalizzate alla ricerca del Decimo pianeta videro in prima fila proprio
l’Osservatorio Navale negli Stati Uniti. Inoltre nel 1988 uscirono una serie di articoli su
pubblicazioni scientifiche che oltre a confermare l’esattezza dei calcoli sulle perturbazioni
planetarie ribadivano l’effettiva esistenza del pianeta X. Diversi scienziati all’epoca giunsero alle
stesse conclusioni avanzate dalla teoria di Harrington secondo cui il pianeta dovrebbe avere
un’inclinazione di circa 30° sull’eclittica, un’asse principale di più di 200 UA ed una massa di circa
quattro volte quella della Terra. Per cui avendo un’orbita simile a quella della Cometa di Halley il
Decimo pianeta passerebbe una parte del suo tempo sopra l’eclittica nei cieli settentrionali e gran
parte invece sotto di essa ossia nei cieli meridionali. Non a caso il team di ricerca dell’Osservatorio
Navale giunse all’inevitabile conclusione che la ricerca del pianeta X si sarebbe dovuta condurre
principalmente nell’emisfero sud ad una distanza di circa 2,5 volte quella a cui si trovavano nettuno
e Plutone. Sempre nel 1988 il prof. Harrington in documento pubblicato ad ottobre
sull’Astronomical Journal ed
intitolato “La posizione del pianeta
X” presentò le sue nuove scoperte.
L’articolo conteneva una mappa dei
cieli con indicazioni di dove si
sarebbe potuto trovare il Decimo
pianeta nell’emisfero Nord e in
quello Sud. In seguito alla
pubblicazione del documento
Harrington – in base ai dati ottenuti
dal Voyager 2 che aveva raggiunto Urano e Nettuno rilevando in entrambe lievi perturbazioni
orbitali – concluse che il Decimo pianeta si doveva trovarsi nell’emisfero sud. In effetti, due anni
dopo precisamente il 16 gennaio 1990 all’American Astronomical Society di Arlington in Virginia
il prof. Harrington asserì che l’Osservatorio Navale aveva ristretto le ricerche del pianeta X
all’emisfero meridionale ed annunciò l’invio di un team di astronomi in Nuova Zelanda presso
l’Osservatorio Astronomico di Black Birch. Inoltre affermò che in seguito ai dati ottenuti dalla
Voyager 2 era convinto che il Decimo pianeta fosse cinque volte più grande della Terra e circa tre
volte più distante dal Sole rispetto a Nettuno e Plutone.
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